Custodi dei pozzi della buona notizia
In occasione del tradizionale incontro tra il Vescovo e gli operatori bresciani della comunicazione, le riflessioni del direttore di Avvenire Marco Tarquinio
“Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo” è il tema portante del messaggio che papa Francesco ha steso per la prossima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Un compito impegnativo che chiama direttamente in causa il ruolo di chi oggi si occupa di informazione e di comunicazione. Uno sguardo a giornali, televisione, radio e new media e ai modi in cui questi comunicano rende legittima una riflessione sul ruolo e sulla figura del comunicatore di oggi. Un contributo alla riflessione arriva anche da Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, che il 26 gennaio sarà a Brescia per il tradizione incontro tra il Vescovo i giornalisti in occasione della festa di San Francesco di Sales.
Una prima domanda: cosa significa, oggi, essere giornalista?
Significa, dovrebbe significare, essere non solo un testimone del tempo ma anche della realtà che abbiamo davanti per permettere la comprensione dei suoi elementi portanti e significativi, anche se sono sempre di più quelli che ritengono di potere fare a meno di questa mediazione. D’altra parte, però, è sempre più evidente che un mondo con un’informazione fatta da professionisti senza coscienza è un mondo povero di verità ma ricco di bufale e di chiacchiericcio.
Crede che quella da cronista a testimone di un’epoca sia una trasformazione che il giornalismo oggi ha compreso in tutta la sua importanza?
Siamo nel mezzo di un guado. Ci sono, in Italia e non solo, tanti giornalisti che hanno la piena coscienza dell’importanza e dell’improrogabilità di questa trasformazione, ma vi sono anche tante persone che credono, secondo una retorica molto diffusa, di esercitare ancora un grande potere. Io sono di quelli che ancora credono che la libertà dei giornalisti sia specchio della libertà di coloro che a noi si affidano. Se capiremo che questo è il punto nodale del nostro impegno ci salveremo come categoria, diversamente ci renderemo presto conto di essere diventati inutili.
Oggi è sempre più invadente la presenza di social media che sembrano non avere nessuna attenzione per responsabilità vecchie e nuove nel campo della comunicazione. La loro presenza mette in forse il ruolo di media “tradizionali “come giornali, televisioni e radio?
Credo che per chi fa il mestiere del giornalista, al di là dello strumento specifico, quello attuale sia un tempo di resistenza buona. A noi spetta un ruolo da custodi attivi che guardano avanti e non sono a difesa di un bidone che si va svuotando. Siamo piuttosto i custodi di una sorgente. In questo tempo a noi spetta il compito di custodire i veri canali di approvvigionamento delle notizie buone, salde, verificate. Dobbiamo essere i custodi dei pozzi di acqua potabile dell’informazione buona, ben fatta, verificabile, di qualità nell’attraversata di quel deserto popolatissimo in cui viviamo.
Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo è il compito che papa Francesco, con il suo messaggio per la giornata del 2017, affida al mondo della comunicazione...
Beh, si tratta del lavoro che sto portando avanti non solo da quando sono alla direzione di Avvenire, giornale che da sempre ha questa ambizione, così come è ambizione di tutta la stampa di ispirazione cattolica. Un compito che si alimenta del senso di completezza dell’informazione, che dà spazio a ciò che di buono accade ogni giorno sulla faccia della terra, anche quando questo per altre realtà rappresenta una non notizia, ma che contribuisce veramente a rendere migliore il mondo. È questo il compito a cui papa Francesco ci chiama.