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Brescia
di REDAZIONE 03 ago 2018 13:00

Tre verbi da coniugare

Don Antonio Polana, chiamato a coordinare l’unità pastorale card. Bevilacqua (Sant’Anna, Sant’Antonio e San Giacomo), si racconta

Don Antonio, cosa ha imparato in questi anni di ministero?

Un sacco di cose che sarebbe complicato elencare tutte, ma che saltano fuori spesso negli aneddoti catechistici od omiletici. A Molinetto ho imparato la preziosità dei laici nella formazione pastorale di un sacerdote. Non fosse stato per la loro vicinanza, collaborazione e pazienza nei miei confronti, sarebbe stato ben più difficile inserirsi e “fare”. Molti di loro invece si sono presi cura di me e, con una genitoriale discrezione, mi hanno aiutato a muovere i primi passi. A Cellatica ho imparato la fatica di tanti nel continuare, nonostante qualcuno ti metta i bastoni tra le ruote. Nelle parrocchie della Valle di Vestino ho apprezzato la fede semplice degli anziani. Gente che affrontava la vita, le sue gioie e difficoltà alla luce della Parola di Dio. Le loro espressioni “dicevano i nostri vecchi”, oppure “il detto dice”: in realtà erano tutte frasi del vangelo. In Venezuela ho appreso il valore prezioso della povertà. Quella vera. I poveri veri, non solo non chiedono, ma quando vuoi aiutarli ti diranno sempre e sinceramente “la ringrazio, ma guardi che ci sono altri che hanno più bisogno di me”. I carcerati mi hanno insegnato a far tesoro di tutto per realizzare tutto. A Nigoline la corresponsabilità dei laici nell’assumere in proprio impegni che spesso un prete assolve, ma che non sono propriamente suoi. Tutto questo, naturalmente, ha nomi e cognomi. Ed è solo a mo’ di esempio.

Quali sono le attenzioni pastorali sulle quali vuole insistere?

Penso sia una domanda difficile. Sarebbe come dire di preparare una lezione senza sapere a chi ci si rivolge. Come faccio a sapere su cosa insistere se non so cosa c’è, cosa ha bisogno di essere fortificato o sostenuto o messo in pausa? Penso che non serva aver progetti precostituiti da portare avanti senza conoscere la realtà. L’America Latina ha preso già da Medellin (nel 1968, partecipò anche Paolo VI) il metodo “ver-juzgar-actuar”: vedere cosa c’è, valutare alla luce della Parola di Dio e dell’insegnamento della Chiesa la realtà, il tanto di bene e il poco di male, cosa manca, cosa va implementato o convertito. E poi, ma poi, darsi da fare per realizzarlo insieme agli altri.

Quali saranno i suoi primi passi?

Primo passo: arrivare. Secondo: vedere. Al Cum ci hanno insegnato che, in missione, prima di darsi da fare, è meglio passare almeno un anno a guardarsi in giro per conoscere. Poi si potrà cominciare a fare. L’unità pastorale padre Bevilacqua è già istituita, va già avanti. Cercherò di inserirmi in quel che c’è.

C’è qualcosa dell’esperienza missionaria maturata in Venezuela che si può riproporre anche nell’unità pastorale Bevilacqua?

Anche questa è difficile. Come si fa a sapere? Intanto, pur essendo la Chiesa “una” è però vero che è composta da tante membra. E quello che si fa in un posto non è detto che valga anche per l’altro, come è logico che un guanto non va bene per l’occhio e gli occhiali non sono per la bocca. È altrettanto vero anche che tutte le membra si aiutano a vicenda e devono far tesoro le une delle qualità, dei difetti e delle possibilità delle altre. Ma perché sono “loro” e non mie.

Cosa è stato determinante nella sua scelta vocazionale?

Tutto e tutti coloro che Dio mi ha messo accanto fin dal primo momento in cui venni concepito. Allora non capivo niente, ma in realtà respiravo un clima che, crescendo si contesta, ma che alla fine è quello che ti resta. Proprio perché ti è entrato nella vita e fin dal principio.

C’è un versetto del Vangelo o della Bibbia che l’ha accompagnata?

Quello che ho messo sull’immagine della Prima Messa e che è stato quello che mi ha rivelato come Dio non poteva scegliere che me. Viene dalla prima lettera ai Corinti (1,27-29): “Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto, debole, ignobile perché nessuno possa vantarsi davanti a Dio”. E spesso devo riconoscere che “grazie a Dio” qualcosa di buono è avvenuto.

C’è un Santo al quale fa riferimento?

Al di là della Madonna, i Santi di cui porto il nome: Antonio e Agostino. Dottori della Chiesa. Soprattutto quando c’è da preparare l’omelia o la catechesi: leggi, pensi, cerchi, ecc., e alla fine arrivi che non sai cosa Dio vuol dire a te e alla sua gente. E allora il ricorso ai miei Santi, che su questo ci sapevano fare. “Se non mi aiutate voi, finisco per fare disastri”. E aiutano. Che patroni sarebbero, sennò?

REDAZIONE 03 ago 2018 13:00