Cari ragazzi, tendete la mano a chi fatica
L’episodio di Pietro che guarisce uno storpio (“‘Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!’. E presolo per la mano destra, lo sollevò”) e il brano dei discepoli di Emmaus (“Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?”) sono le due scene consegnate dal vescovo Tremolada ai ragazzi bresciani per rileggere pienamente l’esperienza di questi tre giorni romani. Come Pietro siamo chiamati, in ogni stagione della nostra vita, a tendere la mano a chi è in difficoltà.
“Chi crede nel Signore diventa capace di tendere la mano e di far alzare chi, per qualche ragione è caduto, non ce la fa o rischia di rimanere indietro o scartato. Noi non prendiamo in giro chi fa fatica, ma nel nome del Signore tendiamo la mano. Siate ragazzi e ragazze che tendono la mano per fare alzare e non utilizzano mani e piedi per far cadere”.
Ma “per essere persone che tendono la mano agli altri, bisogna lasciar parlare il Signore – ha spiegato il Vescovo nell’omelia al santuario del Divino Amore –, bisogna ascoltarlo interiormente. Avete davanti la vita, siate ragazzi e ragazze che lasciano spazio al Signore perché si faccia conoscere. Desiderate conoscerlo. Fate in modo che questa parola vi raggiunga. Spronate chi incontrate perchè vi possa raccontare chi era Gesù. E voi, cari sacerdoti, fate conoscere il Signore alle nuove generazioni. Valorizziamo tutti i momenti possibili per un ascolto della sua Parola che scalda il cuore. Le persone che hanno il cuore di ghiaccio non faranno mai felici gli altri”.