Teatro romano: idee internazionali per il futuro
Si è tenuto ieri un convegno promosso da Fondazione Brescia Musei per ipotizzare come valorizzare lo spazio teatrale e Palazzo Maggi Gambara
Si è tenuto ieri, presso l’Auditorium del Museo di Santa Giulia, il convegno promosso dalla Fondazione Brescia Musei sul futuro del Teatro Romano di Brescia. Si è trattato di un confronto aperto alla cittadinanza che, con la guida di Pierre Alain Croset, professore ordinario di Composizione Architettonica Urbana del Politecnico di Milano, a Brescia in veste di chair del convegno, ha aperto il dibattito a rappresentanti di istituzioni che a diverso titolo hanno già avuto modo di confrontarsi sul tema dell’utilizzo di questi edifici antichi e degli approntamenti allestitivi necessari alla fruizione.
Ad aprire la giornata è stata la presidente di Fondazione Brescia Musei, Francesca Bazoli, che ha ricordato come l’idea del convegno sia nata nell’ambito dell’adempimento del compito istituzionale affidato dal Comune alla Fondazione di custodia, gestione e valorizzazione del patrimonio museale cittadino, per discutere a livello scientifico tra esperti della materia se e come possa essere restaurato e rifunzionalizzato il teatro. Dopo aver evidenziato come il progetto, di prossima realizzazione, del corridoio Unesco, che unisce senza soluzione di continuità il parco archeologico di Brixia Romana al viridarium del museo di Santa Giulia, contribuisca a sottolineare la localizzazione strategica dello spazio del teatro, ha espresso il sogno che si possa intraprendere un percorso di una sua piena rifunzionalizzazione, per accogliere una stagione estiva di spettacoli, strumentale alla valorizzazione del teatro stesso e di tutta l’area archeologica e monumentale che risulterebbe in tal modo ulteriormente rivitalizzata e connessa con la vita della città. A fianco del teatro romano la presidente sottolinea come in questo processo non possa essere escluso Palazzo Maggi Gambara, che potrebbe svolgere il duplice ruolo, coerente con la sua posizione, di entry point a tutta l’area museale archeologica e museale con biglietteria, infopoint, book shop e caffetteria e di servizio al teatro, con foyer e spazi funzionali alle attività teatrali.
La vicesindaco ed assessore alla cultura del comune di Brescia Laura Castelletti ha sottolineato come il Teatro Romano debba essere un ‘progetto di archeologia pubblica’ e come dal 1996, quando il comune iniziò a ragionare sulla destinazione d’uso del teatro, ad oggi, si sia assistito ad un cambio di metodo e di scenario molto forte. Dal 2013 il patrimonio archeologico della città è stato al centro degli investimenti dell’amministrazione comunale che ha scelto di investire in modo importante sulla sua valorizzazione: dal recupero della quarta cella del santuario repubblicano, alla sistemazione e qualificazione anche in termini di accessibilità di pubblico del viridarium, oggi parco urbano a cui si può accedere gratuitamente, al restauro e valorizzazione della vittoria alata, oggi collocata dopo un ripensamento allestitivo significativo all’interno della sua sede originale nel capitolium, alla sistemazione del teatro romano che ha reso possibile la sperimentazione di due stagioni estive di grande successo. Rivalorizzare il Teatro Romano permetterebbe di incentivare le sinergie virtuose tra le istituzioni culturali cittadine – CTB, Teatro Grande e Fondazione Brescia Musei, che permetterebbero quindi di rendere ulteriormente vivi i luoghi dell’antichità, attraverso una progettazione partecipata che, anche alla luce delle esperienze che prenderanno forma nel 2023, con Brescia Bergamo Capitali della Cultura, non possa che essere ulteriormente valorizzata.
Dopo un excursus storico che ha permesso di approfondire il Teatro Romano, protagonista della storia urbanistica della città di Brescia, attualmente inserito nei percorsi di visita del Parco Archeologico di Brescia Romana e parte integrante della componente di Brescia del sito Unesco “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere”, a cura di Francesca Morandini, Conservatore delle Collezioni e delle Aree Archeologiche della Fondazione Brescia Musei e Serena Solano, funzionario archeologo della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Bergamo e Brescia, è stato evidenziato come questo spazio, nonostante le vicissitudini storiche, urbanistiche e di destinazione d’uso, che hanno insistito sull’area, sia riuscito ad arrivare ai giorni nostri ancora ben conservato e senza aver subito particolari spoliazioni.
Luca Rinaldi, soprintendente archeologia belle arti e paesaggio per le provincie di Bergamo e Brescia, ha focalizzato l’attenzione sul fatto che la realizzazione dell’auspicato parco archeologico, in essere nelle intenzioni delle amministrazioni fin dagli anni ‘30, sia stato impedito dalla presenza di Palazzo Maggi Gambara e di come, almeno fino agli anni ’60, quando l’approccio per il recupero delle aree archeologiche subì in parte un cambiamento di visione, la linea fosse quella di completare l’integrazione dell’area del teatro procedendo con una demolizione parziale del palazzo, da ricollocare poi nelle sale del Museo di Santa Giulia, per poi procedere con una ricostituzione e restauro della parte inferiore della cavea. Negli anni ’70 si giunge ad una consapevolezza nuova riguardo al restauro architettonico, e se la soprintendenza archeologica di allora diede un giudizio molto negativo affermando come non si potesse ricostruire e proporre un teatro per gli spettacoli, ma che si dovesse invece mantenere una linea volta a sostenere un restauro conservativo e non ricostruttivo, oggi, sottolinea Rinaldi la sensibilità su questi temi sembra essere mutata. Il tema si sposta infatti sull’utilizzo degli spazi e valorizzazione degli stessi, intesi anche come utilizzo economico del bene e non solo contemplazione.
