Sanità a Brescia: che fare?
Dall'Ordine dei medici di Brescia un lungo documento con cui, sulla base di quelle che sono state le criticità evidenziate nella gestione dell'emergenza sanitaria, chiedono un confronto per progettare il domani
In attesa che la politica e le istituzioni mettano a punto i dettagli della fase 2, c’è che non resta con le mani in mano e, facendo tesoro di quello che non ha funzionato o che non è stato previsto nella gestione dell’emergenza, prende carta e penna e avanza precise proposte. È il caso dell’Ordine dei medici e degli odontoiatri della provincia di Brescia che a messo a punto il documento “Sanità a Brescia: che fare?”, firmato dal Gruppo di lavoro per il Consiglio Direttivo.
La lunga serie di considerazioni prende le mosse dall’analisi di ciò che nella fase emergenziale, ancora in corso, non ha funzionato. Con Brescia e l’intera Lombardia che di punto in bianco si sono trovate far fronte a un impressionate carico di malati di una patologia di cui si conosceva poco o niente, tutta la filiera sanitaria (ospedali, medici di famiglia, pedriatri, medici di continuità assistenziale) è andata in crisi e dopo un primo momento di confronto intorno a un tavolo tecnico di Ats, ancora attivo, che ha diffuso ed aggiornato preliminari linee di comportamento, nulla, si legge nel documento, è più stato fatto. L’ordine dei medici riconosce che, nonostante tutto, il sistema ha retto perché ancorato a principi di solidarietà e universalità, ma ritiene anche necessario cambiare passo, avviando un confronto costruttivo con le istituzioni per l’oggi e il prossimo futuro, considerando i limiti di una situazione in continua evoluzione e cambiamento, che necessiterà di periodici aggiornamenti.
Tra le prime misure richieste c’è quella di un tavolo di coordinamento con tutti gli attori (istituzioni, comuni; aziende; ATS e medici, infermieri etc.) che si riunisca periodicamente e analizzi i problemi emergenti e le prospettive di breve e medio periodo. (Su questo fronte pare che l’Ats abbia avviato un’iniziativa analoga, ndr). Il documento passa poi alle Rsa dove Covid 19 si è fatto sentire in modo particolarmente pesante. Il drammatico bilancio non è però solo da attribuire all’età avanzata e alla fragilità degli ospiti. “Altri fattor – scrivono i firmatari del documento -i hanno inciso in modo rilevante. Dalla mancanza di indicazioni sulla gestione dei dispositivi individuali di protezione e alla carenza degli stessi, alle modalità di corretto isolamento dei pazienti sospetti. Ed ancora la difficoltà di accesso al ricovero ospedaliero e la non disponibilità di test diagnostici (tamponi naso faringei) con conseguente mancato isolamento e mancata prevenzione dell’infezione sugli altri ospiti e personale. Ed infine, ma non ultimo, nelle condizioni sopra descritte in casi particolari, il trasferimento di pazienti accettati dagli ospedali”. Per evitare che questo abbia a ripetersi il documento avanza proposte e strategie per il breve e medio periodo, a partire dall’analisi epidemiologica della situazione sugli ospiti e personale (Tamponi più Sierologia).
Nel documento c’è anche la richiesta della programmazione della gestione territoriale delle fasi successive della pandemia. Al proposito vengono ipotizzati tre scenari: uno per la popolazione normale (fase pre-infettiva o non infettiva), uno per quella in fase di malattia, e il terzo per la popolazione non guarita ma dimissibile dall’ospedale. Per la popolazione normale i medici dell’ordine chiedono campagne di prevenzione ed educazione soprattutto per la vaccinazione antinfluenzale in specie in età pediatrica come sollecitato dagli stessi pediatri di famiglia. Per quanto riguarda invece la popolazione in fase di malattia, considerando il carico di lavoro specifico che grava sul medico il documento punta un necessario riassetto organizzativo interno per la Medicina generale che consenta di attuare rapidamente il passaggio dalla fase "normale" della propria attività a quella "speciale" dell'epidemia, ipotizzando un percorso comune di gestione dei casi sporadici ad epidemia controllata. Si tratta di una questione importante in quanto strumento fondamentale per la prevenzione della ripresa epidemica. Per la popolazione non guarita ma dimissibile dall’ospedale il documento presenta due possibili iter: la gestione a domicilio che prevede preventiva valutazione della praticabilità (condizioni abitative e disponibilità di adeguata assistenza in loco). In alternativa, ove non si realizzino queste condizioni, è più razionale l'utilizzo di presidi territoriali (degenze di sorveglianza). Per la popolazione guarita con postumi è necessaria, poi, la programmazione di nuovi modelli di assistenza socio-sanitaria con modalità e tempistiche da definire. Tutto questo, continua il documento, senza dimenticare che la priorità della medicina generale rimane il paziente cronico, forzatamente trascurato ai tempi del Covid 19, e il medico di famiglia deve ritornare a occuparsi della fragilità, compresa la “nuova fragilità” indotta dai postumi dell’infezione virale acuta.
Un'importante area di intervento, ancora preclinico, riguarda la formazione del personale sanitario. Al riguardo il documento dell’Ordine dei medici chiede strumenti di formazione in relazione a diagnosi precoce, prevenzione dei rischi professionali sia per il medico e personale sanitario che per i pazienti, con un ruolo determinante assegnato alle diverse agenzie (Ats/Asst/Comuni…).
L’ultimo, ma non certo meno importante, capitolo del documento è dedicato al tema delle strutture Covid per gestire i nuovi pazienti anche dopo questa fase acuta dell’epidemia: dove collocarle, dentro o fuori dagli ospedali? Anche il documento dell’ordine non sembra avere una risposta definitiva perché sono ancora molti gli elementi di mancanti per un dibattito risolutivo. “Questa nota – è uno degli ultimi passaggi del documento - vuole lanciare un appello alle istituzioni perché ci diano risposte, in dissenso anche dalle nostre proposte, ma basate su motivazioni tecniche e scientifiche solide. La politica ha il dovere e la responsabilità di decidere, ma se non ascolta chi in questi mesi ci ha messo mente e corpo fino allo stremo ed ha consentito al sistema di reggere, rischieremo la perenne emergenza e il declino”.