Quelle giovani menti ferite
Mentre la pandemia allenta la morsa, varianti permettendo, non sono poche le ferite che devono essere rimarginate a causa dell’emergenza sanitaria. Tra le “lacerazioni” che preoccupano maggiormente ci sono quelle che hanno segnato le menti di giovani e giovanissimi. Ed è anche su questo frangente che si muove Regione Lombardia. Il Pirellone ha destinato 13 milioni di euro per la ristrutturazione dello stabile di via Nikolajewka, attuale sede dei servizi di recupero e riabilitazione funzionale degli Spedali Civili. La struttura diventerà un polo di riabilitazione dei disturbi cognitivi e in particolare sarà anche sede delle attività territoriali dell’Unità operativa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Asst Spedali Civili. La medicina di prossimità fa così un ulteriore passo in avanti, così come spiega Elisa Fazzi, direttore dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza - Asst Spedali Civili di Brescia e professore ordinario di Neuropsichiatria Infantile dell’Università degli Studi di Brescia: “Questo progetto – sottolinea – ci permetterà di ridisegnare il percorso della presa in carico di alcune patologie, in particolare del neurosviluppo, della disabilità complessa, dei disturbi del comportamento alimentare e della psicopatologia dell’adolescenza, come di tutte le principali tematiche afferenti alla neuropsichiatria infantile territoriale con particolare attenzione allo sviluppo di attività all’area di transizione dall’età adolescenziale all’età adulta”.
Prof.ssa Fazzi, quali ricadute ha avuto l’emergenza sanitaria sulla salute mentale dei giovani?
La pandemia ha evidenziato una serie di criticità che sono legate all’aumento della tipologia di alcuni disagi soprattutto in età adolescenziale rappresentati dai disturbi del comportamento alimentare e da forme di autolesionismo. A monte c’è una grande sofferenza dei ragazzi e delle loro famiglie. Sicuramente la pandemia ha fornito una lezione che la Neuropsichiatria conosce già benissimo: per affrontare i disagi legati alle psicopatologie o anche a forme di disabilità complessa e grave è necessario riorganizzare un approccio di prossimità, di vicinanza alle famiglie. Parliamo di innovare e potenziare la medicina del territorio. Per la neuropsichiatria infantile è il linguaggio di sempre. In un recente congresso dell’European Academy of Childhood Disability, dove mi hanno voluto come rappresentante di Brescia, proprio perché una delle città più colpite dal Covid in Europa, ho potuto sottolineare come avevamo riorganizzato i nostri servizi e quali erano state le criticità in particolare per la psichiatria dell’adolescenza. Nell’assise ho potuto dire come in Italia la “rete” esiste già, va solo migliorata, ma è un modello vincente che all’estero non hanno e che noi abbiamo, in particolare qui a Brescia dove la neuropsichatria infantile va dall’ospedale al territorio. È un’attività, quella dell’Unità operativa, che si dipana dalle emergenze e urgenze del pronto soccorso passando dal reparto, dai centri specialistici di terzo livello, sino ad arrivare ai tre poli territoriali e alle loro dodici sedi. Le risorse promesse ci permetteranno di ridisegnare questa rete con un aumento delle progettualità. Questo significa rielaborare i percorsi per le patologie, progettare il lavoro sulla transizione, sul passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta. È una fase delicata. Le patologie che riscontriamo spesso si protraggono oltre i 18 anni.
C’è stato un incremento di alcune patologie? Di che numeri parliamo?
La Neuropsichiatria infantile segue circa 10mila pazienti l’anno con 77mila prestazioni ambulatoriali. Nel 2020 c’è stata una riduzione del 18% di utenti, in relazione ai mesi del lockdown. Dovendo fronteggiare le urgenze non abbiamo mai cessato le attività. Nel 2021 siamo più o meno tornati ai livelli del 2019. Ad aprile del 2019 le prestazioni ambulatoriali erano state 19mila, quest’anno, nel medesimo periodo, si attestavano a 18mila. Non sono aumentati in assoluto i ricoveri anche perché il reparto lavora sempre a pieno regime. Non possiamo incrementare. Sono aumentate relativamente alcune patologie. C’è un aumento di richieste di ricoveri in particolare per i disturbi del comportamento alimentare e l’autolesionismo che talvolta, purtroppo, è accompagnato da condotte suicidarie. Ultimamente abbiamo registrato un aumento di crisi psicotiche acute che rappresentano l’esacerbazione di un disagio già presente.
I recenti fenomeni di violenza che, a Brescia come in altre città, hanno visto protagonisti dei giovanissimi pensa siano ascrivibili a un disagio diffuso causato dalle recenti restrizioni? Oppure si è solo acuito un fenomeno già esistente?
Sono situazioni che non intercettiamo in modo significativo. Con il lockdown, in assenza di socialità, e quindi con meno occasioni di competizione che potevano portare a delle “crisi”, si sono ridotti i fenomeni di etero aggressività (verso oggetti o persone ndr). Le restrizioni, con i ragazzi chiusi in casa, spesso ore davanti al computer, hanno incrementato gli atti di autolesionismo e le ossessioni legate al cibo. Al contrario sono diminuiti i ricoveri per fenomeni di agitazione psicomotoria.