Quella cura tra le mura di casa
“Quando ci hanno comunicato che quella che riguardava nostra madre era una diagnosi infausta e che ormai la medicina poco poteva contro la sua malattia per me e i miei fratelli è stato come se il mondo ci fosse caduto addosso. Accanto all’idea di non poter fare più nulla per lei c’era anche lo smarrimento per quello che avremmo dovuto affrontare, per il modo in cui avremmo dovuto gestire l’ultima fase della sua malattia mamma a casa. Poi, al Civile, ci è stata presentata la realtà dell’Unità di cure palliative domiciliari. Ancora oggi, a qualche mese di distanza dalla morte della mamma, non riusciamo ancora a trovare le parole per esprimere completamente la nostra gratitudine all’equipe che per settimane ci ha affiancato e supportato”. Questa è la testimonianza di Luisa che abita in un Comune dell’hinterland cittadino. Le sue sono parole che portano in luce la realtà delle cure palliative domiciliari, a tutti gli effetti una delle eccellenze della sanità locale, anche se non ancora del tutto conosciuta e riconosciuta.
La conferma arriva anche dalla dott.ssa Maria Corti, responsabile per la città e la Valtrompia dell’Assistenza domiciliare integrata dell’Asst Spedali Civili di Brescia, una delle 19 realtà che prestano nel Bresciano quel servizio di cure palliative domiciliari che tanto bene ha fatto a Luisa e alla sua famiglia. Quello prestato a domicilio è un servizio che fa parte della rete delle cure palliative (quell’insieme di cure, non solo farmacologiche, volte a migliorare il più possibile la qualità della vita del malato in fase terminale, ndr) che comprende hospice, servizi domiciliari e ambulatoriali. “La peculiarità − afferma − è proprio quella di portare questo tipo di cure palliative nella casa del malato”. Il servizio, continua la responsabile, non si limita solo all’aspetto sanitario, ma garantisce una presa in carico globale del malato e della sua famiglia. Dell’equipe, che ogni anno segue più di 150 pazienti, fanno parte quattro medici palliativisti, personale infermieristico preparato nel campo delle cure palliative, operatori sociosanitari e, per ultimo, uno psicologo che deve aiutare il paziente e la famiglia nell’evoluzione della malattia. C’è sempre un membro dell’equipe reperibile notte e giorno a cui poter fare riferimento. “Insieme – racconta – si fanno carico di accompagnare i malati verso la fine della loro vita, curando o arginando i sintomi legati alla patologia che li affligge, soprattutto il dolore, cercando di favorire sino a quando è possibile la sua permanenza a casa”. L’equipe si fa anche carico del supporto al caregiver, alla persona che concretamente si occupa del malato. In casi di richiesta può anche fornire un sostegno per l’elaborazione del lutto.
Rispetto al bisogno potenziale è ancora relativamente ridotto il numero di chi si rivolge alle cure palliative e meno ancora chi le richiede a livello domiciliare. Lo conferma anche la dott.ssa Luisa Sangalli, referente per le cure palliative domiciliari dell’Hospice della Domus salutis. “Purtroppo paghiamo ancora la convinzione – afferma il medico – che le cure palliative siano destinate solo ai malati oncologici. Pochi sanno, compresi molti medici, che invece sono per tutte le patologie evolutive gravi”. Ogni anno l’equipe istituita all’Hospice (la culla delle cure palliative in Italia,ndr) formata da quattro medici, sette infermiere, due operatrici sociosanitarie, un fisioterapista e una psicologa, seguono tra i 180 e i 200 pazienti sul territorio di riferimento dell’Asst degli Spedali Civili, ad esclusione, per ragioni logistiche, della Valtormpia.
“In presenza di una prognosi infausta in rapida evoluzione − ricorda la dott.ssa Sangalli − l’equipe prende in carico la persona non solo sul versante della gestione dei suoi sintomi, ma anche nei suoi bisogni sanitari, sociali e relazionali”. L’accesso al servizio, che è assolutamente gratuito, avviene attraverso i medici di base, quelli ospedalieri o per espressa richiesta della famiglia. L’unità di cure palliative domiciliari dell’Hospice garantisce una continuità assistenziale sette giorni su sette h 24 con visite che diventano sempre più frequenti a seconda della gravità della patologia. “Così − conclude la referente del servizio − cerchiamo di accompagnare il paziente e la sua famiglia in questo percorso diventando per loro un riferimento sempre presente”.