lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Brescia
di MARCO MEAZZINI 30 ago 2017 18:33

Albania, terra di missione

Il racconto di un’esperienza estiva nel Paese delle Aquile a stretto contatto con il fidei donum, don Gianfranco Cadenelli, e con le suore dorotee

Vedere, provare, incontrare. Raccontare la missione è sicuramente quasi “impossible”. Cozza con il motto del prossimo festival nazionale dove la missione sarà “possible”. Viverla ti avvicina a un mondo non ordinario, ad un concetto che spesso si allontana dal nostro fare e costruire molto bresciano. Dopo l’estate scorsa in Sud America, la missione mi ha portato nei Balcani. Il bagno, le scarpe, l’asfalto, l’acqua corrente, sono beni che sfuggono dall’ordinarietà in queste valli, la scuola e il lavoro sono delle vere e proprie chimere. Se si allontana dalla sponda commerciale della riviera montenegrina e albanese, superando Scutari (la città bagnata dal sangue dei martiri cristiani durante gli anni della dittatura), entrando nel cuore delle montagne del distretto di Mat, si incontra la missione “made in Brescia”. Due i paesi che fanno da congiunzione a una rete di piccoli villaggi sperduti tra gli alberi e i campi, gli animali al pascolo e le miniere ferrose. Da Burrel a Klos passando per le frazioni di Baz, Derjam, Ulëz, Ulz, Lis arrivando fino a Suç, un’area a maggioranza islamica, dove da anni operano religiosi e laici cattolici. Qui si può conoscere il lavoro di don Gianfranco Cadenelli e delle suore Dorotee, ma anche l’aiuto dato da alcune persone vicine alla missione come Aleksander e Gent.

Don Gianfranco, classe 1955 e originario della parrocchia di Vobarno, opera come fidei donum dal 2002.

“Siamo venuti qui per aprire una missione dopo il regime comunista per ricostruire la realtà cattolica dopo la repressione. Il lavoro è con pochi villaggi che hanno mantenuto l’identità cristiana, anche se molti non sono battezzati. In questi paesi più del 95% è di fede musulmana”.

Dopo anni di lavoro, dopo aver condiviso la missione in terra albanese con don Roberto Ferranti (2008-2017) e don Marco Domenighini (2002-2010), il presbitero valsabbino racconta la quotidianità: “Qui non si fa la missione con i fuochi d’artificio, ma si incontrano le persone per stare loro vicino, vicino alla loro povertà, nella pre-evangelizzazione. Questo è il primo passo. Poi puntiamo alla messa e agli incontri”. Conclude ricordando la vicinanza con la Diocesi di Brescia, confidando, perché no, nell’arrivo di un confratello chiamato anche lui alla missione.

Un lavoro condiviso dal 2006 anche con un gruppetto di suore lombarde dell’Istituto delle Suore Maestre di S. Dorotea. “La nostra presenza – spiega suor Chiara Pietta – è una presenza semplice tra la gente. Abbiamo incontrato a Suç don Gianfranco. Abbiamo vissuto a Burrel per 4 anni semplicemente in mezzo alla gente, visitando le famiglie ci siamo avvicinati ai diversi villaggi portando la nostra presenza con gesti più che parole per annunciare il lavoro del Padre”. Tra le attività promosse dalle Dorotee due doposcuola nei villaggi e a Burrel per i bambini. Suor Giuseppina Cappelletti visita le famiglie della periferia, aiutandole nello studio e facendo da legame con la scuola. “La missione è un lasciarsi incontrare” conclude suor Chiara. Un seme seminato dove la provvidenza ha fatto avvicinare anche due ragazzi albanesi di 19 e 17 anni, oggi animatori ed educatori, a fianco del prete bresciano da 15 anni, e anche volontari laici.

“Il lavoro grosso da fare – conclude don Cadenelli – è incontrare le persone e farle incontrare con Gesù. Le strutture non arrivano allo scopo pieno. Anche gli aiuti sono solo un segno. La sfida è l’incontro e l’incontrarsi nei piccoli gesti”.
MARCO MEAZZINI 30 ago 2017 18:33