Il mio Paolo VI: un Magistero bellissimo
Continuiamo con le puntate della rubrica "Il mio Paolo VI". Questa settimana proponiamo la testimonianza di don Angelo Bonetti: “Sono grato a Paolo VI soprattutto per avermi dato, con l’insegnamento e con l’esempio, il gusto della preghiera liturgica”
La mia conoscenza appassionata di Giovanni Battista Montini risale agli anni del mio seminario (1951-1963). Leggevo con grande interesse, sul giornale “L’Italia”, le grandi omelie dell’arcivescovo di Milano (1954-1963), poi raccolte nei volumi a tema pubblicati dall’Arcivescovado di Milano e seguivo con amore le attività pastorali dell’arcivescovo Montini, il quale, alla fine del 1954, venne creato cardinale e, all’inizio del 1955, venne a Brescia per celebrare il 25° di Episcopato di mons. Tredici e inaugurare il primo lotto del nuovo seminario e il Palazzo San Paolo di via Tosio (11 gennaio 1955). Mi piace anche ricordare che il 12 gennaio 1955 andò nella sua “parrocchia familiare”, S. Giovanni, a celebrare una Messa, lasciando alla parrocchia un prezioso calice.
Passarono alcuni anni e venne il tempo della mia ordinazione sacerdotale, era il 1963, 29 giugno. Eravamo in trenta gli ordinandi di quell’anno, che fu l’anno della elezione a Papa di Montini, con il nome di Paolo VI (21 giugno 1963, festa del Sacro Cuore). Celebrai la prima Messa il 30 giugno, giorno dell’inizio del pontificato di Paolo VI e della sua incoronazione. La corona a forma di sputnic la portò poche volte perché il 13 novembre del 1964 la depose sull’altare della confessione, donandola ai poveri. Il 10 luglio del 1963 Paolo Vi ricevette in udienza noi, primo novelli del mondo. Fu da quella data che feci il proposito di studiare Paolo VI e chiesi al Signore di non farmi morire prima di vedere sugli altari Paolo VI come santo della Chiesa universale. Da allora cominciai a scrivere libri su di lui. Più di quaranta stampati, altrettanti “fatti in casa”, in modo artigianale. Il primo aveva come titolo “Lex orandi, lex credendi: pagine del magistero liturgico di Paolo VI” (ed. Del Moretto, Brescia 1981); l’ultimo è una “Raccolta di ritratti in occasione della beatificazione di Paolo VI” (Istituto di cultura De Luca per la storia del prete, Brescia 2014). Mi limiterò a ricordarlo come il Papa del Concilio Vaticano II e della Riforma liturgica. Io che sono “figlio del Concilio”, penso che questo sia stato l’atto più importante della Chiesa del secolo scorso e non riesco a capire i nostalgici del pre-concilio. Quanto alla riforma liturgica, non finirei mai di parlare di essa, poiché mi toccò l’avventura di guidarne i primi passi, come primo direttore a Brescia dell’Ufficio liturgico. Paolo VI passerà alla storia come Colui che ha voluto la riforma liturgica del Vaticano II.
Fu lui che promulgò la Costituzione liturgica il 4 dicembre del 1963. Fu Lui che costituì con il “Consilium” (con a capo Lercaro) l’organo della sua sapiente e graduale attuazione. E così uscirono via via i documenti e i libri liturgici rinnovati per la Messa, per i riti sacramentali, per la Liturgia delle ore. Di questo lungo e faticoso iter della Riforma ricorderò solo una data: quella della cosiddetta “Nuova Messa” celebrata da Paolo VI in una chiesa della periferia romana, quella di “tutti i santi”, il 7 marzo del 1965. E Paolo VI si faceva sapiente e paziente catechista dei suoi contenuti, soprattutto nelle omelie delle grandi celebrazioni e nei Discorsi del mercoledì delle Udienze generali, nonché agli Angelus domenicali. Magistero bellissimo, incisivo pastoralmente, tutto ancora da scoprire. Sono grato a Paolo VI di tante cose e non finirò mai di studiarlo con amore, anche per il fatto che la Provvidenza ha voluto che diventassi parroco là doveva aveva avuto la sua casa paterna e dove vi abitò per tanti anni. A San Giovanni sono stati funerati i suoi genitori, suo fratello Lodovico e la cognata Giuseppina. E a San Giovanni ho battezzato alcuni suoi pronipoti. Ma sarò grato a Paolo VI soprattutto per avermi dato, con l’insegnamento e con l’esempio, il gusto della preghiera liturgica.