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Brescia
di + PIERANTONIO TREMOLADA 13 set 2020 11:01

Covid: la memoria e il suffragio

L'omelia pronunciata dal vescovo Tremolada durante la messa, celebrata in piazza Paolo VI, in ricordo delle persone defunte a causa della pandemia

Nello scenario suggestivo e solenne di questa piazza che si apre davanti al nostro duomo e che con Piazza Loggia costituisce il cuore della città di Brescia, celebriamo questo rito solenne, nel quale desideriamo si fondano insieme la memoria e il suffragio. E io voglio subito ringraziare tutti voi che avete accolto l’invito a condividere questo momento singolare.

In questa piazza si trova oggi rappresentata la nobile anima della terra bresciana, della città e della provincia. Le vostre persone, stimatissimi rappresentanti delle istituzioni, delle amministrazioni locali e delle diverse associazioni, sono testimonianza eloquente del grande senso di umanità che anima il nostro popolo e della comunione che vicendevolmente ci lega. Ci sentiamo parte di una storia di cui abbiamo contribuito a scrivere una pagina non secondaria, ma soprattutto ci sentiamo uniti nell’esperienza di quella umanità che rende ogni persona immensamente grande e che trova la sua espressione più vera nei momenti di maggiore difficoltà.

È questo il senso di ciò che stiamo vivendo: una società che non onora i suoi morti, che non conserva vigile memoria delle sue sofferenze e della generosa risposta che queste sanno suscitare è una povera società, senza radici e senza futuro, perennemente fluttuante alla deriva. Ricordare con affetto commosso chi ci ha lasciato in circostanza dolorose, rendere merito con sincera gratitudine a quanti hanno dato viva testimonianza di dedizione e di coraggio significa compiere quel naturale atto di omaggio che la dignità umana si attende. Il cuore di ognuno di noi ne sente il bisogno.

Alla memoria grata si aggiunge il suffragio. C’è un orizzonte più grande di quello della terra in cui viviamo: è l’orizzonte del cielo che la sovrasta e la abbraccia. La fede dischiude alla vita umana una visione che – se rettamente intesa – permette di coglierne ancora di più la nobiltà e la grandezza. Secondo l’insegnamento della sacre Scritture, l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio, destinato a condividere con lui la pienezza della vita. Il senso di Dio apre naturalmente al rispetto per la dignità dell’uomo, offre il fondamento più solido al riconoscimento dell’onore che ogni persona merita: “La gloria di Dio è l’uomo vivente” – ha scritto sant’Ireneo, uno dei grandi padri della Chiesa.

La pagina del Vangelo che la liturgia ci propone in questa domenica e che abbiamo appena ascoltato muove nella stessa direzione. A Pietro che domanda quante volte dovrà perdonare chi lo offende e che arriva a ad immaginare di farlo fino a sette volte, Gesù risponde invece che deve perdonare fino a settanta volte sette. Un perdono, dunque, senza misura e senza condizioni. La reazione immediata di ognuno che ascolta è che la richiesta del Cristo sia impossibile da realizzare: è qualcosa che va al di là delle nostre forze e che ci condannerebbe alla frustrazione. Ci rendiamo tuttavia conto della grandiosità di una simile prospettiva: il perdono senza misura è espressione di un amore che non si ferma davanti a nessun ostacolo e che rimane intatto a anche a fronte del male ricevuto, dell’offesa gratuita, della cattiveria, dell’ingratitudine, della vigliaccheria. Rispondere al male con il male è istintivo: è purtroppo la cosa più facile. Vincere il male con il bene è decisamente più difficile, è scelta sofferta e impegnativa, che tuttavia dice la misura di una coscienza e la sua apertura al mistero della bontà infinita di Dio. “Il Padre vostro che è nei cieli – dice Gesù ai suoi discepoli – fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i cattivi e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”. Dio non fa del bene solo a chi se lo merita, ma fa del bene per riscattare chi fa il male, per sorprenderlo e conquistarlo con la sua bontà. Ecco dunque la prospettiva che viene aperta, il cielo che si dispiega sopra la terra: il mistero santo di Dio offre all’uomo l’orizzonte in cui collocarsi per dare compimento a se stesso. Mistero di grazia per i vivi e mistero di pace e consolazione per i defunti. Al bene offerto da Dio ai vivi va infatti aggiunto il bene da lui offerto ai defunti, cioè il riposo eterno e la luce perpetua, partecipazione definitiva e perenne alla sua beatitudine.

La memoria e il suffragio aprono al futuro, ci spingono a raccogliere l’eredità spirituale che ci giunge dall’esperienza vissuta, in particolare dalle consegne di quanti ci hanno lasciato. Credo che questa eredità consista nell’invito ad un coraggioso rinnovamento della società. Non possiamo semplicemente girare pagina, dimenticare presto un’esperienza dolorosa e imbarazzante, ritornare al più presto ad una normalità che sia semplicemente ciò che si è sempre fatto. La voce che ci viene dai giorni che ci hanno visti sofferenti ma anche più uniti e più decisi nell’aiutare i più deboli, è un appello a cambiare ciò che non più essere accettato come normale. Abbiamo compreso molto più chiaramente quanto sia necessario costruire una socialità che abbia sempre più i tratti di una comunità solidale, attenta ai più deboli, non condizionata dall’ansia di un profitto esagerato e alla fine disumano e dalla logica di un consumo ingordo e cieco; una comunità rispettosa del suo ambiente, non rapace, che mira ad uno sviluppo sostenibile, ispirato da sani principi morali. Abbiamo bisogno di una progettualità sapiente e concreta, che riconosca chiaramente nel bene comune il suo costante obiettivo e si impegni a perseguirlo con intelligenza e determinazione. È questo il nobile compito della politica, che nei giorni della grande sofferenza è risultato ancora più evidente e di cui comprendiamo ora ancora meglio l’importanza.

Una grande lezione di vita ci è giunta dai mesi dolorosi di questa pandemia. Mi sembra di poter dire in coscienza che non ne è mancata la consapevolezza. Si tratta ora di mantenerla viva e di trasformarla in azioni capaci di rinnovare la società. Non possiamo e non dobbiamo semplicemente ritornare al passato. C’è un colpo d’ala che la memoria ci esorta a imprimere al nostro vissuto, per il bene nostro e delle generazioni future.

Il Dio della grazia e della consolazione, cui abbiamo consegnato con fede i nostri morti e a cui noi stessi ci consegniamo come viventi creati a sua immagine, sostenga il nostro proposito e accompagni il nostro cammino. Ci aiuti a dare alla nostra società un volto sempre più umano, unendo i nostri sforzi in un’opera che possa essere guardata con riconoscenza da quanti verranno dopo di noi.


Ci benedica il Signore e ci custodisca.

Faccia risplendere per noi il suo volto e ci faccia grazia.

Il Signore rivolga su di noi il suo volto e ci conceda pace” (Nm 6,24-26).


Leggi il discorso pronunciato dal prefetto Attilio Visconti


+ PIERANTONIO TREMOLADA 13 set 2020 11:01