Il Papa dell’amore alla Chiesa
Il Vescovo emerito, mons. Bruno Foresti, presenta il suo Paolo VI, un Papa coraggioso, fermo, ma anche animato da un grande amore per la Chiesa
Il “suo” Paolo VI è quello conosciuto nella stagione della maturità, della chiamata a responsabilità sempre più ampie nella Chiesa. Per mons. Bruno Foresti, 95 anni vescovo emerito di Brescia, Paolo VI è il papa del coraggio, della fermezza, dell’amore per la Chiesa. Da studente a Roma, sul finire del secondo conflitto mondiale, aveva sentito parlare di mons. Montini, del suo servizio alla Segreteria di Stato e delle posizioni che ha assunto sul conflitto in corso, in piena coerenza con il pensiero e l’azione di Pio XI. Nel 1954 mons. Montini viene nominato arcivescovo di Milano e, in qualità di metropolita di Lombardia, incontra i rettori dei Seminari della regione. “Erano incontri – continua ancora mons. Bruno Foresti, che in quegli anni ha responsabilità sempre maggiori nel Seminario di Clusone – nel corso dei quali, con l’eleganza, la finezza e la misura che lo caratterizzavano, chiedeva informazioni sulla vita delle nostre realtà e con altrettanto garbo non si sottraeva da puntualizzazioni preziose in tema di pedagogia, di attenzione al sociale nella formazione dei giovani avviati al sacerdozio”. In quegli incontri il “Paolo VI” di mons. Foresti si delinea per il tratto della grande cordialità, contrastante con l’immagine distaccata che gli veniva cucita addosso. “La sua – continua il Vescovo emerito – era una personalità straordinaria, di grande equilibrio.
Il riguardo con cui trattava i suoi interlocutori destò in me, nel corso di quegli incontri, una grande impressione”. Poi il card. Montini diventa Papa. Dal Seminario di Clusone mons. Foresti guarda con ammirazione alla forza e alla determinazione con cui Paolo VI guida e porta a conclusione il Concilio Vaticano II, apprezza il coraggio delle posizioni del suo magistero. Per Foresti giunge il tempo dell’episcopato: Paolo VI lo sceglie come vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Modena e Nonantola, in aiuto a mons. Giuseppe Amici sofferente. “Dopo il giuramento – ricorda – venni invitato, insieme ad altri vescovi, a un incontro in piazza San Pietro con il Papa. Paolo VI presentò uno per uno i Vescovi partecipanti e indicandomi annunciò che sarei stato il futuro ausiliare di Modena. Poi mi si avvicinò e per ben tre volte, conoscendo le mie titubanze, mi invitò a non avere paura”. Mons. Foresti iniziò il suo servizio alla Chiesa modenese, sostituendo praticamente nella conduzione dell’arcidiocesi il vescovo Amici vinto dalla malattia. Ben presto venne il tempo della successione. “Conservo ancora la lettera in cui – continua – , ricordandomi di avermi già inviato a non avere paura, Paolo VI mi diceva di andare avanti”. Dopo la fermezza e il coraggio c’è un ultimo aspetto che connota il “Paolo VI” di mons. Foresti: l’amore alla Chiesa che il Papa bresciano ha dimostrato e testimoniato sino alla fine dei suoi giorni. “Ero in San Pietro il 16 ottobre 1977 in occasione della celebrazione per gli 80 anni di Paolo VI – racconta mons. Foresti –. Quello che fece il suo ingresso in basilica era un uomo provato dalla sofferenza. Dovettero quasi sollevarlo per farlo giungere all’altare. Quando, però, prese la parola per l’omelia ebbi l’impressione che stesse parlando un gigante”. Risuonano ancora nel cuore e nella mente del Vescovo emerito le parole di Paolo VI: “Vorrei che si sapesse che questa Chiesa l’ho amata”. Parole che mons. Foresti sono una sorta di testamento spirituale di un Papa innamorato della Chiesa, che fanno del “Paolo VI” di mons. Foresti il Papa del coraggio, della fermezza e dell’amore alla Chiesa.