I 95 anni di mons. Foresti
Domenica 6 maggio il vescovo emerito mons. Bruno Foresti festeggia il suo 95° compleanno. La diocesi gli è vicina nella preghiera
Domenica 6 maggio festeggerà il suo 95° compleanno. Chi, però, lo immagina a riposo nel suo “buen retiro” di Predore, affacciato sul Sebino, si sbaglia di grosso. Mons. Bruno Foresti, nonostante l’età, non sembra tipo da accettare limitazioni. Ancora oggi divide le sue giornate tra la preghiera, il servizio pastorale che presta nella natia Tavernola dove si reca per la celebrazione della Santa Messa, la predicazione nelle parrocchie in cui continua a essere invitato, la lettura e lo studio. In mezzo a tutti questi impegni trova anche il tempo per “iniziare a sistemare le sue carte”. Nella casa di Predore trovano, infatti, spazio i documenti e i ricordi di una vita dedicata alla Chiesa, a partire da una foto in bianco e nero che lo ritrae insieme a Paolo VI.
Scatto. È proprio da quello scatto che prende avvio l’incontro, inizialemente pensato per poter mettere anche quella del vescovo emerito di Brescia tra le tante testimonianze della rubrica “Il mio Paolo VI” e poi allargatosi a una lettura della sua vita sacerdoale in occasione del compleanno, con mons. Foresti. Il “suo” Paolo VI verrà pubblicato la prossima settimana, ma pare essere proprio un invito che ha ricevuto da papa Montini, a scandire lo svolgersi della sua vita a servizio della Chiesa. Ascoltando il suo racconto dagli anni alla guida del seminario di Clusone, prima, a quelli di arcivescovo di Modena e di vescovo di Brescia, poi, non si fa fatica a immaginare che sia stato proprio il tratto di quel coraggio a cui Paolo VI lo invitò nel momento di sceglierlo come vescovo ausiliare della diocesi di Modena-Nonantola, a guidarlo in tante circostanze. Servì sicuramente coraggio al giovane don Bruno per allontanare dal Seminario di Clusone un nipote di mons. Angelo Roncalli, evidentemente non portato per il sacerdozio. “Eppure – ricorda mons. Foresti, facendo cenno alla lunga frequentazione che l’ha legato Giovanni XXIII – il futuro Papa mi ringraziò con una lettera in cui diceva di comprendere e condividere il mio operato”.
Amicizia. Probabilmente servì coraggio a mons. Foresti per rivendicare, sempre negli anni di Clusone, la sua amicizia con don Zeno Saltini e don Luigi Dossetti, preti per tanti versi scomodi nella Chiesa preconciliare. Poi, dopo l’esperienza di parroco a San Pellegrino, venne il tempo della nomina a vescovo. Paolo VI, che per altro Foresti aveva conosciuto a Roma dove era stato studente negli ultimi anni di Guerra e poi a Milano, lo volle come ausiliare della diocesi di Modena. “Andai a Roma e fui a partecipare a una celebrazione in piazza San Pietro. Al termine il Papa mi presentò come il nuovo ausiliare della diocesi emiliana. Prendendomi le mani, per tre volre mi raccomandò di non avere paura”. Mons. Foresti conserva una lettera di Paolo VI in cui, dopo la nomima a Vescovo della stessa diocesi, lo invita a continuare con coraggio.
Storia. Le pagine di storia scritte da mons. Foresti in terra emiliana dimostrano che quell’invito non cadde nel vuoto. “Mentre tanti si dilettavano a parlare di Concilio – ricorda il vescovo emerito – cercammo di attuarlo, lavorando alla creazione dei diaconi permanenti, affidando alcune parrocchie dell’alto Appennino alle suore, lottando con le istituzioni perché le nostre chiese, a partire dal duomo, portessero adottare le novità liturgiche portate dal Concilio”. Anche se non lo dice apertamente, mons. Bruno Foresti si è fatto forte dell’invito al coraggio anche nell’impostare i suoi rapporti con una città “rossa” come Modena, in cui la Chiesa era “sopportata”. Sono ormai parte delle storia modenese i suoi rapporti, improntati al rispetto reciproco, con i comunisti. “Non ebbi paura – ricorda al proposito – a entrare in una manifattura con più di 1.500 dipendenti e di mettermi a confronto con i lavoratori, accettando anche alcune provocazioni, ma riuscendo a stabilire un clima di dialogo”. Sempre a quegli anni appartengono anche scelte che mons. Foresti portò anche a Brescia: l’attenzione ai giovani, con la creazione di momenti loro dedicati, la vicinanza a nuove forme di disagio come la tossicodipenza e tanto altro ancora. Tutto nel segno di quel coraggio che Montini seppe intravvedere.