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Brescia
di ROMANO GUATTA CALDINI 26 apr 2022 07:35

Unibs: i suoi primi 40 anni

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L'ateneo cittadino festeggia oggi, con l'inaugurazione dell'anno accademico a cui prenderanno parte anche la Commissaria europea per l'Innovazione, la Ricerca, la Cultura, l'Istruzione e la Gioventù, Mariya Gabriel, e il Ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, l'importante anniversario. Intervista al rettore Maurizio Tira

Con 28 corsi di laurea triennale, 24 di magistrale e magistrale a ciclo unico, 10 corsi di dottorato e 41 scuole di specializzazione, l’Università degli Studi di Brescia taglia un importante traguardo, 40 anni di presenza capillare sul territorio. Il quarantennale viene celebrato oggi, in occasione dell’apertura dell’Anno accademico a cui, con il rettore, prendono parte la Commissaria europea per l'Innovazione, la Ricerca, la Cultura, l'Istruzione e la Gioventù, Mariya Gabriel, e il Ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa.

L’evento sarà preceduto, alle 13.00, dall’incontro con i Rettori delle Università Italiane riuniti nell’ateneo bresciano per l’assemblea mensile della CRUI - presieduta dal Rettore Ferruccio Resta – a cui saranno eccezionalmente presenti la Commissaria Gabriel e il Ministro Messa In questa intervista il rettore Maurizio Tira traccia un bilancio di quanto realizzato in questi anni, fotografa una realtà in crescita e delinea le sfide che si appresta ad affrontare l’Ateneo.

Qual è il bilancio di questi 40 anni?

In questi decenni l’Università è cresciuta. È un dato incontrovertibile. C’è stato uno sviluppo costante in termini di attività di ricerca, di personale come di studenti. Nell’ultimo quinquennio la popolazione studentesca ha superato le 16mila unità, questo grazie anche all’attivazione dei nuovi corsi di laurea che hanno diversificato l’offerta didattica. Alle tre facoltà iniziali, Medicina, Ingegneria ed Economia, 25 anni addietro si è aggiunta Giurisprudenza, mentre tre anni fa abbiamo attivato Agraria e Farmacia, oltre a una serie di corsi di laurea all’interno delle aree già presenti. La crescita è stata anche qualitativa. Quest’anno siamo stati classificati come 10ª università in Italia e 5ª fra quelle con meno di 50 anni. A livello mondiale, secondo il “Times higher education”, ci attestiamo al 68° posto. A tutto ciò si aggiunge l’aumento dei servizi offerti. Negli scorsi giorni è stata inaugurata la nuova mensa cittadina per gli studenti. Sempre nel centro storico abbiamo avviato importanti progetti di sviluppo. Stiamo recuperando un edificio nella zona di San Faustino, in via Porta Pile, nel campus nord. Grazie ai bandi per l’edilizia universitaria abbiamo potuto dare avvio ad alcuni progetti del valore di circa 40 milioni di euro.

L’Ateneo spicca nel campo della ricerca. Ci sono progetti di cui è particolarmente orgoglioso?

Non posso dimenticare le progettualità legate al Pnrr. Siamo già componenti di due Centri nazionali, quello sulla mobilità sostenibile e quello dedicato ai farmaci rna. Siamo una delle 25 università partner di questi due consorzi. Attendiamo a giorni l’esito del progetto sugli ecosistemi dell’innovazione realizzato nella Lombardia Orientale, congiuntamente all’Università di Bergamo. Parliamo di trasferimento tecnologico per le piccole e medie imprese propedeutico alla digitalizzazione delle imprese. A metà maggio, inoltre, parteciperemo almeno a 4 bandi di partenariato, sempre legati all’ambito universitario del Pnrr. Le attività di ricerca realizzate in questi anni sono state numerosissime, identificarne alcune sarebbe riduttivo. Sicuramente nei due anni di pandemia l’area medica ha aumentato in maniera più che significativa le attività di ricerca legate al Covid.

In occasione degli Open day, in calendario il 5, 6 e 7 maggio, è previsto un momento di riflessione circa i temi della pace e dei diritti umani...

È un aspetto che considero fondamentale sin dall’inizio del mio mandato. Sono convinto che gli studenti e le studentesse devono trovare nell’università un luogo che non sia soltanto formativo. La crescita civica è una componente imprescindibile. Il coinvolgimento relativo alle dinamiche locali e mondiali è un’attenzione costante, soprattutto se pensiamo a ciò che debba essere parte integrante del bagaglio culturale degli studenti. In questo momento storico siamo chiamati a impegnarci nell’accoglienza. Sono state erogate sei borse di studio per studenti e studentesse provenienti dall’Ucraina, oltre a quattro contratti di “visiting professor”. Altre iniziative verranno deliberate nel corso del prossimo Senato Accademico. Abbiamo raddoppiato il nostro sforzo di educazione alla pace che deve trovare nuova linfa anche e soprattutto nei giovani. Solo due anni fa abbiamo fondato un Centro di ricerca, l’University for peace, che ha dato vita a un corso di laurea interateneo, con l’Università degli studi di Pisa, in Scienze della pace.

