L'unità pastorale si fa camminando
La celebrazione che mons. Tremolada presiederà alle19 di domenica 23 maggio nella parrocchiale della Conversione di San Paolo a San Polo (in diretta sulla pagina Facebook e sul canale YouTube di “Voce”) è una novità assoluta nel suo episcopato. Per la prima volta. infatti, il Vescovo presiederà alla costituzione di un’unità pastorale. Con quella che vede insieme le parrocchie cittadine di Sant’Eufemia alla Fonte, Sant’Angela Merici, San Luigi Gonzaga, Natività di Maria (Buffalora), Santi Faustino e Giovita (Caionvico) e Conversione di San Paolo, appunto, mons. Tremolada rimette in moto un processo avviatosi dopo il Sinodo diocesano del 2012, poi interrotto, che, come raccontato anche nelle scorse settimane, ha già alcune tappe segnate sul calendario. A parlare dell’appuntamento del 23 maggio è don Marco Mori, parroco di San Polo e coordinatore della nascente unità pastorale.
Con la celebrazione presieduta dal Vescovo arriva a compimento un cammino che ha radici lontane...
Sì. Da più di dieci anni nelle nostre comunità si parla di unità pastorale, a partire dall’esperimento avviato con la creazione dei quartiere di Sanpolino e dalla scelta di affidare la sua cura pastorale alle parrocchie Sant’Eufemia, Sant’Angela Merici e San Polo. Quello è stato il nucleo da cui tutto ha avuto origine, l’embrione che nel tempo si è trasformato in unità pastorale. Col tempo è parso naturale allargare i confini di questa nuova realtà anche alle parrocchie di Caionvico, di Buffalora e di San Luigi Gonzaga. L’unità pastorale non è nata per colmare falle che si sono create nella pastorale, nella gestione dell’ordinario, ma per costruire relazioni ed esperienze pastorali capaci di risposte adeguate alle sfide del tempo.
L’impegno non sembra indifferente...
In un territorio come quello della unità pastorale che coincide con la periferia della città il mettere insieme tante comunità permette di uscire dalle chiese, di mettere insieme tante anime e tante possibilità per guardare a quelli che sono i problemi che i territori vivono: penso al tema del lavoro, che nel perimetro delle nostre comunità è particolarmente presente; penso al tema della pastorale giovanile che ci chiede di immaginare, tutti insieme, dove andare a incontrare i giovani che ormai non abitano più i nostri ambienti, di come intercettare i ventenni che non hanno più iniziative che li lega al territorio e che sono portati altrove dalla mobilità.
Quella che sta per nascere è sì un’unità pastorale di periferia, ma fatta da realtà diverse l’una dall’altra. È stato difficile metterle insieme in un progetto unitario?
Effettivamente le sei parrocchie dell’Up sono profondamente diverse l’una dall’altra, ma hanno due elementi che le accomunano: la forza di un profondo radicamento che le rende uniche, e l’essere condizionate da una collocazione geografica che fa di loro un vero nodo di accesso non solo fisico alla città, con tutti i problemi che questo aspetto porta con sé. È su questi due elementi comuni che si è fatto leva per trovare la forza e gli stimoli per camminare insieme. La varietà, che qualcuno può considerare un peso, è stata per noi un’opportunità. L’Up è una proposta intelligente che guarda anche oltre ai suoi confini. L’importante è che su questi temi ci si confronti, ci si metta in gioco.