È il giorno di "Mission is possible"
Prende il via oggi alle 18, con una celebrazione eucaristica presieduta nella parrocchiale di Sant'Alessandro dal vescovo Tramolada, la prima edizione del Festival della Missione. L'intervista al direttore artistico Gerolamo Fazzini
“Non avrebbe molto senso mettere in piedi una kermesse se non con la speranza che, in qualche giovane o ragazza dei tanti che cercano la loro strada, nasca un tarlo, una domanda che non li lascia in pace: che ci possa essere una modalità impensata di realizzare se stessi, giocando i talenti che ciascuno ha. Una modalità impensata e impensabile agli occhi del mondo: perché, lo sappiamo, il modo con cui il Signore propone di realizzarsi è ben strano: darsi a lui e ai fratelli. Totalmente, senza riserve. A volte andando a consumare i proprio giorni a migliaia di chilometri da casa”.
È questa la risposta che Gerolamo Fazzini, direttore artistico di “Mission is possible” non si stanca di dare a chi gli chiede le ragioni del primo Festival nazionale delle missioni che prende il via alle 18 con la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Pierantonio Tremolada nella parrocchiale di Sant’Alessandro in città
La preoccupazione essenziale che ha mosso i promotori e di chi, come Fazzini, ha creduto nel Festival, che prosegue sino a domenica15 ottobre, è dunque vocazionale. Non, però, nel senso di “reclutare”, ma di provocare tutti, in modo particolare i giovani, provando a far scattare in loro interrogativi, mettendoli a confronto con esperienze, con donne e uomini che, in nome del Vangelo, hanno scelto di partire, lasciando casa, amici, studi, lavoro... Per un bene più grande. L’altra finalità che il Festival si è dato è di tipo culturale (qualcuno parlerebbe di “pre-evangelizzazione”): sensibilizzare su situazioni, popoli, culture, sulle ingiustizie e i drammi del pianeta (segnalo a questo proposito la mostra sui “minerali clandestini”). Ma presentare anche le ricchezze, innanzitutto in umanità, che ci vengono dagli altri continenti. Un compito non meno importante, in tempi in cui l’altro, troppo spesso, è visto come minaccia.
“Come abbiamo pensato di raggiungere questi due obiettivi? Con messaggi e linguaggi che – anticipa Fazzini – possano incuriosire e colpire nel profondo, cercando di arrivare alla testa e al cuore. Ecco, quindi, la scelta di inserire nel programma concerti, mostre, spettacoli di strada, momenti di riflessione. Il tutto in un clima di festa: perché, nonostante le difficoltà, i capelli bianchi di tanti missionari e missionarie, il numero via via calante di quanti partono, abbiamo una certezza che ci muove tutti”. Per questo il direttore artistico di
“Mission is possible” non accetta la definizione, che, un po’ sbrigativamente, qualcuno ha dato del festival: un’edizione in salsa missionaria dei vari festival di partito, o un programma di attrazioni da luna park”.
Trenta occasioni per incontrare testimoni della missione, provenienti dall’Italia e dai vari continenti, e ancora artisti, concerti, spettacoli, mostre fotografiche etc, scelti per la coerenza della loro testimonianza gli obiettivi del Festival e condensati nell’arco di tre giorni sono la risposta migliore a chi cerca di sminuire “Mission is possible”. A poche ore dall’avvio del Festival, pure in mezzo alle difficoltà e agli imprevisti dell’ultimo minuto, cresce nel direttore artistico e in tutti gli altri organizzatori (Cimi, la Conferenza degli istituti missionari italiani; Fondazione Missio, organismo pastorale della Cei e Centro missionario diocesano di Brescia) la convinzione di avere fatto al meglio le cose. “Abbiamo commissionato uno spettacolo teatrale ad hoc a una compagnia bresciana sulla figura della missionaria della Consolata Irene Stefani, beatificata nel 2015 – afferma Fazzini –; abbiamo due mostre fotografiche; abbiamo scelto di valorizzare la creatività dei giovani, abbiamo fatto tanto altro ancora...”.
Tutto il programma di "Mission is possible" è consultabile sul sito.