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Brescia
di REDAZIONE 09 mar 2017 09:09

La risorsa dei consacrati

"Forse questo è un tempo di gestazione dove Dio sta facendo nascere qualcosa". In questa intervista suor M. Cecilia Signorotto, Dorotea di Cemmo e delegata Usmi, analizza la situazione della vita consacrata e presenta le nuove sfide

Al di là dei numeri, la vita consacrata in che modo può essere, oggi, feconda per la vita della Diocesi?

La fecondità a volte è un dato visibile altre non lo è. Ci sono tempi diversi del cammino con il Signore. Il popolo d’Israele si è formato come popolo nel deserto.  Un tempo di totale nascondimento al mondo. Una specie di gestazione. Forse questo è un tempo di gestazione dove Dio sta facendo nascere qualcosa. Non sempre è dato vedere quelle che nella storia sta nascendo a nostra insaputa. Il profeta Isaia ce lo ricorda: “Ecco nasce una cosa nuova proprio ora germoglia non te ne accorgi?”. Possiamo credere che c’è il lavorio della linfa dello Spirito che farà vedere il germoglio al tempo opportuno.

Gli Istituti e le Congregazioni possono pensare in alcuni casi a rinnovare il loro carisma, a renderlo sempre più vicino ai bisogni del nostro tempo?

Il carisma è un dono dello Spirito e in quanto tale è vivo per natura. Sono forse le modalità con cui si esprime che forse non ne fanno vedere la pregnanza e il significato. In un tempo in cui siamo abituati ad avere molto non è facile trovare modalità nuove che tocchino le persone di oggi. Siamo in un tempo nel quale mi sembra più che attuale la lettura che già Bonhoeffer faceva negli anni ’40: l’uomo è diventato adulto, si è staccato da Dio, non ha più bisogno di lui. Quindi cosa resta al cristiano? In questa situazione il pastore luterano diceva che al cristiano non resta altro che essere quello che il Padre ha fatto con il Figlio: l’ha inviato perché fosse vicino a chi è cieco, storpio, zoppo perché prendesse su di sé tutto il limite, la sua miseria e il suo peccato perché lo portasse insieme all’umanità. Questa lettura della modernità mi stimola molto. Non dimentichiamo che, anche i consacrati fanno parte di questa umanità zoppa, cieca e storpia, quindi malata e non sempre immediatamente riesce a comprendere e ad attuare quanto il Signore chiede.

La crisi economica ha colpito anche alcuni ambiti (pensiamo alla salute e alla scuola) nei quali storicamente operano i consacrati. Non è arrivato il tempo di ragionare maggiormente in maniera sinergica?

La sinergia certamente è un percorso, una strategia di lavoro. Il cambiamento non parte solo dal particolare (lavorare insieme come scuole, come case di riposo o altro) parte dal rapporto interpersonale che mette in comune desideri, i sogni, la visione di vita, e il dono dello Spirito che ciascuna persona e Famiglia ha ricevuto.  E in questo senso, come Vita consacrata femminile abbiamo fatto una scelta. Abbiamo cominciato da due anni un cammino di confronto con i consigli generalizie e provincializi presenti in Diocesi. E’ un cammino interessante che aiuta, le varie famiglie religiose a conoscersi come persone, a condividere la formazione comune sia a livello di vita consacrata che di formazione alla leadership. Un’altra scelta che, con i Consigli, si è messa in opera è la costituzione di un gruppo di sorelle – sono 8 – di varie congregazioni che insieme cercano di lavorare insieme per la pastorale giovanile, alcune esperienze sono vissute on alcune realtà della Diocesi che si occupano di questo campo che sempre più è nuovo ai nostri occhi. Un altro percorso intercongregazionale che lungo il cammino si è aperto al confronto e al lavoro con diverse associazioni e movimenti è la commissione donna. Abbiamo iniziato nel 2014 a confrontarci. Ci siamo sostenute nella lettura della situazione, nel confronto di metodi e percorsi attuati. Abbiamo cercato esperti tra i pedagogisti e teologhe che ci hanno illuminato su prospettive interessanti.

