L'"altra crisi" e il futuro dei giovani
Si sono conclusi venerdì scorso all'Auditorium Capretti gli "Incontri d'autunno", la rassegna culturale promossa dalla Fondazione San Benedetto. