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Brescia
di GABRIELE FILIPPINI 17 ago 2024 13:47

Don Dino, lo sguardo della parrocchia

Nato a Gavardo l’8.10.1936; della parrocchia di Gavardo; ordinato a Brescia il 26.6.1965. Vicario cooperatore a Urago d’Oglio dal 1965 al1968. Vicario cooperatore a Nuvolento dal 1968 al 1981. Parroco a Campoverde dal 1981 al 1994. Parroco a Soprazocco dal 1995 al 1998. Cappellano all’Ospedale civile di Gavardo dal 1998 al 2013. Deceduto a Gavardo il 9.4.2024. Funerato a Gavardo il 12.4.2024; sepolto a Gavardo.

Don Domenico Rivetta, da sempre chiamato da tutti don Dino, a Gavardo era nato 87 anni fa e nel cimitero di Gavardo riposa in pace, in attesa del premio riservato ai pastori buoni e fedeli. E don Dino il suo servizio pastorale lo ha esercitato per 59 anni, contando anche gli ultimi, vissuti nel declino della salute e dell’età, sempre a Gavardo, ospite della Rsa Elisa Baldo, dove era amorevolmente assistito dalle Umili Serve. E pure all’Ospedali Civile gavardese dedicò ben 15 anni come Cappellano, ruolo vissuto con generosità, con cordialità nello stare vicino agli ammalati e al personale. 

Sempre ripercorrendo a ritroso la sua avventura sacerdotale per tre anni è stato parroco nella frazione gavardese di Soprazocco, anni in cui un parroco doveva fara anche da curato, dedicandosi all’Oratorio. Don Dino lo fece con passione e dedizione nonostante l’età in crescendo.

Precedentemente per tredici anni fu parroco a Campoverde, frazione di Salò. Nella piccola ma vivace comunità immersa nel verde, svolse il suo ministero nella ordinarietà della vita liturgica, catechistica e pastorale. Coadiuvato da un gruppo di laici guidò la parrocchia in tempi di cambiamenti e trasformazioni.

Alle sue spalle vi erano due intense esperienze di curato, dedito soprattutto alla educazione dei giovani. Novello sacerdote fu destinato a Urago d’Oglio proprio negli anni post conciliari segnati dai fermenti della inquietudine giovanile. A Nuvolento, successivamente, rimase tredici anni. Ebbe la soddisfazione di vedere concluso il nuovo Oratorio e lui stesso si spostò dalla vecchia struttura al nuovo centro per i giovani dove lavorò con alacrità, dedito non solo alla formazione cristiana ma anche alla promozione umana. Fondò infatti l’Uso, la unione sportiva dell’Oratorio, tuttora esistente. A Nuvolento i più anziani conservano un buon ricordo di lui.

Di carattere forte e indipendente, in certi casi autoreferenziale, è stato un prete sostanzialmente tradizionalista che non ha mai accettato alcune novità conciliari come, ad esempio, la concelebrazione. Tuttavia la sua visione del sacerdozio non gli impedì di essere attento anche alla dimensione comunitaria della vita ecclesiale. E la sua preoccupazione perché i cristiani fossero aperti al mondo lo spinse ad organizzare memorabili viaggi culturali, anche in Paesi di altri continenti, con un rigoroso programma e normative comportamentali che bisognava osservare con precisione.

Era esigente con gli altri, ma lo era anche con sé stesso ed è stato uno di quei preti che si sono dedicati all’incarico loro affidato senza esulare troppo in altre questioni che non erano i loro doveri. Ma non per questo era un sacerdote chiuso e isolato, anzi aveva un carattere altruista e aperto.  

Con Dino Rivetta se ne è andato un altro prete bresciano che ha operato senza troppe prosopopee ma nella fedeltà alla sua missione di pastore. Di lui si può dire, usando l’espressione di Georges Bernanos nel noto romanzo “Diario di un curato di campagna” che ebbe “lo sguardo della parrocchia”. Una espressione non comune che lo stesso scrittore francese spiega così: “(…) questo sguardo sarebbe quello della cristianità, di tutte le parrocchie, o addirittura…quello della povera razza umana? Lo sguardo che Dio ha visto dall’alto della Croce”.

GABRIELE FILIPPINI 17 ago 2024 13:47