L’Enciclopedia è in digitale
La vecchia, cara, preziosa Enciclopedia Bresciana da oggi può riposare tranquilla, semplicemente appollaiata sugli scaffali dove docilmente ha accettato di accomodarsi dopo che la sua digitalizzazione (trasposizione delle pagine sul sito www.enciclopediabresciana.it e dunque possibilità di accedere alle singole voci col semplice utilizzo di un dito), iniziata alcuni anni fa grazie al progetto inserito in “Corpus Hominus” (insieme di proposte finalizzate a dare luce nuova alle vecchie celebrazioni) è stata completata. Ventidue volumi, diecimila pagine scritte e arricchite da fotografie dedicate a Brescia e alla sua provincia, un’opera colossale, che solo uno storico paziente e determinato come il compianto don Antonio Fappani (1923-2018) poteva immaginare e realizzare, dicono che si tratta di un unicum difficilmente eguagliabile.
Tutto iniziò quando correvano gli anni Settanta. Allora l’avvento delle nuove tecnologie semplificava la composizione e la stampa dei giornali e anche il settimanale diocesano si adeguò. La vecchia tipografia in cui piombo e lingotti la facevano da padrone venne soppiantata da due fiammanti “ibm” a testina rotante e variabile a seconda dei caratteri prescelti e da due tavoli luminosi sui quali si dava una fisionomia compiuta alle pagine – testo, titolo, sommari, quadrotti neri che indicavano le fotografie da collocare – così da essere inglobate dalla roto-offset deputata a stampare. In quel groviglio di novità si fece strada l’idea di arricchire il settimanale con preziosi inserti a tema. Don Antonio mostrò allora alla redazione pacchi di fogli manoscritti perfettamente catalogati in ordine alfabetico. Disse semplicemente: “Volendo, questi potrebbero diventare una Enciclopedia, una vera e propria Enciclopedia Bresciana, fatta a dispense settimanali da raccogliere e conservare per poter essere poi rilegate e diventare volume di conoscenza e di consultazione”. Così, scrisse un cronista del tempo, “incominciò la più incredibile e pazza opera letteraria che mente umana, per di più in uso a un prete di Dio, potesse intraprendere”. Per qualcuno, quel modo di procedere rappresentava un azzardo, ovviamente non per il direttore e autore, ma neppure per i suoi redattori e collaboratori (Mirka e Rosanna, le prime a cimentarsi con le nuove tecniche di composizione), che alle novità credevano e ubbidivano. La sorpresa positiva la comunicò Elio Caldera (amministratore e prezioso tuttofare) qualche settimana dopo l’avvio dell’esperimento quando venne a dirci che la richiesta di copie era aumentata, come era aumentata la ricerca dei numeri iniziali contenenti l’Enciclopedia. Seguì la trafila della prima copertina cartonata – come farla, quale colore darle, farla pagare o regalarla… –, bellamente risolta limitando il titolo alla dicitura “Enciclopedia Bresciana”, scegliendo per lei un colore rosso vivo e decidendo di regalarla, almeno per la prima volta). Da lì in poi la strada era segnata: gli inserti uscivano regolarmente, le copertine facevano il loro corso, gli affezionati lettori non perdevano un supplemento (alcuni si premuravano di averne almeno due, “uno per me – spiegò il vecchio maestro –, l’altro destinato ai figli e ai nipoti).
Il resto è storia recente, riassumibile nei ventidue volumi stampati, ognuno dei quali racconta la storia e anche la fatica per scriverla e tramandarla, che messi uno sull’altro formano un “monumento” vivo alla brescianità. Se provate il nuovo metodo di consultazione (www.enciclopediabresciana.it), per favore, non dimenticate di mandare un saluto e un doveroso grazie a chi dell’Enciclopedia Bresciana è stato inventore e difensore, quel mons. Antonio Fappani, che pur restando fedele fino alla fine ai fogli scritti a mano, già aveva pensato di chiedere alle suore di clausura di copiare i testi e di renderli pronti alla diffusione via internet. Quel sogno, grazie anche alla fantasia di don Adriano Bianchi, nel frattempo diventato direttore del nostro settimanale, adesso si è avverato.