11 giorni: viaggio dentro il carcere
Un film che è anche una mostra fotografica e una web-serie sulla vita all’interno del carcere Nerio Fischione, il più sovraffollato d’Italia. È frutto di di un progetto del regista Nicola Zambelli realizzato insieme a un gruppo di detenuti nel corso di un anno. Un “viaggio, lungo e faticoso” che si intitola “11 giorni” offrirà lo spunto per alcune riflessioni in almeno due primi incontri pubblici: l’8 aprile alle 20 quando al Lumi Bar di via Porta Pile 19/h sarà inaugurata l’esposizione degli scatti “D.entro” e il giorno successivo, 9 aprile alle 21, al cinema Nuovo Eden con la proiezione del documentario in cui un gruppo di uomini racconta il suo percorso di giustizia riparativa. Una serata in cui interverranno, insieme al regista, anche il presidente del Consiglio comunale, Roberto Rossini, Francesco Zambelli presidente dell’associazione InPrimis, la garante delle persone private della libertà personale, Luisa Ravagnani, e il presidente dell’associazione Carcere e Territorio, Carlo Alberto Romano.
Sarà presentato anche il videoclip “CM300” realizzato nel centro diurno “L’Ancora” interno al Fischione, con la Cooperativa di Bessimo, di Andrea Bul e Alessia Pizzocolo, corto che ha vinto un premio allo Shizzle Short Film Festival di Vienna. Il docu-film “11 giorni” è strutturato in modo tale da diventare anche una serie da guardare sui social media, per avvicinare di più i giovani: sono 33 video di un minuto ciascuno in cui i detenuti si raccontano, parlano dei loro pensieri, delle loro aspettative, della loro vita in poche ma significative parole. Frasi che si possono anche leggere sulla pagina Instagram già attiva “11 giorni”. Istantanee che ben descrivono le condizioni all’interno del Fischione come: “Se abbiamo qualcosa quello è un centimetro. E’ tutto ciò che ci rimane della nostra umanità, del nostro io. Dobbiamo lottare continuamente per quel centimetro affinché l’ultima parte di noi sopravviva”. Altri parlano di chi si è tolto la vita, altri di cosa sperano di trovare una volta fuori da quelle mura, altri ancora descrivono i loro compagni di cella come “ombre”. Condizioni di sovraffollamento “conosciute da tutti e da tempo – afferma il cappellano, don Stefano Fontana – anche se ultimamente sento una sorta di speranza di cambiamento, in positivo, nelle istituzioni. Prova ne è, ad esempio, l’arrivo di tre nuovi educatori. Piccoli, ma significativi segnali”.