Specchiarsi nel volto dei poveri
Il volto della Congrega è anche il volto delle persone che incontra, delle case che visita, delle associazioni che sovvenziona
Aiutare è rispecchiarsi nell’altro. Sono migliaia i colloqui che ogni anno consentono al sodalizio di venire in contatto con tanti bisogni, alcuni inattesi, per avere strategie aggiornate sul campo. In altri termini, il volto della Congrega è anche il volto delle persone che incontra, delle case che visita, delle associazioni che sovvenziona. Ci sono anche storie semplici, che non impressionano e non sono eclatanti, ma che tuttavia restituiscono la vita faticosa di chi abita spesso a fianco a noi.
“Piera è venuta a bussare in Congrega per la prima volta quattro anni fa. È sola e – riferisce una delle operatrici durante la Commissione mensile – ha problemi di salute. Amministra con attenzione la pensione per sostenere le spese mediche e altri costi. Non è abituata a chiedere e, quando lo fa, dimostra grande dignità... Una mattina è arrivata con il suo carrellino alla porta degli uffici di via Mazzini e ci ha lasciato una piantina fiorita. Ci siamo sorpresi, ma soprattutto commossi”.
Fadma, invece, vive in città ma viene dal Marocco e porta con sé due figli preadolescenti, oltre a un grande dolore. Poco prima della pandemia la donna era riuscita a trovare lavoro, ma con un orario spezzato: tre ore al mattino e tre ore al pomeriggio. “Ci si accontenta – diceva alle operatrici –, occorre arrangiarsi e da sola non è facile”. La situazione di emergenza sanitaria, con la chiusura delle scuole, ha aggravato i disagi del nucleo familiare, già provato dalla scomparsa del capofamiglia. Il lockdown ha indirettamente prodotto quasi insormontabili necessità per chi è abituato a misurare ogni euro speso e non poche fatiche per l’accudimento dei più piccoli: “Era dura saperli a casa da soli, inoltre la didattica a distanza ha richiesto l’acquisto di dispositivi che altrimenti non avremmo comprato. Ma la scuola è importante”.
Anche Pietro si è trovato da solo con i suoi tre bambini nel mezzo della pandemia. Uno dei piccoli ha una forma di ritardo che porta conseguenze anche al fisico. L’uomo lavora nel settore delle pulizie e in concomitanza con l’emergenza sanitaria la moglie ha dovuto subire una operazione chirurgica che l’ha costretta a un lungo periodo di degenza in ospedale. “In un primo momento – ha detto Pietro rivolgendosi alla Congrega – ho usato le ferie che avevo per accudire i miei figli e stare vicino a mia moglie. Una volta finite quelle, ho dovuto chiedere l’aspettativa non retribuita”. Queste sono solo alcune delle storie e dei volti che la Fondazione Folonari ha sostenuto in questo tempo di pandemia tanto difficile per tutti.