Una terra col volontariato nel cuore
Di ritorno a Brescia dopo l’esperienza tra il 2006 e il 2010, il Prefetto “racconta” il territorio
“Sono arrivato a Brescia nei primi mesi del 2006 e sono partito nei primi mesi del 2010 quando la città stava iniziando a confrontarsi con le prime conseguenze della crisi scoppiata nel 2008. Lasciavo una città ancora molto florida che cominciava a mostrare i primi segni di preoccupazione. Al mio ritorno ho trovato una città che ha saputo risollevare il capo grazie a un contesto che da sempre si fa forte della propria intraprendenza. Ciò che mi ha maggiormente colpito, però, è stato constatare come la città e la provincia abbiamo supportato anche dal punto di vista sociale la crisi. Questo è stato possibile perché questa terra ha un sistema di volontariato veramente formidabile”.
È con questa lettura del contesto locale che si apre l’intervista al nuovo Prefetto Attilio Visconti, a poche settimane dal suo arrivo a Brescia.
È grazie anche alla sua propensione al volontariato che Brescia ha saputo gestire meglio di altre realtà il fenomeno migratorio. Oggi sono proprio i tanti volontari che lei citava ad interrogarsi, sulla scorta delle norme in vigore, sul futuro dei richiedenti asilo presenti nella strutture del territorio…
Come ogni Prefettura del Paese, anche quella di Brescia è stata ed è in prima linea nella gestione di queste presenze. Abbiamo gestito la fase più critica ricorrendo all’interlocuzione e alla collaborazione con il mondo dell’associazionismo, con gli enti locali. Con il tempo siamo riusciti a creare una vera e propria rete dell’accoglienza. Oggi, con gli arrivi pressoché cessati, stiamo lavorando per migliorare la qualità dell’accoglienza sul territorio. Il Prefetto e la Prefettura, in quanto rappresentanti del governo, devono lavorare nel rispetto e nell’applicazione delle scelte che l’esecutivo ha operato, così come è sempre avvenuto in passato. Per questo abbiamo messo mano a nuovi bandi che recepissero le indicazioni del governo. Devo dire che anche su questo aspetto le risposte del territorio sono state corrette.
Il tema della sicurezza, al pari di quello dell’immigrazione, anche a Brescia come nel resto del Paese, è di quelli divisivi. La Prefettura è l’istituzione che meglio di altre ha il polso della situazione, è la realtà deputata a dire una parola di certezza su questo aspetto…
Almeno una volta la settimana presiedo il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, momento di confronto con il Questore e i rappresentanti di tutte le altre istituzioni che hanno titolarità e competenza sul tema. Devo dire che ad oggi non ho riscontrato particolari criticità sul tema della tenuta della sicurezza. L’andamento dei reati è in diminuzione a Brescia come nel resto del Paese. Diverso è il discorso se si sposta l’attenzione al tema della sicurezza percepita dai cittadini. Oggi la vera emergenza realmente sentita dai cittadini è quella ambientale. L’ambiente è parte integrante del più ampio tema della sicurezza. C’è infatti la security, intesa come ordine e sicurezza pubblica, e la safety, che tiene insieme ambiente e protezione civile. Da questo punto di vista anche a Brescia stiamo assistendo a un passaggio epocale: la gente comincia a essere più preoccupata dai crimini contro l’ambiente e si mobilita per una rinnovata attenzione verso quest’ultimo.
Come sta il territorio bresciano da questo punto di vista?
Quella bresciana è una realtà ambientale per tanti versi compromessa, come del resto lo è gran parte del territorio italiano. Rigetto però l’immagine di chi vuole accreditare Brescia come la nuova terra dei fuochi. Parlare di terra dei fuochi significa fare riferimento a realtà in cui il degrado ambientale va di pari passo con un’inerzia della società e del sistema a reagire in modo adeguato, costruttivo e propositivo. Brescia, al contrario, è una terra inquinata certo, ma che a tutti i livelli si interrogando e si sta muovendo per individuare le modalità per imprimere una svolta positiva al tema ambientale.
I disastri che ha ogni evento meteorologico un po’ più forte del normale, però, sembrano dire che è forse sul piano della prevenzione e della messa in sicurezza dei territori che Brescia deve ancora fare dei passi in avanti…
Brescia ha lo stesso grado di criticità ambientale di tante altre realtà. Certo non giocano a favore della prevenzione la grande estensione territoriale e la varietà orografica della provincia. Esiste però anche una Protezione civile che per le sue capacità non oso a classificare tra le prime in Italia, un vero e proprio fiore all’occhiello del Bresciano. Bisogna continuare a lavorare, come stiamo facendo, con la definizione di piani per avere una organizzazione territoriale di prevenzione pronta e specifica. C’è poi il tema delle risorse finanziare necessarie per mettere in sicurezza il territorio, ma questo non è un capitolo che compete al Prefetto.
Sin da subito lei ha dichiarato di volere incontrare tutti i sindaci del Bresciano, una classe dirigente che, salvo rarissimi casi, gode di buona fama. Conferma questa impressione?
Sicuramente sì. In queste prime settimane ho già avuto modo di incontrare, singolarmente o in gruppo, tanti sindaci del territorio e devo confermare che si tratta di persone che, nonostante le difficoltà del tempo corrente, cercano di svolgere al meglio il loro ruolo e di mettere in atto quelle azioni rassicuranti nei confronti dei loro cittadini. Ho avvertito e ho massimo rispetto per questi sforzi e per quelle che sono le competenze del Prefetto, cerco di garantire loro il massimo dell’appoggio.
Il 26 maggio prossimo 147 Comuni bresciani sono chiamati al voto amministrativo, ma il numero dei candidati sindaci in corsa è ai minimi storici. È preoccupato per questa disaffezione?
Certo, ma lo sono da cittadino prima ancora che da Prefetto. Sino a non molti anni fa le campagne elettorali erano ricche di persone che si mettevano in gioco, disponibili a spendersi per le proprie comunità, che accettavano le regole del confronto democratico. Occorre tornare a progettare un futuro in cui le elezioni amministrative tornino a essere un momento partecipativo e non di abbandono.
Un’ultima domanda. Il suo arrivo è coinciso con il ritorno del Brescia in serie A. In questo momento avverte più la soddisfazione per i risultati raggiunti o la preoccupazione per il carico di lavoro che, in tema di sicurezza e ordine pubblico, il campionato delle Rondinelle nella massima serie porterà con sé?
C’è innanzitutto una grande soddisfazione. Quando lasciai Brescia nel gennaio del 2010 non riuscii a vivere le glorie calcistiche della squadra che quell’anno avrebbe poi conquistato la promozione. Per quattro anni avevo atteso un risultato che sarebbe arrivato solo dopo la mia partenza. Ho accettato con grande slancio l’invito che mi ha rivolto il sindaco Del Bono di aiutarlo nella definizione e nell’attuazione di quel percorso che consenta di ospitare a Mompiano, dal 18 agosto prossimo, le partite di campionato. Mi sono speso con il presidente Cellino per arrivare a una rapida soluzione. Da parte mia, anche nel corso di un sopralluogo al Rigamonti, ho segnalato alcune priorità in tema di sicurezza, come la realizzazione della sala Gos, uno spazio in cui le forze di polizia, la società sportiva e il Coni si possono riunire in caso di eventi che possono destare preoccupazione per l’ordine e la sicurezza pubblica o per l’incolumità di spettatori e giocatori, e un sistema di videosorveglianza molto più performante di quello attualmente in funzione allo stadio. Si tratta di misure facilmente realizzabili per garantire alla città di godere dello spettacolo della serie A.