Doni della fede nel mondo
Quest’anno ricorrono i 60 anni dell’invio da parte della Diocesi di Brescia dei primi Fidei Donum, prima in Brasile e poco tempo dopo in Burundi. Il fenomeno fidei donum ha alle spalle una lunga tradizione. Pio XII, nell’enciclica fidei donum del 1957, allarga lo sguardo e invita esplicitamente alla missione ad gentes: “La Chiesa in Africa, come negli altri territori di Missione, manca di apostoli”. L’area per la mondialità, in questo mese di ottobre, ha offerto in un video una rilettura dei 60 anni di presenza bresciana dei fidei donum per la Giornata missionaria sacerdotale. I primi ((Enzo Rinaldini, Costantino Carera ed Egidio Ferrari) furono inviati in Brasile. “Il 1960 – racconta mons. Giambattista Targhetti – è l’inizio di una forte presenza missionaria bresciana perché c’era un substrato: il servizio capillare delle mitiche zelatrici missionarie (abbonamenti, offerte, preghiere, gruppi), che ha dissodato il terreno della nostra diocesi, e la presenza di numerosi missionari appartenenti agli Istituti; e parecchi missionari provenivano dal percorso formativo nel Seminario diocesano”. Mons. Targhetti, classe 1936 e originario della parrocchia di Borgo San Giacomo, è stato vicedirettore dell’Ufficio missionario (1966-1970) e direttore dell’Ufficio missionario (1970-1978); successivamente è diventato prima vice direttore dell’Ufficio nazionale (1978-1982) e poi direttore (1982-1989). Nel corso del suo servizio pastorale ha guidato le comunità di Leno e Milzanello (1989-2013) e dal 2013 è presbitero collaboratore di Gambara. “Gli anni Sessanta hanno beneficiato di alcuni eventi straordinari della Chiesa in cui possiamo collocare anche l’impegno missionario della stessa Chiesa bresciana. Penso all’enciclica del 1957, Fidei Donum, di Pio XII in cui il Papa invitava i Vescovi a inviare alcuni dei loro migliori sacerdoti in aiuto alle Chiese africane. Poi c’è stato il secondo messaggio, con San Giovanni XXIII, per l’America Latina in cui si chiedeva la stessa cosa: l’invio dei migliori sacerdoti. Sono due interventi di carattere universale che hanno creato una certa sensibilità”. E poi abbiamo l’evento fondamentale del Concilio che “ha toccato la vita delle Diocesi; ha toccato le sensibilità dei nostri Vescovi che hanno avuto la possibilità di fare un’esperienza ecclesiale universale. Il Concilio ha permesso loro di avere davanti tutto il panorama internazionale. Tra i Vescovi del Sud del mondo e del Nord del mondo si creò un legame di amicizia: durante le pause conciliari, visitavano le Diocesi italiane. Questa amicizia è diventata fraternità, è diventata collaborazione, è diventata responsabilità. Nella Chiesa bresciana, mons. Tredici e mons. Morstabilini hanno assunto questa sensibilità”.
Mons. Bonfadini. Mons. Francesco Bonfadini, fidei donum in Brasile dal 1972 al 1981 e segretario del Segretariato missioni dal 1981 al 1992, racconta che “la Chiesa bresciana non è solo fidei donum: nel periodo dal 1975 al 1980 si contavano più di mille missionari nel mondo. Il compito dell’Ufficio missionario “era quello di fare in modo che le parrocchie ricordassero i missionari e che entrambe le parti fossero in comunicazione l’una con l’altra. È stata una bella apertura alla Chiesa universale, i missionari avevano la possibilità di raccontare la loro esperienza, la situazione sociale nella quale erano calati e quello che la Chiesa faceva in questo ambiente”. La celebrazione dei matrimoni e la preparazione della catechesi, insieme alla Parola di Dio e alla dimensione della piccola comunità, permettevano di raggiungere davvero la sostanza e l’essenziale delle cose e di creare “senso di Chiesa”. “Tutto quello che ho fatto mi ha aiutato ad avere un senso di Chiesa più ‘biblico’, che fa direttamente riferimento alla figura di Cristo”.
Don Giovanni Arrigotti. Nel 1964, dopo l’esperienza di tre anni a curato a Gavardo, partì per l’Africa anche don Giovanni Arrigotti. “Andammo a convertire quei popoli, ma ci hanno convertito loro. Lì a Kiremba, in Burundi, dove siamo andati (don Giovanni si è fermato 15 anni) non vedevano sacerdoti missionari da due e tre anni. Ci accolsero a braccia aperte. Ci portavano i frutti della loro terra e partecipavano in massa alle Messe in un capannone enorme che poteva contenere fino a 2.500 persone. Oggi dobbiamo offrire più occasioni per conoscere il Vangelo, ma purtroppo vedo molta indifferenza. Dopo l’esperienza missionaria, senti che hai bisogno di allargare il cerchio, di non vivere isolato nel proprio guscio. Purtroppo la mentalità della gente è più mondana che evangelica”.
Aldo Ungari. La Chiesa bresciana si concentrò molto anche sull’invio dei laici. Da questo punto di vista è bella l’esperienza di Aldo Ungari che si inserì nella realtà di Kiremba (Burundi) lì dove, nel 1965-/1966, operavano già don Giovanni Belotti, don Giovanni Cabra e don Arrigotti. “Don Renato Monolo, il protagonista del fenomeno dei fidei donum, sognava che a Kiremba fossero presenti tutte le componenti del popolo di Dio: sacerdoti, religiosi, ma anche volontarie e volontari oltre che famiglie”.