L'Irc? Una fatica bella
La testimonianza di Giovanni Savoldi, docente all'istituto Fortuny - Moretto di Brescia
Giovanni Savoldi , 36 anni, sposato e padre di tre figli, è docente di Irc dal 2013 presso istituti tecnici e professionali. Attualmente è in servizio al Fortuny - Moretto di Brescia. Questa è la sua testimonianza
Essere docente di religione in una scuola superiore: uno stimolo o una fatica?
Entrambi! Innanzitutto è uno stimolo, non c’è fine più grande che accompagnare nella crescita ragazzi e ragazze e contribuire al loro essere uomini e donne del nostro tempo. Ovviamente è anche una fatica: si tratta infatti di una fascia d’età cruciale fatta di dubbi, problemi, ribellioni, confusioni ecc. La maggior parte degli studenti nel corso dei cinque anni attraversano, in modi e tempo diversi, le crisi fondamentali della vita e che di fatto servono per trovare se stessi...
Perché gli studenti scelgono di avvalersi dell’Irc?
Le motivazioni sono varie, ma in generale, nei primi anni, c’è una scelta familiare che lascia poi spazio ad una personale e più consapevole. Spesso gli studenti oltre al percorso didattico, nel corso degli anni, scelgono (o non scelgono) in base all’insegnante stesso che gioca un ruolo importante. Inoltre, il fattore culturale, il dibattito, la possibilità di confrontarsi liberamente e apertamente su temi d’attualità o esistenziali che comunque li coinvolgono personalmente è certamente un elemento importante nella scelta dell’Irc.
Com’è il rapporto con i colleghi delle altre discipline?
Trovo spesso colleghi che sono incuriositi dalla disciplina perché spesso non ne conoscono bene il contenuto, il metodo, la didattica... Con chi considera l’Irc una materia-cenerentola basta un dialogo, un progetto in comune, un consiglio di classe, un’esperienza didattica condivisa per abbattere i muri e cambiare prospettiva.