Castegnato
di FRANCO FRANZONI (VICE PRESIDENTE DEL CENTRO DE GASPERI DI CASTEGNATO) 19 ago 2024 06:00De Gasperi, uomo lungimirante
Ricorrono quest’anno i 70 anni della scomparsa di Alcide De Gasperi, a cui tanto l’Italia deve. La sua vicenda umana è iniziata e terminata nelle valli del Trentino, una delle principali vie di transito tra nord e sud dell’Europa e tra mondo germanico e latino. Suddito dell’Impero austro ungarico, poi di un Regno che con Mussolini gli ha inflitto un’umiliante pena detentiva e cittadino, in ultimo, di questa nostra Repubblica, che egli ha costruito e amato. Nato nel 1881 a Pieve Tesino, si era formato come Adenauer e Schuman negli anni a cavallo della prima guerra mondiale. Perse una patria – l’Impero austro ungarico dove fu per dieci anni parlamentare della minoranza italiana a Vienna – per ricostruirne un’altra. È stato deputato in tre parlamenti diversi, sempre al servizio di una democrazia che desiderava legata ai valori dell’umanesimo laico e cristiano. Ha costruito la nuova Italia tenendo conto dei due assi principali della storia europea: uno quello latino germanico, l’altro quello franco tedesco. Gli toccò in sorte di parlare alla Conferenza di pace di Parigi a nome di una nazione sconfitta militarmente e moralmente. Si scrollò di dosso una Monarchia che non era stata all’altezza della storia e lo fece con grande coraggio politico, fondando il più grande partito di ispirazione cristiana dell’Occidente. Guidò il passaggio alla nuova fase repubblicana e, dopo le decisive elezioni del 1948, segnò con i suoi governi la rinascita del Paese. Oggi è assodato riconoscergli l’onore di Padre della Repubblica.
In pochi anni mutò l’immagine dell’Italia, facendola diventare un grande paese occidentale e cambiando radicalmente il quadro di riferimento delle alleanze internazionali. Si adoperò perché l’unità politica dell’Europa non fosse improvvisata immaginandola fondata essenzialmente su tre assi: pace, sicurezza e lavoro. Ancora negli ultimi giorni della sua vita terrena confidava di vedere la nascita della Ced, la Comunità europea di difesa, che invece il parlamento francese bloccò. Sapeva che la ricchezza da sola non avrebbe mai potuto essere il collante di una grande comunità politica. “Se noi costruiremo – disse nel 1951 – soltanto amministrazioni comuni, senza una volontà politica superiore vivificata da un organismo centrale, nel quale le volontà nazionali si incontrino (…) rischieremo che questa attività europea appaia, al confronto della vitalità nazionale particolare, senza calore, senza vita ideale: potrebbe anche apparire ad un certo momento una sovrastruttura superflua e forse anche oppressiva”. Parole profetiche.
De Gasperi era anche portatore di un messaggio più profondo, quello che implicava il riconoscimento del dovere morale come perno della convivenza umana. Per questo, dichiarandosi un “vecchio combattente del movimento sociale e politico dei cattolici”, rivolgeva l’invito ai credenti a non estraniarsi dalla vita politica, dando forza alla democrazia e alle libere espressioni. Di fronte ai problemi attuali, difficili ma non certo più di quelli che De Gasperi dovette affrontare nel suo tempo, abbiamo il dovere di guardare al suo insegnamento e al suo coraggio per trarre indicazioni e ispirazioni, recuperando quello “spirito degasperiano” che non si accontenta di osservare i problemi ma si sforza, al contrario, di individuare le possibilità che si aprono dentro i vincoli che la storia impone. Su una parete del Museo di Pieve Tesino, realizzato nella casa natale, sono riportate alcune frasi dello statista che ci ricordano come in democrazia siamo tutti legati e, dunque, tutti corresponsabili della cosa pubblica. L’attualità di De Gasperi sta forse in questo esempio di massima dedizione al bene comune, elemento centrale nella sua formazione di cattolico e popolare. Nella bella biografia su De Gasperi, Piero Craveri conclude scrivendo: “Ancor oggi ciò che di stabile e sicuro l’Italia può contare nel campo della politica, delle istituzioni e dei legami internazionali, le idee stesse che reggono, o dovrebbero reggere, la nostra convivenza civile, il progresso e l’unità della nazione, risalgono innanzitutto alla sua epoca e all’opera che egli vi svolse”.