Un premio alla normalità del bene
Purtroppo non potrà essere in palazzo Loggia per ricevere dalle mani del sindaco Del Bono il Premio Bulloni. Mariella Mentasti, destinataria del riconoscimento che prende il nome dal primo Prefetto della città dopo la liberazione dal fascismo, è infatti una dei tanti bresciani che in queste settimane sono ancora alle prese con gli effetti del Covid. Sta curandosi tra le quattro pareti domestiche e tutto sommato questa reclusione forzata le consente di evitare una ribalta pubblica che, racconta, “non è nella mia indole”. Il dispiacere più grande è per tutte quelle persone e realtà che l’hanno proposta all’attenzione della commissione chiamata a valutare le tante espressioni di una città che è ancora intimamente “buona”.
Difficile riassumere le molteplici ragioni che hanno spinto tanti a proporre Mariella Mentasti per il Bulloni. Nella sua biografia l’attenzione al prossimo sembra essere il filo rosso che tiene insieme la dimensione professionale e quella personale, dedicata al volontariato.
Forse per giustificare la scelta della commissione presieduta dal Sindaco bastano le prime righe della lettera che accompagna il lungo elenco di sottoscrittori della sua candidatura. “Mariella Mentasti è il classico esempio di una persona che vive l’ordinarietà del quotidiano in modo straordinario. Mariella, nel suo privato così come nella vita professionale, si è sempre spesa nella relazione d’aiuto nei confronti soprattutto delle persone fragili, promuovendo l’importanza dell’accoglienza, dell’ascolto attivo e dell’accompagnamento”.
La premiata spera, al di là della naturale ritrosia alle ribalte mediatiche, che riconoscere tutto questo con un premio come il Bulloni possa servire a indicare la strada per una normalità fatta di relazioni e che non chiede gesti eclatanti se non quello di avere sempre come punto di riferimento la dignità della persona. Mariella Mentasti, con il suo impegno portato avanti nel silenzio, nella gratuità, dedicando tempo e attenzione a tutti, al di fuori degli schemi, delle logiche economiche e di produttività, è il profilo tipico del volontario bresciano, del tutto simile, almeno nei tratti generali, a quello di tanti altri che, prima di lei, sono stati premiati dalla città.“La mia – afferma Mariella Mentasti – è un’esperienza ordinaria. Interessarsi degli altri, alla loro salute, al loro benessere, ascoltarli, cercare di andare al di là del semplice racconto, è sempre stata per me una cosa normale”.
“Quello che ho sempre cercato di tenere presente – continua Mariella Mentasti – è di considerare i destinatari di progetti e interventi non come i bisognosi a cui tendere la mano, ma persone con cui instaurare un rapporto di reciprocità. Solo in questo modo l’attenzione diventa arricchimento sia per chi la riceve sia per chi la dà”. Lo ha sperimentato in tanti anni di impegno, a partire da quello con la cooperativa “La Rete” con i senza dimora. a quello con le persone affette da disturbi mentali. Un impegno illuminato dal pensiero dello psicologo austriaco Viktor Emil Frankl, che per lei è diventato una sorta di mantra: “Ho trascorso la mia vita ad aiutare gli altri a cercare un senso della loro vita – scriveva lo psicologo – e in questo senso ho trovato il senso della mia vita”.
Nonostante l’impegno generoso di tanti, Mariella Mentasti vede in Brescia anche sacche di indifferenza nei confronti di chi è in difficoltà. Conta molto però sulle giovani generazioni che incontra nei laboratori di scrittura. “Hanno molto da dire e da dare – afferma – nonostante di loro si parli poco e male”.