Qual è il suo giudizio circa la riforma dell’Università per i corsi a numero chiuso, se pensiamo anche e soprattutto a medicina?

Durante la pandemia è stato reso abilitante il Corso di laurea in medicina. È stato un fattore importante che ha consentito di velocizzare il passaggio dalla laurea alla carriera. Questo è il terzo anno che assistiamo a un notevole incremento del numero di borse di studio per le scuole di specializzazione medica. I posti, del resto, sono in crescita, con un aumento che si attesta a livello nazionale a circa il 60%. È un trend che vede coinvolta ovviamente anche Brescia. Attendiamo la riforma del test di ingresso a Medicina. È una misura importante. Il test non deve cogliere esclusivamente la preparazione, ma anche le attitudini vocazionali degli studenti. L’altra sfida è rappresentata dalla modifica del numero programmato, ma molto dipende dalle risorse umane in termini di docenza a fronte dell’aumento della popolazione studentesca. Se attualmente siamo a quota 240 studenti, in futuro, sicuramente, la platea per Medicina e le professioni sanitarie in generale andrà ampliandosi.

Quali sono i prossimi obiettivi?

In termini immobiliari abbiamo avviato un grande progetto di sviluppo nel campus nord che prevede 30mila metri quadrati di superficie per aule e laboratori. L’arco temporale di realizzazione si staglia sul prossimo ventennio. Presenteremo al bando ministeriale per l’edilizia quattro progetti di espansione per l’area medica, ingegneristica e agraria. Un altro bando ministeriale riguarderà l’aumento del numero di residenze universitarie. Gli attuali posti letto sono circa 400. Abbiamo calcolato che per coprire la richiesta ne dovranno essere realizzati altri 100. Proprio per questo stiamo concretizzando l’acquisto di un immobile, sempre nella zona nord, che avrà tale destinazione. Inoltre continueremo a diversificare l’offerta didattica. Viviamo e siamo radicati in un territorio molto esteso, importante sotto molti punti di vista, ma registriamo un tasso di formazione superiore molto basso, soprattutto se guardiamo alla fascia di laureati che va dai 25 ai 39 anni. È nostro dovere aumentare l’attrattività dell’università per incrementare il numero di laureati, a fronte di una complessità del mondo del lavoro che obbliga ad acquisire una laurea almeno triennale. Non posso non citare, infine, le attività di ricerca. Il Pnrr è una grande occasione, stiamo partecipando a diversi bandi. Fra le diverse progettualità figura lo studio finalizzato allo sviluppo dell’interfaccia fra le tecnologie ingegneristiche e le scienze mediche. La sanità richiede ospedali sempre più tecnologicamente avanzati. Al contempo c’è la cura sul territorio, praticabile anche attraverso la telemedicina. Su questo filone, legato al Covid, abbiamo ricevuto un finanziamento di Regione Lombardia.

La vocazione universitaria di Brescia ha fatto dei passi avanti?

L’Università degli studi di Brescia compie 40 anni, ma il livello di consapevolezza dei bresciani circa la possibilità di avere una simile realtà sul territorio è ancora basso. 40 anni, se ad esempio ci confrontiamo con Bologna, sembrano pochi, ma in realtà non lo sono. Abbiamo recentemente rifondato la Fondazione Eulo che ha dato origine all’Università statale a Brescia. Anche attraverso questa realtà è nostra intenzione diffondere la conoscenza dell’offerta didattica. Lo stesso avviene con l’Associazione UniBs Alumni, anch’essa rifondata, che ha lo scopo di raggruppare attorno a sé i 54mila laureati di questi 40 anni. Spero che aderiscano in molti. Del resto c’è ancora bisogno di fare capire alla città che la cultura è fondamentale, speriamo che “Brescia e Bergamo capitali italiane della cultura 2023” possa dare nuovi impulsi in questo senso, così come è essenziale la formazione dei giovani per affrontare le sfide del futuro. Lo dicono le statistiche: una città universitaria porta a ricadute positive su tutto il tessuto, sia esso sociale, produttivo e in termini di crescita personale. Sono stati fatti dei passi avanti, ma sussistono ampi margini di manovra.

ROMANO GUATTA CALDINI 26 apr 2022 07:35