Fontana: Mettiamo al centro la cura dell'altro
Nella solennità dell'Immacolata, il vicario generale, mons. Gaetano Fontana, ha presieduto la Messa nella chiesa di San Francesco con il tradizionale rito dei ceri e delle rose. Leggi l'omelia
“La beatissima Vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente ed in vista dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia della colpa originale”.
Queste sono le parole pronunciate da papa Pio IX l’8 dicembre 1854 e contenute nella bolla Ineffabilis Deus, nella quale si definisce l’immacolata concezione di Maria una “verità rivelata da Dio” e, perciò, da credersi fermamente da tutti i credenti.
La solennità dell’Immacolata, che stiamo celebrando in questa Eucarestia, ci fa accogliere e contemplare Maria, la madre di Gesù, come donna che è stata eletta da Dio in modo singolare.
Nella Bibbia troviamo altre figure che, come Maria, sono state elette in modo particolare: Mosè, Elia (per citarne qualcuna) e nella Sacra Scrittura si coglie anche che ogni persona è eletta, perché voluta e amata da Dio stesso.
Nel brano evangelico dell’annunciazione l’angelo Gabriele dice a Maria: “Ti saluto, piena di grazia, il Signore è con te”.
Che cos’è la “Grazia”?
La grazia è l’armonia del bello, è la Grazia dello spirito. E’ l’agire di Dio, è il suo gesto elegante (un gesto aggraziato) che affascina per il modo di abitare e leggere l’umanità dell’uomo;
La Grazia è la rivelazione che si manifesta in ogni uomo, perché ognuno ha uno stile (grazia come stile);
La Grazia è la giustizia di Dio, cioè la sua misericordia, che Gesù ha insegnato attraverso i miracoli e le parabole.
Quindi il Signore è con ogni persona, perché creatura desiderata, scelta e voluta da Dio nel suo progetto d’amore.
L’elezione di ogni persona si esprime nella singolarità di ognuno: ogni persona è unica e irrepetibile.
Ogni nascita esprime il mistero della elezione.
LA RIVELAZIONE
Se la Grazia dello spirito è presenza e azione di Dio, l’eletto è quindi colui che, vivendo la propria elezione, permette ad ogni uomo, con cui entra in relazione, di trovare le tracce di Dio, e perciò educa l’umanità a un nuovo modo di vedere, ascoltare, essere toccati e poter toccare il mistero di Dio.
Ognuno di noi è rivelazione di Dio, ognuno è responsabile di questo dono in ordine alla realizzazione di sé e alla vita della Comunità. Venire meno a questo compito significa impoverire se stessi e la Comunità, la Chiesa, consapevoli che quella rivelazione che accade attraverso una persona può accadere solo attraverso quella persona.
Guardando l’eletto io devo capire qualcosa di Dio e di me stesso.
Nella Bibbia l’amore è sempre espresso come l’amore per il “nome”, perché l’amore non è solamente un sentimento, ma è essere dono per l’altro, per chi mi sta di fronte. E il suo nome mi dice della sua singolarità, della sua complessità, del suo mistero, della sua alterità irriducibile a qualsiasi mio pensiero.
Ecco perché l’angelo è mandato non a una donna generica, ma a Maria.
L’evangelista Luca infatti dice: “l’Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria”.
Amare non è mai amare in modo generale o generico, ma amare è amare la singolarità della persona. Spesso si è innamorati dell’amore, dell’idea dell’amore, ma incapaci di volere bene, incapaci della fatica che richiede il legame.
Dio ama singolarmente Maria e così ama me, ama te, ama ciascuno di noi, con il nostro nome, la nostra individualità e la nostra identità.
LO STILE
L’elezione di Maria è espressa nella sua femminilità che diviene manifestazione di gentilezza e di tenerezza.
L’“eccomi” di Maria diventa possibilità di sperimentare Dio che si fa carne nella sua carne e lei, donna del “sì”, è portatrice e donatrice di Dio che si è fatto uomo: Gesù, il Cristo.
Nella disponibilità di Maria a lasciare operare lo Spirito Santo, l’Amore di Dio, in lei, accogliamo che la tenerezza è il vero linguaggio di Dio.
Papa Francesco, nella esortazione apostolica Evangelii gaudium al n. 88 dice: “Il Figlio di Dio, nella sua incarnazione, ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza”.
Che cos’è la tenerezza? Non è soltanto una realtà che fa parte della sfera degli affetti, dei sentimenti, la tenerezza è uno spazio esistenziale di discrezione e di umano pudore.
La tenerezza, vissuta nella quotidianità, è accettare i tempi dell’altro, è accogliere i silenzi come luoghi per sentire il profumo dell’amore, è rispettare l’altro e considerarlo sempre come “terra santa e sacra”.
