Tadini: un prete aperto al sociale
Un libro edito dall’Istituto di cultura per la storia del prete mette in evidenza la figura di un sacerdote diventato santo
Forse ricordando don Antonio Fappani, andato avanti esattamente un anno fa, o forse perché il metodo che il vecchio storico aveva adottato nell’ultima fase della sua straordinaria esistenza prevedeva immagini condite da parole piuttosto che parole intervallate da immagini, ecco un libro – “Sant’Arcangelo Tadini, vita e opere di un prete sociale”, edito dall’Istituto di cultura G. De Luca per la storia del prete) – da mettere in bella evidenza così che ogni momento diventi propizio per sfogliarlo e cogliere, pagina dopo pagina, ciò che serve per ricordare e anche per rendere testimonianza a un prete diventato santo non perché autore di chissà quali prodigi, ma per essere sempre stato dalla parte degli ultimi, dei poveri, dei disoccupati in cerca di speranza, delle donne spesso ”strapazzate dal sistema”, per le quali lui inventò una filanda in cui lavoro e dignità camminavano di pari passo con i sogni di buon futuro.
Lucio Bregoli, l’autore del semplice ma prezioso volume, già curatore di una mostra sollecitata dal circolo Acli di Chiari, scandaglia il vissuto di don Arcangelo, che vede costantemente intriso di amoree e rispetto dell’altro, lo legge alla luce dell’enciclica “Rerum Novarum” di Leone XIII interamente dedicata alla questione sociale e lo attualizza in modo che “la conoscenza del prete diventato santo per meriti sociali, serva da stimolo per imitarlo, adesso, cioè in un momento in cui l’egoismo e la non accoglienza dell’altro sembrano dominare l’intera società”. In 160 pagine abbondantemente condite con fotografie, la vita e le opere di sant’Arcangelo Tadini emergono e dicono a ciascuno che la via del bene è larga, senza limiti e sempre aperta a tutti. Nato a Verolanuova nel 1846, cresciuto a pane latte e poco altro, di buon profitto scolastico, destinato secondo il padre all’avvocatura ma invece approdato al seminario diocesano con l’intenzione di ricevere la consacrazione sacerdotale, Arcangelo si distinse per l’attenzione ai problemi del lavoro e al dovere di rivestire di dignità ogni occupazione. Ordinato sacerdote nel 1870, venne inviato dal vescovo a fare il curato prima a Lodrino, poi nella frazione Noce di Brescia e successivamente a Botticino Sera con funzioni di parroco.
Ed è proprio lì che don Arcangelo, vivendo per la sua gente, promuovendo opere di vicinanza ai giovani e ai lavoratori, aprendo una filanda capace di assorbire lavoro al femminile e circondandosi di donne disposte a essere “Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth” inizia il suo cammino verso la santità. Don Osvaldo Mingotti, presidente dell’Istituto, a cui va il merito della pubblicazione, sottolineando l’attualità del santo dice che “la sua intuizione e la sua grande spiritualità, ancora adesso possono cambiare in meglio la società”.