Renato Papetti: impegno, serietà e humor
Venerdì 14 agosto è tornato alla casa del Padre Renato Papetti, presidente diocesano dell'Azione Cattolica dal 1970 al 1974. Bruno Frugoni ricostruisce la figura di Papetti e il contesto storico nel quale ha operato
Ho conosciuto il dott. Renato Papetti nel 1964, quando l’allora Presidente Diocesano della GIAC , Avv. Giuseppe Onofri mi invitò a prender il posto di Stefano Frerini come Delegato Diocesano Aspiranti (i ragazzi dai 6 ai 14 anni della Gioventù Italiana di Azione Cattolica) e quindi cominciai a frequentare assiduamente Palazzo S. Paolo. Non partecipavo alla Giunta Diocesana di AC, ma girando in quel Palazzo sentivo nomi di alta levatura con Mons. Almici, don Pernigo, don Vergine, Renato Papetti, Giuseppe Savi, Guido Stella, Giuseppe Onofri, Mario Cattaneo, la Sig.na Venturoli, Marta Reali ed altri della gloriosa AC bresciana. Io mi sentivo piccolo, venivo dalla provincia (anche se abitante a S. Eufemia mi sembrava di essere ai confini del regno, tanto che quando, in bicicletta andavo al Centro Diocesano, mio papà mi diceva: “anche questa sera vai a Brescia?”).
Nel dicembre del 1965 si chiudevano i lavori del Concilio Vaticano II e pertanto si poneva all’Azione Cattolica Italiana la necessità di ripensare la sua presenza nella vita della Chiesa e della società italiana.
A Roma la Giunta Centrale dell’AC avviava la predisposizione delle linee e delle scelte che avrebbero caratterizzato la nuova Azione Cattolica e Vittorio Bachelet volle coinvolgere tutte le strutture diocesane per l’analisi e l’individuazione della nuova fisionomia da dare all’ACI in coerenza con le indicazioni del Concilio.
Nel 1968, dopo le celebrazioni diocesane del centenario della GIAC, con un grande raduno al Palazzetto dello Sport, entrai nella Giunta Diocesana AC in quanto Presidente della GIAC e potei seguire più da vicino il grande lavoro che il dott. Papetti svolse nel raccogliere i pareri delle varie associazioni parrocchiali ed i suoi frequenti viaggi a Roma per portare la voce di Brescia nella stesura della bozza del nuovo statuto dell’ACI.
Nel 1969 venne alla luce il nuovo statuto che prevedeva:
a) la scelta religiosa dell’associazione,
b) il superamento dei 4 rami per dar vita ad una associazione unitaria (dai ragazzi agli adulti) con due settori, giovani ed adulti e l’ACR come concreto impegno educativo nei confronti delle giovani generazioni,
c) la scelta democratica con l’elezione dei dirigenti ai vari livelli per un mandato triennale, salvo il Presidente a tutti i livelli che veniva scelto tra una terna votata dai consigli e tra i quali il Vescovo sceglieva e nominava il Presidente,
d) si confermava la scelta educativa che ispirava tutta la vita dell’associazione.
Paolo VI il 10 ottobre 1969 approvava lo statuto “ad experimentum” per un triennio e quindi fu indetta la 1° Assemblea Nazionale” per il 25/27 Settembre 1970 (preceduta da tutte le Assemblee Diocesane).
Fu questo un impegno ampio che Papetti portò avanti con serietà, profonda riflessione, analisi attenta alle situazioni ed agli ambienti per aiutare, con gli amici della Giunta Diocesana, tutta la base associativa ad interiorizzare, valutare e giudicare anche criticamente tutte le novità proposte. Ricordo bene quei momenti e la fatica, fortunatamente legata ad un buon senso dell’humor, di Papetti nello spiegare, specialmente alle donne, la bontà della scelta unitaria, per quanto riguarda la formazione in una società in rapida trasformazione, benché questa implicava anche dover mettere in comune i beni che con certosina pazienza e generosità erano riuscite a porre a servizio della loro Unione Donne di AC.
Pertanto la 1° Assemblea Diocesana dell’AC di Brescia che si svolse a Palazzo S. Paolo prese atto del nuovo Statuto e propose al Vescovo Mons. Luigi Morstabilini la nomina di Renato Papetti che divenne il Primo Presidente Diocesano della nuova AC bresciana.
l’impegno di Papetti nel 1° triennio non fu né facile, né di soddisfazione. Infatti, in uno dei primi Consigli Presbiterali, sempre nel 1970, alcune voci di sacerdoti si levarono per chiedere di “cantare il funerale” dell’AC, invocando la dichiarazione del Concilio che al n° 33 della LG affermava: “l’apostolato dei laici è partecipazione alla missione salvifica della Chiesa, alla quale sono tutti deputati dal Signore per mezzo del battesimo e della confermazione”.
Papetti non solo dovette difendere l’AC nei confronti di alcuni settori del clero, fortunatamente non condivisi dal Vescovo, Mons. Morstabilini, ma anche da parte dell’AC, specialmente dagli adulti, alcuni dei quali avevano vissuto anni di forte impegno sul versante politico e che quindi non digerivano quella “scelta religiosa” letta come una richiusura dentro le sacrestie e leggevano le motivazioni del Centro Nazionale come sconfessione del loro impegno e della loro modalità di vivere l’AC (alcuni dicevano espressamente: “allora noi abbiamo sbagliato tutto nella nostra vita a difendere quei valori).
Più facile è stato per i giovani della GIAC e per le ragazze della GF che in generale accolsero con entusiasmo la confluenza nel Settore Giovani, anche perché erano gli anni dove si plaudeva alla “coeducazione”.
Altro aspetto di grande preoccupazione per Papetti fu il ridimensionamento degli aderenti all’AC un po’ per i ragionamenti esplicitati prima un po’ per la nascita di nuovi movimenti ecclesiali ed apostolici ispirati più che alla “mediazione” alla “presenza” sulla scena sociale.
Papetti fu nominato Presidente anche dopo la 2° Assemblea Diocesana del 1973, ma nel 1974 lasciò la presidenza dedicandosi con lo stesso impegno, serietà e humor al suo lavoro presso “La Scuola Editrice”.