Un nuovo umanesimo
Nelle riflessioni del presidente Pierangelo Milesi, il senso del cammino delle Acli bresciane verso la celebrazione del XXVI Congresso provinciale, spostato al 18 e 19 aprile prossimi
L’azione delle Acli è ispirata ad un pensiero, che affonda le radici nel messaggio evangelico e nel magistero sociale della Chiesa, abbracciando la visione del personalismo comunitario. Le Acli del 2020, convocate nel XXVI Congresso provinciale, rinnovano questo pensiero e lo traducono in progetti di azione sociale e servizi, finalizzati a rendere la società più eguale. È per le Acli l’esigenza e l’urgenza di un nuovo umanesimo, fondata sulla centralità dell’uomo “immagine di Dio” e sulla conseguente dignità inalienabile della persona umana, libera e responsabile. È l’idea che papa Francesco ha consegnato alla Chiesa italiana al Convegno di Firenze nel 2015: “Gesù è il nostro umanesimo... Il volto di Gesù è simile a quello di tanti nostri fratelli umiliati, resi schiavi, svuotati. Dio ha assunto il loro volto. E quel volto ci guarda”.
Disuguaglianze. L’Umanesimo è tornato attuale perché si è riaperto, in maniera drammatica e in forme del tutto nuove, il problema della condizione umana. Le disuguaglianze che riscontriamo nel mondo e nelle trame delle storie personali e comunitarie, sono un riflesso della disumanizzazione dei rapporti umani che caratterizza la nostra epoca. L’umanesimo è anche età di crisi, in cui il pensiero si fa cosciente della fine di un Ordine e del compito di definirne un altro. Parlare di nuovo umanesimo significa essere coscienti del cambiamento d’epoca in cui ci troviamo e della conseguente esigenza di cercare soluzioni ai problemi, non di semplice difesa e conservazione, ma di largo respiro e di responsabile condivisione.
Persone. In questi mesi di Congresso sul territorio provinciale abbiamo incontrato molte persone, parlato e ascoltato, riletto insieme il contesto globale e locale. Le sempre più accentuate e multiformi disuguaglianze rappresentano lo sfondo sul quale si collocano più specifiche linee di frattura, che rappresentano altrettante prospettive sulle quali intendiamo concentrare la nostra attenzione per il futuro. In particolare, pensiamo che ci siano almeno quattro strappi da ricucire attraverso la riflessione e l’azione diretta: lavoro e sapere, periferia e comunità, politica e democrazia, economia e ambiente. Si tratta di quattro grandi contraddizioni, quattro ambiti della vita sociale ed economica le cui logiche stridono con l’ecologia integrale, che ci viene offerta come paradigma antropologico e politico nella Laudato si’.
Fratture. Dentro queste fratture c’è in gioco la ricerca di un nuovo equilibrio per la nostra identità di italiani ed europei. L’inverno demografico, l’aumento della povertà, la perdita del lavoro, il dilagare della corruzione, la crisi delle famiglie, rappresentano fenomeni che frantumano la nostra società, creando disuguaglianza strutturale. La sfida è recuperare, per il futuro delle prossime generazioni, una visione europea umanista e sostenibile, investendo sullo sviluppo umano per un nuovo umanesimo.
Comunità. Se da un lato la comunità internazionale ha raggiunto il consenso su una serie di obiettivi di sviluppo sostenibile che coinvolgono governi, opinione pubblica e imprese a livello globale, dall’altro le politiche di cooperazione, basate sul bene comune, la solidarietà e la “conversione ecologica”, si scontrano con individualismi e indifferenze. Per una società più eguale, occorre perciò liberare la cultura, riflettendo sulle nostre responsabilità e sulla nostra comune interdipendenza, superando gli egoismi e le arroganze, aprendo le menti, coltivando le virtù civiche. San Paolo VI insegnava che l’analisi della situazione sociale e l’identificazione degli impegni da assumere per trasformarla sono un compito che spetta alle comunità nel loro insieme e nelle loro articolazioni, sotto la guida dello Spirito (Octogesima adveniens, n. 4). Oggi possiamo dire che esse richiedono un metodo sinodale: si tratta di costruire relazioni, fatte di parole e di gesti, darsi un obiettivo comune e cercare di raggiungerlo. È la dinamica del dialogo, in cui ciascun attore della comunità prende parola con libertà, ma anche ascolta ed è disponibile a imparare e a cambiare. Occorre dunque la Politica, che è servizio del bene comune. Per ripensare l’economia e il mercato con una diversa visione della natura umana. Occorre anche la Speranza, che per noi parte dalle periferie, dalle classi più povere ed emarginate: saranno loro a fornirci le coordinate del nostro futuro.