L’esperienza, che Mosè vive quando incontra Dio nel roveto ardente, ci fa capire che ci si deve avvicinare all’altro togliendo i sandali dai piedi, nudi a se stessi, perché l’Altro, Dio, e ogni altro, è altro da me ed è mistero a me, sempre. È così che vivo l’umano pudore: sapere accogliere l’altro come mistero, come realtà sacra che diventa dono per me e con me.
La tenerezza genera prossimità, la tenerezza è capace di rinunciare a un “cristianesimo mononucleare e monocorde” (EG 117) e alla sua “rigidità autodifensiva” (EG 45), “spesso rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti” (EG 28), atteggiamenti che impediscono di entrare in contatto con le storie, i corpi, le facce e le mani reali.
Ciò che serve è una nuova modalità di incontro con il mondo. Si tratta di immaginare e vivere forme innovative e nuove prassi dell’esperienza individuale e collettiva fondate su una migliore modalità di relazione, capace di partire da processi di riconoscimento e di prossimità, tenendo presente, come sfondo, il dramma di storie di vita senza identità, senza paese, senza futuro, senza cittadinanza, senza comunità.
La tenerezza, vissuta nelle relazioni, diventa potenza aggregante per incontri veri, autentici e vitali.
Se gli affetti sono le impronte che gli uomini si lasciano reciprocamente, è la tenerezza la disposizione umana fondamentale dei legami che tengono insieme il mondo.
La tenerezza legge il mistero della vita di ogni uomo ed evita l’autoreferenzialità, il narcisismo, l’io, l’io…..
Nella prima lettura (Gen 3) si legge: “Adamo dove sei? Rispose: Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto”.
“Essere nudo” significa che l’uomo si sente fragile e solo; quando la fatica di vivere poggia solo sulle proprie spalle e non è vissuta e condivisa nelle relazioni con gli altri e con Dio, si cade nell’isolamento.
Quando siamo autoreferenziali, il tutto è su di noi: gioie, fatiche. E il nostro egoismo ci fa cogliere la nostra povertà e solitudine.
Uscire da sé e vivere la tenerezza significa decentrarsi, condividere e diventare dono all’altro che è di fronte a me.
LA MISERICORDIA
Desidero infine fare un ultimo passaggio ponendomi una domanda: “Cosa vedo di Dio nella femminilità di Maria, l’Immacolata?”
Vedo la Misericordia!
Lei stessa, nel Magnificat, dice: “Di generazione, in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono”.
La misericordia, nell’Antico Testamento, fa riferimento al grembo materno. E pensate: cosa c’è più di un grembo materno che possa dare l’idea della protezione e dell’accoglienza?
Dio, il Misericordioso, custodisce l’umano donando a lui il tempo, con la fiducia che in questo tempo l’uomo possa vivere pienamente.
Riordiamoci che il donare tempo all’altro fa sempre parte dello stile della tenerezza.
Finché qualcuno ha il coraggio di vivere l’amore e la tenerezza, abbiamo la possibilità di ricordare che è da lì che veniamo e lì siamo chiamati a dirigerci e a sostare.
Noi umani non abbiamo altro che questo per proteggerci dal freddo e dal buio che ci assalgono in quei movimenti della coscienza che mettono in questione tutto.
Nel brano dell’Annunciazione Luca dice: “Entrando da lei, disse: “Rallegrati piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo”.
Quante volte rimaniamo turbati davanti agli insegnamenti che la Sacra Scrittura ci propone!
Tante volte dubitiamo che sia possibile vivere l’amore, la tenerezza nei rapporti! Dubitiamo che l’amore e la tenerezza siano modi efficaci per realizzarci e per raggiungere i nostri obiettivi.
Ma ricordiamoci che Maria, l’Immacolata, davanti ai suoi limiti umani, alle sue incapacità personali, ha sentito: “Nulla è impossibile a Dio”. E davanti a questa realtà, che a Dio tutto è possibile, lei pronuncia il suo “Eccomi! Sono la serva del Signore”.
Noi, che siamo qui a celebrare l’Eucarestia nella solennità dell’Immacolata, ci crediamo che “nulla è impossibile a Dio”?
Crediamo nell’impossibile?
Se siamo uomini e donne di fede, impariamo, come ha fatto Maria, a credere a Dio, ricco di tenerezza, perché Dio è amore! Ne consegue che la nostra vita sarà una vera storia di tenerezza e di amore, e gli altri vedranno in me e in voi qualcosa di Dio e del mistero della vita, elementi che sanno toccare ognuno di noi con grazia.
Lo scambio del cero e della rosa bianca benedetta, che ora ci prestiamo a compiere, diventi il segno di uno stile di vita fondato sulla tenerezza e sull’accoglienza reciproche e sul rispetto dei ruoli, anche istituzionali.
E’ solo in una relazione, che pone al centro delle proprie attenzioni la cura dell’altro, che troviamo il senso del nostro vivere e della nostra esistenza.