Cpp: è tempo di rinnovare...
Le parrocchie alle prese con il dibattito sul rinnovo degli organismi di partecipazione dopo lo stop imposto dall’emergenza sanitaria
Con la consultazione per la designazione dei nuovi Vicari di Zona, in programma il 25 febbraio, la diocesi rimette in moto la macchina della sua organizzazione, interrotta lo scorso anno per via dell’emergenza pandemica. Come ha spiegato anche il vescovo Tremolada nel consiglio presbiterale dei giorni scorsi, il tema dell’organizzazione della Chiesa sul territorio non va sottovalutato, perché è la modalità attraverso cui “diventa mistero che rivela, popolo di Dio, comunità nella sua forma cristiana”. Tappa importante di questo percorso è il rinnovo degli organismi di sinodalità (consigli pastorali parrocchiali, zonali, di unità pastorale, per arrivare al presbiterale e al pastorale diocesano), già in programma nel 2020. Anche su questo fronte la pandemia ha fatto sentire il suo peso, procrastinando di un anno l’operazione. In queste settimane il dibattito e la riflessione su questo tema hanno ripreso vigore, in vista di operazioni che dovrebbero tenersi nei mesi a venire. A livello diocesano e in tutte le parrocchie della diocesi la questione è stata rimessa a tema.
A supporto di questo sforzo possono tornare utili i dati di una inchiesta sul consiglio pastorale parrocchiale che, senza pretesa di scientificità, “Voce” aveva promosso lo scorso anno, proprio in previsione del rinnovo, poi saltato. In quell’occasione era stato proposto un questionario online del tutto simile, in quanto a temi sollevati, a quello usato per l’ultima ricerca sui consigli pastorali in diocesi, realizzata nel 1991. La comparazione tra i risultati doveva consentire di leggere la parabola degli organismi di partecipazione. La lettura dei risultati dei due questionari, proposti a trent’anni di distanza l’uno dall’altro, doveva suggerire, eventualmente, l’ipotesi di qualche correzione, anche perché il quadro emerso non era del tutto incoraggiante. Rispetto agli scenari di 30 anni prima, l’esperienza del cpp sembra essere segnata dalla fatica, dalla rassegnazione, dalla stanchezza e, non ultimo, da contesti che anche nelle parrocchie hanno subito evidenti cambiamenti.
Sin dal confronto su una delle prime questioni poste dal questionario, quella relativa all’età dei membri del cpp, appare evidente che anche su questo organismo si riflette il tema dell’invecchiamento della popolazione. Se nel 1991 i membri dai 46 anni in su arrivano a sfiorare il 45%, lo scorso anno questa percentuale era salita di oltre 10 punti. Per la stragrande maggioranza (70%) di chi lo scorso anno aveva risposto al questionario quello del cpp era un impegno di lunga data, superiore ai 5 anni. Per un quarto si trattava addirittura di una partecipazione superiore ai tre mandati (da 15 anni in su).
Al di là dei dati anagrafici e della “militanza” un altro dato su cui riflettere, nel rapporto tra il questionario del 1991 e quello del 2020 era quello relativo all’appartenenza dei suoi membri. Se 30 anni fa dalle associazioni ecclesiali proveniva quasi il 36% dei consiglieri del cpp, nel 2020 la percentuale si era abbassata al 24%. Quasi raddoppiata, invece, la percentuale dei membri che dichiara di non avere alcuna appartenenza: era poco più del 34% nel 1991, mentre 30 anni dopo arriva al 67%. Un dato evidente, che apre uno spazio di riflessione sulla stagione di difficoltà che segna anche il ricco e variegato mondo delle associazioni.
Un altro dato che segna l’evoluzione della vita del cpp è quello relativo ai temi portati in discussione nei consigli parrocchiali. Se da una parte c’è stato un evidente aumento di attenzione dato alla conoscenza e all’approfondimento della scelta pastorale, che testimonia la comunione della parrocchia con la comunità diocesana, dall’altra c’è stata, nel corso di 30 anni, una crescita dello spazio di discussione per i calendari liturgici, passato dal 13% del 1991 al 76% dello scorso anno.
Nonostante i tre decenni che separano i due questionari, il “motore” del cpp continua a essere il parroco. Se nel 1991 decideva l’ordine del giorno quasi nell’80% dei casi, lo scorso anno la percentuale era salita all’89%... Discorso analogo sull’affidamento delle esecuzioni prese dal consiglio pastorale parrocchiale. Se nel 1991 destinatari principali di questo compito (48%) erano i responsabili di gruppi e di commissioni, nel 2020 prevale la figura del parroco (36,5%). Altri numeri che fanno riflettere sembrano essere quelli del progressivo inaridimento del rapporto tra cpp e comunità. Se le 1991 nel 70,6% dei casi le decisioni assunte venivano comunicate, lo scorso anno la percentuale si era ridotto a poco più del 40%.
Molti altri ancora sono i dati che si potrebbero commentare (per esempio quella della scarsa loquacità dei membri nel corso delle sessioni, segnate da pochi interventi), anche se la ricerca che “Voce” ha condotto lo scorso anno, non aveva la pretesa di essere scientificamente esauriente, mette in evidenza l’opportunità, in questa fase di avvio dei rinnovi, di non concentrarsi solo sulla dimensione formale dei cpp. Un minimo di approfondimento, forse, dovrebbe averlo anche quella sostanziale, per verificare se e quanto gli organismi di sinodalità rispondano ancora alle finalità di essere “organo di comunione che esprime e realizza la corresponsabilità dei fedeli alla missione della Chiesa, a livello di comunità cristiana parrocchiale locale”, come previsto dal Direttorio del 2004.