La misericordia e la carità
“La misericordia e la carità dei bresciani in casa e nel mondo”. Questa testimonianza su una mostra molto interessante è un ulteriore omaggio alla memoria di mons. Antonio Fappani
Mons. Antonio Fappani che ci ha lasciato il 26 novembre scorso volle affidare, al sottoscritto l’incarico di inaugurare, in Duomo Vecchio, la mostra “La misericordia e la carità dei bresciani in casa e nel mondo”, alla quale, come sempre, aveva dedicato tempo ed energie, convinto dell’importanza di far conoscere a tutti, bresciani e non, la storia della testimonianza della carità fiorita in terra bresciana, ad opera di istituzioni e singoli che hanno messo mano, rispondendo alle necessità via via manifestatisi lungo gli anni. Nessuno è stato dimenticato, non solo nell’elenco, ma attraverso documenti, dichiarazione di intenti, progetti condivisi, fotografie, ecc. Ad ogni “quadro” è stata aggiunta una didascalia che aiuta il visitatore a identificare tempi e operatori, singoli e istituzioni. Una mostra, è finalizzata a far vedere, a svelare ciò che è nascosto, perché non venga dimenticato. La storia della carità presenta una varietà di presenze e di interventi, corrispondenti a quella “interpretazione infinita” della virtù e della dimensione della carità, che ha dato luogo a realizzazioni originali e creative, da stupire.
Come ci testimoniano i 116 pannelli della mostra. La carità è frutto della misericordia, frutto visibile, che risponde con il “cuore” alla “miseria”: esattamente come fa Dio. La carità - misericordia non è qualcosa di aggiunto alla vita, ma ne costituisce la “dimensione” essenziale soprattutto della Chiesa definita come “agape”. Se non lo fosse o lo fosse solo in parte, tradirebbe la sua natura che gli Atti degli Apostoli (Atti 2,42) parlando dei primi cristiani così la esprimono: “Erano uniti nella fede e nella dottrina degli apostoli, nella frazione del pane e nella carità fraterna fino alla condivisione dei beni”. La carità così esercitata ha anche una valenza di carattere antropologico e sociale oltre che spirituale che dà origine a quella “Civiltà dell’amore” secondo la felice espressione di S. Paolo VI. Ha, essa, una “dimensione politica” che supera ogni forma di puro assistenzialismo, per adempiere agli obblighi di giustizia, perché “Non si può dare per carità, ciò che è dovuto per giustizia” (Paolo VI). Guarda ai diritti e si propone come “progetto” per una società nuova. Cerca le cause delle povertà, studia i problemi e cerca soluzioni. Ciò significa che la carità non ha rapporto solo con le patologie della società, ma con la sua fisiologia. Anche la globalizzazione chiede che si risponda – unendo forze e idee – alle esigenze dell’uomo cambiato. E della società che ha bisogno di tutti per non soccombere. La pastorale trova qui uno strumento utilissimo per la formazione soprattutto degli adolescenti e dei ragazzi che frequentano il catechismo, in preparazione ai sacramenti. Tenendo presente che la catechesi è Parola – trasmette i contenuti della fede – è Memoria che fa conoscere e trasmette il vissuto della comunità, è Testimonianza che coinvolge la vita. (cfr. Il Sinodo sulla catechesi, 1977). Di più: “Se vedi la carità, là vedi la Trinità” (S. Agostino), che “suscita il volere e l’operare” (S. Paolo, nella lettera ai Filippesi 2,13) e che ispira credenti e non, ad amare il prossimo e i poveri in particolare. Di Madre Teresa di Calcutta è stato detto che era convincente perché non “parlava” di amore, ma amava! Ci auguriamo che l’impegno lungimirante e generoso di mons. Fappani e lo sforzo di “Civiltà Bresciana” siano debitamente apprezzati.