Don Nicola curato di Montichiari
Don Nicola Zanforlin, originario di Rovigo, è il nuovo curato di Montichiari, Novagli e Vighizzolo
Don Nicola Zanforlin, originario di Rovigo e sacerdote novello, è il nuovo curato di Montichiari, Novagli e Vighizzolo
Ecco l'intervista rilasciata al settimanale diocesano prima dell'ordinazione. Sant’Apollinare, piccolo paese delle campagne del Polesine (“che tanto mi ricorda alcuni scorci della Bassa bresciana) a Brescia sulla strada del sacerdozio. È questa la storia di don Nicola Zanforlin, uno dei quattro giovani che il 10 giugno riceverà dal vescovo Monari l’ordinazione sacerdotale. “Il mio percorso – racconta – è stato lungo”. Dagli anni giovanili, trascorsi nel Polesine tra gli impegni scolastici e l’aiuto nel panificio di famiglia, a quelli dell’università a Bologna, la sua vita è simile in tutto e per tutto a quella di tanti altri giovani. Ma è nel corso della parentesi trascorsa nella città felsinea, alle prese con gli studi di Economia (“mitigati, però, da alcuni elementi di diritto quasi a scaldare un po’ la freddezza della finanza”, afferma) che don Nicola, comincia ad avvertire una sorta di inquietudine. Partecipa, insieme ad altri giovani studenti, a incontri di preghiera, vive alcune esperienze di carattere ecclesiale e comincia a nutrire il dubbio che, forse quello dei numeri, dei calcoli e dei bilanci, non è proprior il campo di impegno a cui è chiamato.
Finestre. “Ogni volta – racconta – era come se mi si aprissero davanti delle finestre che mi lasciavano intravvedere spiragli di quella che avrebbe potuto essere la mia vita futura”. Completa il percorso di studi perché non è tipo da lasciare le cose a metà e, nel contempo, lascia che queste “finestre” diventino sempre più ampie, anche se l’orizzonte su cui si aprivano non era ancora così facile da interpretare. “Avvertivo un’inquietudine – è il racconto di don Nicola – una sorta di desiderio di cambiare strada, di mettermi al servizio di altro che fosse di più e di diverso dalla messa domenicale. Non avevo ancora ben chiaro che questo altro potesse essere Dio”. Per il neo dottore in economia inizia così un lungo cammino che non è stato solo fisico e che lo ha portato da Sant’Apollinare prima alla comunità missionaria di Villaregia e poi al Seminario diocesano come studente esterno. Quello di Nicola Zanforlin è stato un cammino anche di ricerca, di crescita e di consapevolezza. È del 2015 la scelta di diventare ufficialmente un seminarista della diocesi di Brescia. “Finalmente – racconta ancora – ho compreso che il Signore mi chiamava a servirlo in un contesto diocesano, a contatto diretto con le persone”. In questi due anni, dopo gli studi teologici, don Nicola ha cominciato a vivere “sul campo” questa chiamata, prima a servizio della comunità di Mompiano e poi di quella di Roncadelle.
Revisione. Così il 10 giugno prossimo, con l’ordinazione sacerdotale, si completa un cammino lungo, durato 10 anni, un percorso che ha portato Nicola a essere don Nicola. Un punto di arrivo o un momento di ripartenza? “L’ordinazione – è la sua risposta – è un po’ tutte e due le cose. Rappresenta sicuramente un punto di arrivo perché rappresenta il coronamento di un percorso impegnativo come è stato quello della presa di coscienza di quello che il Signore mi chiedeva. Ma l’ordinazione, è questo probabilmente è l’aspetto preponderante, è anche un punto di ripartenza per un nuovo cammino di annuncio del Vangelo, in una nuova prospettiva. Sicuramente è anche un’occasione di revisione per tutti noi”. Un esercizio importante prima dell’invio, da novelli sarcedoti, in comunità che li attendono con un notevole carico di aspettative. Guardarsi dentro, rileggere il cammino compiuto, aprirsi con fiducia al futuro, può, forse, servire a rendere meno forte questo impatto. “Le comunità, nonostante tempi profondamente cambiati rispetto al passato, continuano a caricare di tante attese l’arrivo di un sacerdote, ancor di più se questo è fresco di ordinazione – conferma don Nicola – ma tutto questo non può e non deve impaurirci”. Per don Nicola l’attesa e le aspettative devono essere lette come espressione del bene e dell’affetto che le comunità ancora nutrono nei confronti dei sacerdoti loro destinati. “Per noi giovani sacerdoti – continua – diventa di estrema importanza mantenere aperta la dimensione del dialogo e del confronto con i confratelli e con altre figure significative che possano aiutarci a individuare il modo più corretto per rapportarci con tante aspettative e per sapere distinguere quelle a cui un sacerdote deve saper rispondere dalle altre”.
Scelta. Come ci si rapporta, a 36 anni (don Nicola è nato nel 1981) con quel “per sempre”, con quella scelta di definitività che sembra spaventare tanti giovani chiamati a pronunciarlo in altri ambiti della vita? “Sono convinto – è la risposta di don Nicola Zanforlin – che la società abbia alimentato negli anni una sorta di inganno su questo aspetto, omettendo di dire che è proprio il per sempre l’espressione della massima libertà, non in quella situazione di precarietà che, invece, sembra segnare ogni ambito della nostra vita”. Nella provvisorietà, per il “sacerdote novello” giunto dal Polesine, non c’è gioia nè possibilità per il giovane di realizzarsi e di esprimere compiutamente tutti i suoi talenti. “Non nascondo – continua sullo stesso tema – che la scelta della definitività qualche timore può crearlo, ma questo fa parte di un processo di crescita. Con il nostro per sempre siamo chiamati a testimoniare che si tratta di una scelta comunque possibile e sempre attuale”. Posta in questi termini la questione appare anche semplice. Diventa un po’ più complicata quando la volontà di pronunciare un per sempre a Dio piuttosto che nei confronti di una moglie non viene compresa in famiglia o dalla cerchia di amici... “Personalmente – sono considerazioni di don Nicola Zanforlin – è un’esperienza che non ho vissuto. Pur provenendo da una famiglia credente, ma senza continua consuetudine con la vita della Chiesa, ho avvertito sin da subito il grande rispetto per la scelta che stavo compiendo. Negli anni il rispetto si è trasformato poi in sostegno e incoraggiamento”.
Incontro. Chiesa in uscita, periferie esistenziali sono terminologie divenute di uso comune nella Chiesa di papa Francesco. Cosa rappresentano per un giovane ormai prossimo al sacerdozio? “Sono temi – racconta don Nicola – su cui anche il nostro Vescovo si è soffermato più volte nel corso degli anni della nostra preparazione al sacerdozio. Non ha mancato occasione per invitarci ad andare verso le periferie dell’uomo che non sono solo spazi fisici, ma anche luoghi e atteggiamenti interiori”. Avere il desiderio di compiere questo viaggio, avvertire il bisogno di farlo crescere, questo per il giovane sacerdote è essere parte di quella Chiesa in uscita che papa Francesco chiede a gran voce. “Incontrare le persone senza avere la presunzione di cambiarle – continua nel suo ragionamento –, confidando nei tempi Dio, così da essere sempre al riparo dalla delusione del fallimento, nutrire il desiderio di camminare insieme non solo con le opere, ma anche con la preghiera: questo è per me essere Chiesa in uscita”.