Delpini: il vescovo Bruno ha incontrato Dio
Leggi l'omelia integrale dell'arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ai funerali di mons. Bruno Foresti
La rivelazione di Dio è l’irrompere di un ardore.
Il mistero di Dio non si tiene nascosto, il mistero di Dio è una festa che invita, è però, sconvolgente: uno splendore che abbaglia, è una potenza che sconcerta. È insieme il terremoto che spaventa e l’abbraccio che confonde tanto è tenero, delicato.
È la visione che scuote il tempio di Gerusalemme e sconvolge la vita del profeta.
È l’incontro con il Risorto perseguitato che acceca Saulo il persecutore e lo introduce nell’impensata rivelazione della gloria che riempie la terra.
È la presenza così umana, come di un mendicante che chiede un favore, eppure così inquietante come del Signore che riempie di sovrabbondanza l’inconcludente fatica dei pescatori.
La rivelazione di Dio nel suo figlio Gesù, il mite Signore crocifisso e risorto è l’irrompere di un ardore che segna la storia di ogni discepolo: i grandi convertiti che hanno incontrato la grazia che ha cambiato la loro vita e i devoti di sempre che hanno mosso i loro passi sulla via di Gesù fin dalla prima infanzia come fosse la cosa più naturale e ovvia e poi in un certo momento della loro vita ordinaria, quasi scontata, sono stati accesi dall’irrompere di un ardore esaltante e intenso come un innamoramento, tenace e paziente come un amore, serio e sofferto come una resistenza, lieto di una invincibile letizia, come un dimorare nell’abbraccio della comunione.
Ecco la rivelazione di Dio in Gesù, destinata a tutti i credenti, è l’irrompere di un ardore che riempie di stupore per la sua intensità e perché arde senza consumarsi, come il roveto ardente.
L’incontro con la rivelazione di Dio è la struggente esperienza della sproporzione.
La gloria di Dio che si rivela induce allo spavento: ohimè! Io sono perduto.
Io sono come un aborto, non sono degno di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio.
Signore allontanati da me, perché sono un peccatore.
Eppure la sproporzione non è motivo per essere esclusi o per escludersi dalla gloria di Dio, piuttosto è la vocazione alla conversione e alla trasfigurazione. La chiamata a entrare nella gloria di Dio, a partecipare della vita di Gesù è come uno stupore per la grazia esagerata, per quella che riempie il cuore di una esultanza trepida perché porta a compimento il proprio vago desiderio di felicità oltre ogni aspettativa e immaginazione. L’inadeguatezza e l’indegnità, la sproporzione e l’imbarazzo, l’impotenza e il peccato sono la via impensata che Dio vuole percorrere perché la sua gloria riempia la terra.
Così stanno i chiamati al cospetto dell’Altissimo: ha chiamato proprio me? come ha potuto conoscermi e non disprezzarmi, anzi conoscermi e amarmi, conoscermi e chiamarmi? Ha chiamato proprio me, mi ha chiamato “amico”!
Ecco: l’incontro con la gloria di Dio è struggente consapevolezza della sproporzione e trepida esultanza.
L’incontro con la rivelazione di Dio genera una sorprendente libertà
La rivelazione della presenza del Signore proprio sulla mia barca è la rivelazione di quella gloria che illumina ogni cosa con una luce nuova e che genera una specie di indifferenza, come una libertà spirituale. I pescatori non sono più interessati al risultato della pesca: ora conta una cosa sola, seguire Gesù. Il seminatore non è ossessionato dal calcolare la quantità del raccolto: una cosa sola conta, stare con Gesù. L’ambizioso non aspira più al ruolo, a sedere alla destra o alla sinistra del Signore: una cosa sola conta, stare con Gesù, seguire Lui, obbedire a lui, bere al suo calice.
Una specie di indifferenza appassionata: la dedizione è senza risparmio, ma non per l’ambizione di compiere una impresa, non per la presunzione di esibire risultati, ma solo per obbedire al Signore che chiama, rivela la sua gloria, avvolge della sua luce.
Ecco: la parola delle scritture suggerisce di descrivere così l’incontro con il Signore e la sua gloria:
l’irrompere di un ardore che il tempo non consuma;
la esperienza di una sproporzione che la vocazione trasfigura in comunione;
la libertà come una specie di indifferenza verso di sé e verso i frutti del proprio impegno.
Di mons Foresti si possono dire molte altre cose.
Di lui si può dire: ha incontrato il Signore e la sua gloria.