Vincenzo Tinè, Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Verona, Rovigo e Vicenza, ha posto l’attenzione sulla difficile integrazione e possibile equilibrio e conflitto tra la valorizzazione degli edifici come monumenti e come luoghi di spettacolo: due usi che confliggono e che sono ben rappresentati dall’Arena di Verona, iconema dalla classicità e della romanità, ma ancora di più icona planetaria della lirica e sede di decine di concerti rock, di proprietà del Comune di Verona e che per 8 mesi l’anno viene gestita dalla Fondazione Arena di Verona, attirando da ogni parte del mondo 700.000 persone l’anno, al punto da aggiudicarsi il titolo di prima industria veronese. La soprintendenza è riuscita grazie ai fondi recuperati tramite un significativo Art Bonus a dar vita ad un progetto di ristrutturazione degli spazi, per renderli più funzionali alle situazioni di spettacolo, ma i cui scavi hanno messo in luce l’importanza di comunicare l’arena come essa stessa un museo: da qui un percorso espositivo che la racconti in maniera permanente al pubblico.
L’intervento di Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte, professore emerito della Scuola Normale Superiore di Pisa si è focalizzato sulla riflessione di come, in un’Italia in cui i beni culturali sono largamente diffusi sul territorio ed intridono le città, sia possibile fare convivere i monumenti storici con la vita pulsante della città stesse e di come fare dei monumenti storici non un passato polveroso, ma un elemento che vivifichi la vita culturale della città e diventi uno stimolo per il futuro. Conservare non vuol dire surgelare: è necessario pensare ad una archeologia per la città ed accrescere la consapevolezza che si debba ripensare ad una poetica del riuso, venendo a patti tra le esigenze del momento. Teatri e templi sono le due tipologie architettoniche che possono essere più facilmente comprese e riutilizzate e il km di via dei Musei a Brescia è un caso particolarmente felice ed importante in cui l’integrazione fra città e parco archeologico e riuso degli spazi può dar vita ad una valorizzazione modello. Per procedere, la prima priorità è accrescere e mettere ordine nelle conoscenze, in secondo luogo è necessario rispettare la vocazione dell'edificio analizzando una pluralità di ipotesi. Lo si potrebbe fare tramite un concorso di idee, anche sperimentali, che tengano ovviamente conto delle regole italiane della tutela dalla quale non si può prescindere e che contemplino la conservazione programmata come un ingrediente necessario del monumento antico, ma anche della possibilità di riuso.
Massimo Osana, direttore generale dei Musei, Ministero della Cultura, che condivide la visione di Salvatore Settis, ha sottolineato come sia fondamentale partire dalla conoscenza a partire dagli scavi ed affiancare a questo un processo di manutenzione programmata, con il supporto di un gruppo di lavoro stabile interdisciplinare. Sul tema riuso non esiste una formula univoca, afferma Osana, ma sposa l’idea di un concorso di idee internazionale che possa magari tradursi in un intervento minimo che renda leggibile la struttura e fruibile allo stesso tempo.
L’intervento di Alberto Ferlenga professore ordinario di progettazione architettonica dell’Università Iuav di Venezia, si è concentrato sull’unicità architettonica del teatro romano, e su come spesso i teatri romani siano arrivati a noi perché inglobati in altri contesti architettonici, come nel caso di Palazzo Maggi Gambara, attraverso un excursus tra i casi più famosi. Ferlenga ha sottolineato come il punto da cui si debba partire debba essere il progetto del processo, che sia condiviso, visibile e che possa fare di Brescia un modello per riaccendere l’attenzione su questa esigenza, attraverso attività di comunicazione, di mostre, di scavi didattici che possano a questo punto fa convogliare l’attenzione internazionale con un concorso dedicato. Un eco che in questo modo potrebbe trascendere la mera brescianità del teatro romano.
Anche Stefano Molgora, Presidente Ordine Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Brescia si è concentrato sul tema del riuso del teatro, o meglio di rigenerazione di questa zona della città e di questo elemento. Il progetto che riguarderà questa rigenerazione è una sfida e un gioco di equilibri che deve essere guidato da un concorso di idee, la cui realizzazione deve passare attraverso la formulazione di un bando che comprenda tutti gli enti, le persone e le funzioni che dovranno poi attuare e approvare il progetto stesso, al fine che il processo giunga a compimento e realizzazione.
Ha chiuso la mattina di studi il sindaco di Brescia Emilio Del Bono, che ha sottolineato come oggi ci siano le condizioni per ripartire e riprendere i lavori sul Teatro Romano, di studio e di recupero per una più piena fruizione di uno spazio urbano forte, il punto di forza della comunicazione della città per Brescia Bergamo Capitale della Cultura 2023. Si può quindi oggi indagare ulteriormente il sito, tutelare, valorizzare e ragionare su una sua fruizione che lo riconnetta alla vita della città. È a questo punto che si può procedere sul ‘come’ si possa riprendere il cammino, approfondendo le conoscenze in merito e attivare un percorso con la città, con un concorso di idee e che prepari Brescia in modo attento e consapevole, affinché sia pronta a sentirsi protagonista dentro un processo di riappropriazione di questo spazio. A fianco di questo percorso sarà ovviamente necessario lavorare sul reperimento di risorse economico finanziario, attraverso un lavoro con il ministero, con la comunità e con l’attivazione di bonus dedicati, perché gli sforzi messi in campo possano poi trovare concretizzazione.