Brasile: la missione di don Marelli
Dopo un breve periodo di riposo “casalingo”, don Marco Marelli, nei primi giorni dello scorso mese di agosto ha rimesso piede su un aereo per fare ritorno a Castanhal do Parà, per ributtarsi a capofitto nella sua missione di sacerdote fidei donum. Nella diocesi guidata dal bresciano mons Verzeletti, don Marco sta vivendo, dal 2019, la sua quarta esperienza missionaria in America Latina. C’è un filo rosso che lega l’uno all’altro i capitoli della vita missionaria di don Marco in Brasile: il teatro. Anche se non ama sentirsi definire il “prete del teatro” (“si tratta di uno strumento che, al pari di altri, mi consente di far vivere in modo diverso dal solito il tempo delle relazioni con i giovani” afferma) proprio questa forma universale di espressione gli ha consentito di sperimentare a ogni latitudine la bellezza dell’annuncio. E proprio da una riflessione sull’uso pastorale dell'espressine teatrale che prende le mosse l’intervistacon don Marco pochi giorni prima del suo rientro in Brasile.
Don Marco, sono passati ormai tanti anni da quando portavi i giovani su un palco per trasformarli in protagonisti dell’annuncio. Una modalità che non sembra avere perso nulla della sua freschezza…
Sì, ho sempre creduto e continuo a credere in questa forma non convenzionale di evangelizzazione. Anche qui in Brasile il teatro, l’espressione artistica continuano a essere un modo efficace per incontrare i giovani, per parlare con loro, per fare arrivare loro il messaggio di Cristo.
I linguaggi artistici che usi per l’evangelizzazione e per la catechesi sono universali o hanno chiesto un adattamento alla cultura brasiliana?
Come tutti i linguaggi anche quelli artistici chiedono un’incarnazione nel contesto in cui si è chiamati a svolgere la loro azione. Non avrebbe avuto nessun senso e nessuna efficacia riproporre in Brasile in modo pedissequo linguaggi occidentali. Sarebbe un semplice esercizio di stile. Anche il teatro e l’espressione artistica in generale, così come avviene anche per la predicazione e per tante altre dimensioni della pastorale e dell’annuncio, chiedono di essere calate nelle singole realtà in cui sono vissute. Faccio un solo esempio: con la scuola d’arte stavamo preparando uno spettacolo dal titolo “Exodus” per raccontare, con immagini e linguaggi locali, storie di grandi migrazioni che non sono solo quelle a cui siamo abituati in Europa. Parlare di un tema tanto importante in Brasile riproponendo schemi efficaci in Italia, non avrebbe avuto senso. È necessario raccontare le storie e i drammi che stanno dietro le grandi migrazioni degli indios verso le città.
Parliamo un po’ dell’esperienza che stai vivendo a Castanhal…
Il vescovo Verzeletti mi ha chiamato per affidarmi la direzione artistica della “Escola das artes” nata nel 2016. Si tratta di una scuola gratuita, legalmente riconosciuta, con corsi di musica, cucina, teatro. È la prima esperienza del genere in tutto lo Stato del Parà, pensata per dare modo alla gente, anche a quella più povera, di sviluppare i propri talenti. L’idea di fondo che è l’arte possa veramente salvare le persone. Il Vescovo mi ha chiesto di fare da punto di riferimento tra e con gli insegnanti, per coordinarne il lavoro. All’impegno nella scuola, poi, affianco quello con i seminaristi .