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Brescia
di LUCIANO ZANARDINI 11 set 2020 08:00

Gioviale, ironico e dal cuore buono

Sabato 12 settembre il vescovo Pierantonio ordina, in Piazza Paolo VI, quattro nuovi sacerdoti bresciani. Tra loro, don Alessio Torriti che in questa intervista si racconta

Fin da piccolo “sentiva nel cuore il desiderio di diventare sacerdote”, poi la vita ha posto sul suo cammino percorsi diversi fino a quando, scavando più in profondità, ha ritrovato se stesso e il senso della sua vita. All’età di 26 anni, don Alessio ha verificato quello che stava facendo e ha scelto di “ritornare al primo amore”. Determinanti nel suo percorso le figure di alcuni parroci, tra questi don Tino che “ha accompagnato la mia formazione (sono stato battezzato all’età di cinque anni) e don Luca, che purtroppo è scomparso, ma ha segnato la mia adolescenza: un giorno, mentre abitavo a Rivoltella, don Luca bussò alla porta di casa e mi coinvolse nelle attività dell’oratorio, in particolare per il discorso musicale”. Le note del Pentagramma sono da sempre una passione coltivata con buon esito in Conservatorio: “Ho avuto la possibilità di studiare il canto e la composizione. Questa esperienza mi ha permesso di conoscere tante persone e grandi uomini come il maestro Giancarlo Facchinetti e il maestro Giancarlo Parodi che hanno segnato la mia formazione. Durante il cammino in seminario ho deciso di interrompere questa strada, perché ho capito che dovevo dedicarmi completamente alla via che stavo scegliendo. La musica mi accompagna e mi insegna ancora oggi, ma è passata in secondo piano rispetto alla vocazione del sacerdozio”. In Seminario è ricordato, tra le tante cose, per le sue citazioni bibliche, per quelle frasi che ritornavano nel corso della giornata a commento di una situazione o come momento di preghiera. “Sono tante le parole del Vangelo che mi colpiscono. Recentemente ho meditato molto sulla frase scelta per l’ordinazione (‘Rimanete nel mio amore’), perché l’ho provato nel mio cammino verso il sacerdozio: Quando si è legati a Lui, si avanti. Non sono i parametri del mondo a determinare il nostro successo. Restare con Lui mi sta fortificando in questa vocazione così affascinante”.

La famiglia. Non è cresciuto, per sua stessa ammissione, in una famiglia vicina alla Chiesa, ma questo non gli ha impedito di rispondere alla chiamata del Signore. “Quando ho comunicato a mia madre l’intenzione di entrare in Seminario, per lei è stato un duro colpo. Negli anni ho visto che ha accettato il mio percorso, perché ha maturato la gioia nel vedermi contento”. Nato all’ospedale di Gavardo, all’età di un anno ha perso il padre e allora è stato costretto a tornare in Calabria dai nonni. Poi alla fine della terza media (una sua compagna di banco è diventata suora ma si vedeva già allora che “era capace di volere bene”) si è stabilito con la madre prima a Sirmione, poi a Rivoltella, a Idro e, in prima teologia, a Vestone. Nonostante questo, conosce bene la realtà di Vestone che aveva avuto modo di frequentare, grazie alla sua passione per il canto, “con il bravo don Paolo Morbio. Il canto aiuta a pregare. Come esperienza umana esprime quello che è la fede: nel canto è coinvolto tutto il corpo, è coinvolta la voce, sono coinvolte l’anima, l’intenzione e tante volte nel canto corale sono coinvolte tante altre persone”. Da tante voci si crea un’unica voce. “Nel dirigere i cori – spiega sorridendo – ho scoperto che dovevo fare il prete”.

Gli incontri. La sua storia “da nomade” gli ha permesso di relazionarsi con realtà e tradizioni differenti, ma in ogni luogo dove ha messo, seppur per poco tempo, le radici, ha scoperto le tracce di Dio. “Le comunità cristiane si reggono sull’amore. Quando una comunità è legata a Dio, si percepisce nelle esperienze con i fratelli”. Di tutte le esperienze nelle varie comunità, gli restano gli sguardi delle “persone che hanno incontrato Dio e a loro volta, nelle condizioni in cui sono, diventano capaci di amare”.

