Al centro del mistero di Cristo
Gesù è l’evento “fondativo” e “ricapitolativo” dell’esserci della comunità ecclesiale generata dalla sua morte e risurrezione. Un aiuto per rileggere la liturgia del Triduo Pasquale
La Chiesa celebra annualmente la liturgia del Triduo Pasquale per vivere cristianamente il cammino della salvezza illuminato dalla passione, morte e risurrezione di Gesù, lui che è l’evento “fondativo” e “ricapitolativo” dell’esserci della comunità ecclesiale generata dalla sua morte e risurrezione. All’interno del percorso celebrativo la liturgia ci fa entrare nella Pasqua rituale del Giovedì santo, nella Pasqua-passione del Venerdì e nella Pasqua-risurrezione della Grande Veglia; è nella sua dimensione rituale che il Triduo Pasquale si struttura nella logica dei tre giorni “da tramonto a tramonto” secondo la concezione ebraica. Così si parte dalla “Missa in Coena Domini” del Giovedì sera alla sepoltura (primo giorno), dal tramonto del Venerdì a quello del Sabato (secondo giorno), dalla Veglia Pasquale alla Domenica di Resurrezione (terzo giorno). A livello rituale soltanto nel Giovedì Santo c’è un rito di ingresso con il saluto del celebrante e soltanto alla conclusione della Veglia pasquale troviamo il rito di congedo con la benedizione finale: infatti la celebrazione del Giovedì Santo si conclude con la spogliazione dell’altare, il Venerdì si riprende con la prostrazione silenziosa e il Sabato Santo inizia con la benedizione del fuoco.
Il Giovedì Santo. Nella celebrazione del Giovedì Santo, “soglia” tra la Quaresima e il Triduo, si fa memoria della Pasqua rituale con l’istituzione dell’Eucarestia e con la lavanda dei piedi: nella liturgia della Parola viene presentata la tradizione rituale ebraica narrata nel libro dell’Esodo come memoriale, la tradizione rituale cristiana trasmessa da San Paolo e, al centro della cena pasquale, il movimento di Gesù che si abbassa per lavare i piedi ai suoi come gesto di carattere testamentario per generare una comunità dove regna il servizio e l’abbassamento. Così la cena eucaristica rivelerà il mistero e la verità della Croce.
Il Venerdì Santo. Nella celebrazione del Venerdì Santo lo sguardo è rivolto alla memoria dell’evento storico della passione e morte del Signore Gesù, la liturgia della Parola presenta il Quarto Canto del Servo del Signore narrato da Isaia come profezia del Cristo Crocifisso; il quarto Vangelo accentua alcune dimensioni della Beata Passione nella tensione tra umiliazione e glorificazione del Figlio che sulla croce si sacrifica e dà la vita. L’adorazione della croce e il gesto del bacio segnano il culmine della preghiera nella contemplazione del Cristo Crocifisso aprendo la possibilità all’incontro con Lui nella santa comunione perché dalle sue piaghe siamo stati guariti (Isaia 53,5).
Il Sabato Santo. Il Sabato Santo è il giorno del silenzio e dell’attesa e le parole cedono il posto allo smarrimento per la morte in croce e allo stupore dell’amore e della contemplazione dinanzi al mistero della redenzione; è il giorno del “sepolcro pieno” e del mistero della discesa agli inferi caro alla liturgia orientale in attesa di essere liberati dallo Sheol.
La Veglia Pasquale. Nella notte del Sabato Santo si entra nella Solenne Veglia Pasquale definita da Sant’Agostino la “Veglia Madre di tutte le Veglie”, il percorso celebrativo esprime in modo mirabile il senso della risurrezione di Cristo per la vita dell’uomo e del mondo. Come gli ebrei si riunivano intorno all’agnello pasquale per celebrare il Dio creatore e liberatore così la comunità cristiana si raduna attorno al fuoco, all’ambone della Parola, al fonte battesimale e alla mensa dell’altare per celebrare l’agnello immolato che è vittorioso sulla morte: il fuoco acceso, il cero pasquale innalzato tre volte e il canto dell’Exultet dicono la potenza della Luce che risplende nel mistero pasquale; l’annuncio della Pasqua lascia spazio alla Parola di Dio ripercorrendo le tappe della storia della salvezza e il passaggio alla nuova alleanza compiuta totalmente nel mistero Pasquale del Cristo crocifisso, sepolto e risorto. La Luce e la Parola diventano storicamente visibili nel dono dei sacramenti del battesimo, della cresima e poi dell’eucarestia: radunati attorno al fonte battesimali, i catecumeni ricevono la nuova vita e tutto il popolo dei battezzati fa memoria del proprio battesimo e della propria resurrezione; dal Fuoco, dalla Parola e dall’Acqua tutto si compie nella mensa eucaristica con il pane e il vino per ricapitolare nell’unità il mistero celebrato nel Triduo. L’acclamazione “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta” in risposta al grande mistero della nostra fede riafferma la centralità del kerigma e riconosce la comunità celebrante come parte integrante del mistero celebrato. “Con il Signore risorge – scrive Andrea Grillo – anche la sua Chiesa che raccoglie il Triduo tra l’Ultima Cena di Gesù e la prima Eucarestia con il Signore”.