lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Brescia
di ROMANO GUATTA CALDINI 07 giu 2023 08:30

Da Giurisprudenza al Seminario il passo è breve

Don Francesco Bertuetti è stato nominato curato della parrocchia San Giorgio di Capriolo.

Scopri la sua testimonianza.

Talvolta il passo dalla facoltà di Giurisprudenza al Seminario è breve, del resto esiste anche la legge di Dio. È il caso di Francesco Bertuetti, classe 1995, nativo di Gavardo. Ecco dove ha svolto servizio: prima e seconda teologia a Nave, in terza è stato prefetto al Seminario minore, in quarta e quinta a Calcinato, Calcinatello e Ponte San Marco, quest’anno a Molinetto e Mazzano.


Come nasce la tua vocazione?

È iniziato tutto grazie alla preghiera. All’epoca studiavo giurisprudenza a Trento. Ero solito frequentare il Duomo e lì, nella cappella del Santissimo, ho cominciato a pormi delle domande sulla mia vita. Erano interrogativi ai quali facevo fatica a trovare una risposta. Davvero volevo diventare avvocato? Veramente volevo creare una famiglia? C’era tutto un contesto, una società che mi indirizzava verso quella direzione. Ma una mattina, al cospetto dell’Eucarestia, riuscii a vedere un qualcosa che non si era mai palesato appieno, almeno ai miei occhi: Dio, l’Onnipotente. In quel contesto mi si presentò come un pezzo di pane, un qualcosa di fragile, piccolo, che non desiderava altro che presentarsi a me. Tutto questo ha stravolto la mia vita. La mia esistenza sino ad allora non era indirizzata verso il sacerdozio, ma ho sempre desiderato stare accanto al Signore. Poi, in Seminario, mi hanno accompagnato nel mio percorso, ottenendo così le risposte agli interrogativi che mi ero posto.


In che modo ha influito il contesto oratoriano?

Sicuramente ha influito, ma dopo aver scoperto la mia vocazione, durante il periodo del Seminario. La mia era una fede intima, personale, ma in oratorio ho trovato una dimensione ecclesiale che precedentemente non mi era così propria. In tutti i luoghi in cui ho prestato servizio ho compreso che non possono coesistere la vocazione personale e quella ecclesiale. In passato guardavo al rapporto con il Signore come a un legame che si esaurisse fra un me e un Tu, l’esperienza oratoriana mi ha fatto comprendere l’esistenza di un noi, di fratelli nella fede, di amici, di compagni che mi hanno accompagnato mio cammino di fede.


La tua famiglia come ha appreso la tua scelta?

Sono entrato in Seminario a 20 anni. La mia decisione penso che sia stata, per loro, un dono, un’occasione per interrogarsi su una fede molto solida, del resto provengo da una famiglia molto credente. In un certo qual modo hanno avuto la possibilità di vivere taluni valori della fede che si conoscono ma non in maniera approfondita, valori a cui si crede ma di fronte ai quali non ci poniamo degli interrogativi. Voglio ricordare mio nonno, prima dell’ingresso in Seminario, con lui, non abbiamo mai parlato di fede. Da allora in poi c’è stata una costante interlocuzione e gli argomenti erano i più svariati: da quella che poteva essere una preghiera a ciò che aveva detto il Papa in una determinata occasione.


E gli amici?

Sapevano che volevo frequentare Giurisprudenza, creare una famiglia, ma nel momento in cui sono entrato in Seminario non si sono stupiti, in un certo qual modo se lo aspettavano.


Cosa ti è rimasto degli studi in Giurisprudenza?

Sicuramente la bellezza della cosiddetta categoria dell’ordine, un frangente che mi appartiene. C’è una consequenzialità della legge, a un fatto segue sempre una determinata regola. Al contempo, però, c’è lo spazio per la creatività, per la reinterpretazione, al fine di adattare al meglio, a seconda del contesto, ciò che sembra prestabilito.


C’è una figura che ha influito più di altre nel tuo percorso?

Sin da piccolo, a Barbarano, frequentavo un convento di frati. Lì ci accompagnava padre Domenico Bassani. Era sempre un incontro familiare nel quale emergevano temi che in altri contesti non sarebbero venuti alla luce. È stata una persona fondamentale, era in grado di rende reale, quotidiana, la testimonianza di fede. Per come delineava la Chiesa, ha fatto sicuramente la differenza. Del resto il Signore s’incarna, da sempre, in testimoni che ce lo rendono presente, accanto a noi.


Come vivi il rapporto con i fedeli?

Posso dire che in questi anni ho trovato tanta accoglienza da parte dei fedeli, anche e soprattutto in ambito oratoriano. Ho ricevuto molto di più di ciò che ho dato. La semplice testimonianza di fede di chi frequenta a vario titolo la parrocchia ha arricchito anche me, dimostrando, in concreto, ciò che sino a prima credevo fosse scritto solo nei libri. È stato un processo di trasformazione, non si trattava più di un ragionamento intellettualistico, era qualcosa di visibile, di quotidiano. Lo Spirito Santo non parla solo a me…perché porterebbe poco frutto. Penso soltanto ai momenti di preghiera con i ragazzi che si preparano alla GMG. È qualcosa di estremamente arricchente anche per me.

C’è un aneddoto particolare nel tuo percorso di fede?

Non posso non ricordare la testimonianza del parroco di Calcinato, don Michele Tognazzi. È una persona che ricordo con grande affetto e che ha vissuto con me il periodo della pandemia. Durante tutta la settimana eravamo in Seminario, ma ci era stato consentito, la domenica, di celebrare. Talvolta ci fermavamo a pranzo da lui. Oltre ad essere un bravo sacerdote è uno straordinario cuoco, forse il più bravo che abbia mai incontrato. Non posso non ricordare le chiacchierate con lui. È una persona che non detta regole, ma accompagna i fedeli, sapendo accogliere le istanze del popolo di Dio, della sua gente, facendosi anche da parte quando lo ritiene opportuno, proprio per far capir loro ciò che stanno vivendo alla luce del Vangelo. È un prete che incarna l’amore di Dio per il suo popolo.


Che emozioni provi a pochi giorni, a poche ore, dal pronunciamento di quello che sarà il tuo “per sempre”?

Gioia e serenità. Le mani a cui mi affido sono sicure e mi hanno sempre accompagnato, nei momenti più facili come in quelli più difficili. Sinceramente non so cosa mi aspetterà, come non lo sapevo quando ho fatto il mio ingresso in Seminario, ma sono sicuro che non sarò mai solo.

ROMANO GUATTA CALDINI 07 giu 2023 08:30