Una vocazione speciale. Don Alessio ha un profondo “legame spirituale” con don Zuaboni (1880-1939), il grande “santo” (non ancora per la Chiesa ma il processo è ben avviato) che ha “conosciuto a Vestone. Per me è una figura molto importante. Mi è stata consegnata dal parroco di allora, don Dino Martinelli. Zuaboni, che perse la madre da piccolo, ha compreso che la madre è al centro della famiglia: ‘Se come prete, diceva, riesco ad agire sulle madri, entro nel cuore delle persone e delle famiglie’”. Dai suoi racconti si comprende bene il forte attaccamento alla madre Stella che si è sacrificata per crescere il figlio: “Mia mamma mi ha insegnato molto e ha superato tante difficoltà”. E nelle parrocchie in cui ha prestato il suo servizio ha sempre avuto “un legame molto bello con le mamme. Nella Chiesa bisognerebbe valorizzare il ruolo delle donne in quanto donne”.

La musica. La musica ha caratterizzato la sua esistenza con lo studio al Conservatorio. Ancora oggi, se ha mezz’ora libera, si mette al pianoforte per comporre un brano. Entrato in Seminario, ha terminato gli studi non perché non gli piacesse la musica, ma perché semplicemente aveva compreso “che non era il momento di tenere aperte mille strade”. A don Alessio piace molto stare in compagnia per una partita a carte o per una pizzata con gli amici. “Mi piace molto coltivare i rapporti fraterni e stare con le persone”. Se ha un momento libero, si fa sentire, anche al telefono. E, cosa non da poco, riesce a convivere anche con chi non scatta subito l’empatia.

Come un fratello. È passato sicuramente molto tempo dalle vacanze al mare insieme, ma i ricordi sono ancora ben saldi nella testa della cugina Ingrid Piccinelli che descrive con riconoscenza e ammirazione il rapporto intenso con Alessio. Anche a distanza, si sono sempre tenuti in contatto con le lunghe telefonate che, durante l’adolescenza, mettevano in luce anche un’altra qualità di Alessio: la sua capacità di sdrammatizzare le fasi più tortuose di quella stagione. “Penso a tutte le volte che mi ha ascoltata e consigliata, consolata e spronata. Sa essere presente, costante, affettuoso e attento. È quella persona che ti chiama all’improvviso solo per sapere come stai, che ti accoglie in casa sempre con un sorriso e un caffè caldo, la persona che ti ascolta senza giudicare mai e che ha sempre un buon consiglio. Non ci sono malvagità o malizia nella sua anima, solo candore, gentilezza e bontà. Mi ritengo molto fortunata ad avere accanto a me un ‘fratello’ così speciale. Spero possa trovare la stessa infinita gioia di quelle lunghe giornate trascorse tra le onde”.

Il cuore buono. Il carattere gioviale di Torriti emerge anche dalle testimonianze raccolte. Su tutte quella di Stefano Amolini di Vestone che aveva avuto modo di conoscerlo inizialmente come direttore del coro e poi come animatore in un campo scuola invernale per adolescenti. “Ho scorto in don Alessio uno spirito buono e gioioso, pur non imponendo la sua presenza, ha fatto capire che per qualsiasi necessità lui c’era e si rendeva disponibile anche ad aiutare nei lavori più umili. In seguito è nato tra noi uno spirito di amicizia che è cresciuto nel tempo e nella condivisione di tanti momenti in parrocchia. Ricordo con un sorriso alcuni avvenimenti simpatici e divertenti con lui come protagonista, il che mi ha aiutato a capire che, quando serve, lui è capace di non prendersi troppo sul serio e di avere una buona dose di autoironia: questo a mio avviso è segno di un cuore buono. Un altro aspetto che apprezzo molto di don Alessio è il suo modo di comunicare, sempre con educazione ma anche in modo schietto e sincero, ciò ti permette davvero di contare su di lui anche nei momenti più difficili. Gli auguro di continuare a coltivare questi ed altri suoi talenti con l’aiuto della preghiera, perché così potrà davvero essere un grande dono per le comunità parrocchiali nelle quali sarà chiamato a dare il suo servizio per crescere nella fede”.

LUCIANO ZANARDINI 11 set 2020 08:00