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Brescia
di + PIERANTONIO TREMOLADA 29 dic 2024 17:20

Il Giubileo, un tempo per ricucire le ferite

Leggi l'omelia pronunciata dal vescovo Pierantonio in Cattedrale, domenica 29 dicembre, per l'inizio della fase diocesana del Giubileo

Con questa celebrazione diamo ufficialmente inizio all’anno giubilare 2025 anche nella nostra Diocesi di Brescia. Suona anche per noi il corno dell’anno santo, in cui si fa più viva la memoria della grazia di Dio.

Il Giubileo è l’anno in cui proclamare a gran voce che il Signore Dio è ricco di misericordia. Egli fa brillare su di noi il suo volto e ci ricolma della sua benedizione. Creatore e Signore del cielo e della terra, ha sancito con l’umanità un’alleanza eterna, a cui rimarrà sempre fedele. Come dice il profeta: “Egli ha scritto i nostri nomi sulle palme delle sue mani”. Il salmista gli fa eco: “Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Egli non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe. Come il cielo è alto sopra la terra, così è grande la sua misericordia su quelli che lo temono”.

In questa misericordia noi confidiamo, di questa misericordia viviamo, in questa misericordia speriamo. Conosciamo bene le nostre ferite, vediamo i tristi effetti delle nostre colpe, constatiamo le nostre debolezze, riconosciamo le nostre responsabilità, ma crediamo che l’ultima parola sul mondo appartiene a Dio. Egli è buono. Lui solo. E il suo amore è fedele.

Oggi si apre anche per noi idealmente la porta santa che Papa Francesco ha aperto nella città di Roma. Diamo avvio anche noi al nostro cammino giubilare e ci lasciamo inondare da una luce che filtra e proviene dall’alto. La porta del Giubileo infatti – come quella di cui parla il Libro dell’Apocalisse di san Giovanni – si apre sui cieli, sul mistero santo di Dio che si è affacciato sulla terra. Gli angeli che cantano nella notte del Natale ce lo ricordano. Per quella porta è giunto a noi “il Salvatore, che è il Cristo Signore”. La nascita del Messia di Dio, che culminerà nella sua morte e risurrezione, è il segno più grande dell’amore del Padre per i suoi figli colpevoli. Gesù stesso lo confermerà: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. Siamo stati riscattati per grazia. Siamo stati visitati da un sole che è sorto dall’alto, noi che eravamo nelle tenebre e nell’ombra della morte. Ci è stata dischiusa una via nuova, attraversol a quale potremo giungere alla vera pace.

Dalla misericordia di Dio proviene a noi una sicura speranza. Lo dichiara espressamente san Paolo scrivendo ai cristiani di Roma: “La nostra speranza non delude, perché l’amore di Cristo è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo che ci è stato dato”. E poi aggiunge: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Chi mai ci
separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati”.

Il passato non ci opprimerà con i suoi ricordi; il presente non ci angoscerà con le sue sfide; il futuro non ci spaventerà con le sue incognite. Noi camminiamo nella luce del Cristo risorto, colui che è, che era e che viene. Egli era morto e ora vive per sempre e ha potere sopra la morte e sopra gli inferi. La nostra speranza poggia dunque su un fondamento sicuro, su una roccia che non vacillerà.
Siamo invitati da Papa Francesco ad essere in questo anno giubilare pellegrini di speranza, “a fare di tutto affinché ognuno riacquisti la forza
e la certezza di guardare al futuro con animo aperto, con cuore fiducioso e con mente lungimirante”. Ci viene raccomandato “di favorire la ricomposizione di un clima di speranza e di fiducia, come segno di una rinnovata rinascita di cui tutti sentiamo l’urgenza”.
Vogliamo fare nostra questa esortazione e dare a questo anno santo la forma che gli si addice.
Sia dunque questo Giubileo per tutti noi un tempo di perdono e di riconciliazione, un tempo nel quale ricucire le nostre ferite, tornare a parlarci, a stringersi la mano, a guardare avanti insieme, gustando la gioia della concordia ritrovata.

Sia questo anno santo un tempo in cui promuovere ancora di più la solidarietà verso i più deboli, la cura per i più fragili, l’accoglienza dei bisognosi. Le opere segno che ci proponiamo di attuare come Chiesa diocesana a favore delle persone che si trovano in carcere, delle persone anziane sole nelle loro case, delle persone senza fissa dimora, che vivono in una condizione di marginalità sociale – queste
opere segno – intendono testimoniare in modo concreto quella carità che il Signore Gesù ha raccomandato ai suoi discepoli e che
rappresenta l’anima di questo anno di grazia.
Sia il nostro Giubileo anche il tempo del dialogo. Si sviluppi più intenso tra le diverse realtà sociali e culturali. Si cresca insieme nell’edificazione di una società i cui principi ispiratori siano la fraternità, l’amicizia sociale e la convivialità delle differenze. Ognuno veda riconosciuta la propria dignità e veda apprezzato il proprio contributo.

Sia inoltre questo Giubileo un tempo nel quale tendere con rinnovato coraggio e con maggior determinazione alla tanto desiderata pace nei luoghi dove ancora regna tristemente la guerra:
una pace che renda onore a chi la promuove e dia consolazione a chi da gran tempo la attende. Il nostro amorevole ricordo per le vittime
di ogni conflitto e la nostra fervente preghiera contribuiscano in questo anno santo a rendere finalmente possibile ciò che finora
appare così arduo da realizzare.

Sia infine, ma non da ultimo, questo Giubileo l’occasione per un cammino di conversione e di santificazione personale. L’apertura della porta santa è anche il segno di un passaggio che deve avvenire prima di tutto dentro di noi, nella nostra interiorità, nella nostra coscienza. La pratica del pellegrinaggio che in questo anno santo
siamo invitati a compiere, visitando nella nostra diocesi le chiese giubilari designate, ci ricorda che il nostro cuore ha bisogno di un pellegrinaggio spirituale, di un cammino di rinnovamento nella fede, che dia fondamento alla nostra speranza.

In questa ultima domenica dell’anno, la liturgia ci pone davanti agli occhi l’immagine luminosa della Santa Famiglia di Nazareth. Nella povera casa in cui Gesù abita con Maria e Giuseppe, durante i
lunghi anni della sua infanzia e della sua giovinezza, la vita scorre con semplicità e nel nascondimento. L’umiltà del Figlio dell’Altissimo si manifesta nella sua amorevole sottomissione alla madre e allo sposo di lei. La sua sola presenza, priva dei grandi segni che egli poi compirà, riempie di pace le mura di quella abitazione, ma anche le strade di quel villaggio. Questa presenza discreta del Salvatore del mondo, il cui profondo mistero rimane invisibile agli occhi, continua riempire di sé la nostra storia, questo nostro mondo che può essere considerato la nostra attuale casa. Egli cammina con noi. Come per discepoli di Emmaus si fa pellegrino con noi pellegrini. È lui la nostra speranza. Noi confidiamo nella promessa che ci ha lasciato, apparendo risorto ai suoi apostoli: “Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo”. Per questo accogliamo volentieri, all’inizio di questo anno giubilare, l’invito che ci giunge dal Libro dei Salmi: “Spera nel
Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore”. Ci aiuti la beata Vergine Maria, Madre di Misericordia, a fare di questa speranza la ragione ultima della nostra gioia.


+ PIERANTONIO TREMOLADA 29 dic 2024 17:20