Giovani: un ascolto che sorprende
È questo il primo dato che emerge dal lavoro condotto, su invito del vescovo Tremolada, nei mesi scorsi grazie a rapporti personali e in contesti informali
Ascoltarli. Questa era la sfida proposta per l’anno di preparazione al Sinodo dei Vescovi sui giovani. Ascoltare i giovani. Scelta onesta e seria, di fronte ad un Sinodo che non vorrebbe essere – e preghiamo perché non lo sia – il classico momento nel quale enunciare i problemi di un’età e, nello stesso tempo, dichiararla futuro della Chiesa e dell’umanità. No, il sinodo dei Vescovi sarà vento per la Chiesa se saprà cogliere dai giovani spunti interpretativi, direzioni, esigenze gridate e sussurrate. Un po’ nello spirito, a volte dimenticato, della regola di s. Benedetto, quella regola che inizia proprio “Ascolta, figlio” e ricorda: “Abbiamo detto di consultare tutta la comunità, perché spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore”. Quindi: ascoltare. E questa necessità profonda l’abbiamo avvertita nelle parole del vescovo Tremolada, quando il 5 novembre si è presentato di fronte ad una cinquantina di giovani per dialogare con loro e farsi suggerire come ascoltare i loro coetanei, legati o meno alla vita della chiesa bresciana.
A quell’incontro il Vescovo portò quattro domande, l’ultima delle quali era: “Come metterci in ascolto? Come possiamo ascoltare le domande sulla fede, sulla vita? Come raggiungerli con semplicità e simpatia?”. Stesse domande rivolte poi, ad una quindicina di giorni di distanza, ai curati riuniti in Assemblea. Non faccio fatica a immaginare che il Vescovo qualche risposta avesse provato ad abbozzarla, eppure, con la libertà di un ascolto sincero, abbia scelto di ripiegarla e metterla in tasca. Perché i giovani presenti quella sera hanno indicato una strada per l’ascolto: non con i sondaggi e i questionari! Di indagini sociologiche – anche ottime – ne abbiamo molte. Non con i social, di queste cose si parla di persona. Non attraverso grandi eventi. Ci si ascolta davvero guardandosi negli occhi, mettendosi vicini.
.E così, a partire dai giovani presenti, coinvolgendo i curati, coinvolgendo i gruppi giovanili presenti in alcuni oratori (quante sono le parrocchie in diocesi che, purtroppo, non hanno alcun cammino di formazione per i giovani sopra i 16 anni!), grazie al supporto della pastorale universitaria, di alcuni giovani dell’associazioni, l’ascolto è cominciato. Un ascolto personale. Magari con un blocchetto per le note in mano, di fronte ad una birra, oppure recuperando a casa, dopo un incontro, le parole dette. Con i Listeners’ corner nella piazza del paese. Oppure in università con i compagni di studi.
Ascoltando gli amici credenti e quelli che non lo sai. Ascoltando chi parla male dei preti e chi ha conservato una nostalgia per gli anni da ragazzino in oratorio. Tantissime risposte. Domande che generano domande. Considerazioni taglienti e libere. Affetto e indifferenza. La percezione di incontrare una generazione che non ha idea e non può immaginare con un certo grado di sicurezza (e fiducia) i lineamenti del futuro. Una generazione che sogna in grande e vive alla giornata. Che desidera credere ma non sa bene in cosa. Che ha fatto un’esperienza di chiesa in gran parte deludente. Una generazione piccola numericamente e fortissimamente dispersa in piccoli villaggi dalle opinioni forti sui singoli temi e dai pensieri sfumati su cosa tiene insieme quelle opinioni.
Di questo enorme lavoro di ascolto una breve sintesi, fatta soprattutto degli estratti delle parole dei giovani, verrà consegnata a Papa Francesco dal vescovo Tremolada durante l’udienza del 7 aprile con i ragazzi delle medie. Un lavoro davvero provvidenziale, qualsiasi cosa ne sarà, rispetto ad un Sinodo che guarderà ai giovani di tutto il mondo e alla chiesa universale. Provvidenziale perché chi ha ascoltato, sempre, ha poi deciso di incontrarsi e interrogarsi per capire il significato delle molte parole annotate e raccolte. Il lavoro sta continuando, anche perché, come potrete riscontrare in queste pagine di Voce, di fronte a quanto raccolto è difficile fare finta di nulla. È difficile non prendere sul serio gli interrogativi posti alla chiesa – e alla sua fedeltà al Vangelo e alla formazione alla fede che hanno ricevuto, che raramente ha permesso loro un incontro personale con Dio.
Un’ultima annotazione, presa a prestito da una celebre meditazione di Giuseppe Dossetti. Di fronte a quello che leggiamo due atteggiamenti sono indispensabili: “la notte va riconosciuta come notte”, cioè dobbiamo saper leggere il tempo che viviamo senza la paura di denunciarne i limiti (e le false promesse). Allo stesso tempo non ci deve essere “nessun rimpianto per il giorno precedente”. Quello che stiamo provando a comprendere e intuire da questo ascolto è una profonda richiesta di conversione alla nostra chiesa. Quella conversione – personale e comunitaria – che è l’invito continuo rivolto alla vita cristiana.