Lo scorso anno abbiamo allargato la proposta di studio ad Associazioni che pure al loro interno hanno attenzione alla donna, questo ci ha molto rigenerato e dato nuovi strumenti per continuare il cammino. Lo scorso anno alle donne abbiamo proposto tre momenti con linguaggi diversi: il musical "Il canto invisibile”: racconti di storia vissuta di cinque donne del nostro territorio; un incontro di lettura della figura femminile nel Vangelo: “Donne al sepolcro”  con la biblista Antonella Anghinoni; un terzo incontro di tipo culturale animato dalla commissione e sostenuto dalla prof. Elisabetta Musi della Università Cattolica ha visto 60 donne che per tre ore hanno ascoltato la situazione femminile di oggi e si sono confrontate sul vissuto quotidiano. Una domanda cui vorremmo pian piano dare piccole risposte è comprendere quale presenza nella Chiesa è e deve essere la donna. Con le scelte: condivisione di formazione dei Consigli e gruppo intercongregazionale  di pastorale giovanile e la commissione donna pensiamo di essere nel solco che il Papa ha tracciato nella sua lettera ai consacrati nell’anno a loro dedicato. “Mi aspetto inoltre che cresca la comunione tra i membri dei diversi Istituti. Non potrebbe essere quest’Anno l’occasione per uscire con maggior coraggio dai confini del proprio Istituto per elaborare insieme, a livello locale e globale, progetti comuni di formazione, di evangelizzazione, di interventi sociali? In questo modo potrà essere offerta più efficacemente una reale testimonianza profetica.

La comunione e l’incontro fra differenti carismi e vocazioni è un cammino di speranza. Nessuno costruisce il futuro isolandosi, né solo con le proprie forze, ma riconoscendosi nella verità di una comunione che sempre si apre all’incontro, al dialogo, all’ascolto, all’aiuto reciproco e ci preserva dalla malattia dell’autoreferenzialità” (n°3). Non è più tempo di lavorare soli è tempo di porsi tutti umilmente: sacerdoti, religiosi/e, laici/e, associazioni e movimenti per chiedersi come insieme possiamo essere cristiani che vivono nell’umanità come diceva Bonhoeffer: condividere la sofferenza della persona come Gesù.

Il calo numerico chiama in causa anche il problema relativo alle tante strutture presenti. Cosa si può fare su questo versante?

Se leggessimo geograficamente, con atteggiamento di fede, la presenza delle nostre strutture nella città e nella diocesi vedremmo come questi luoghi, che oggi appaiono pesanti, forse inutili in qualche caso, sono stati luce per tante persone e per molto tempo. Forse la comunità non si è chiesta chi teneva accesa la luce. Oggi alcune di queste luci sono più deboli. Magari si possono riaccendere per altro. Pensiamo anche alla nostra città quanti monasteri sono diventati luoghi di cultura. Forse bisogna trovare il modo di accendere la luce significante per l’oggi. Questo non è detto che debbano essere i consacrati. Magari a noi è chiesto di accendere piccole luci in dialoghi personali, in incontri di piccoli gruppi, in famiglie che chiedono un confronto più ravvicinato nella loro casa. Sono strade che si intuiscono e che in parte già si percorrono, credo che le persone consacrate sono ancora lievito nella nostra Chiesa.

In parte è un compito nostro di cercare nuove modalità ma anche la comunità cristiana dovrebbe leggere con noi e chiederci gesti, segni, presenze nuove. Invocare e inventare con noi. Tutti dobbiamo svestirci delle modalità che hanno dato risposte fino a ieri. Oggi l’umanità ha domande nuove, purtroppo sempre meno espresse coscientemente. Leggere tra le righe della storia e della cronaca così dolorosa di oggi, chiede una profondità spirituale notevole. Allo Spirito del Signore chiediamo, per lei e per noi, di non farci mancare la forza della fede che non fa vacillare anche quando tutto è incerto, la luce della speranza che conduce anche per strade buie, il fervore della carità che ama sempre incondizionatamente.

REDAZIONE 09 mar 2017 09:09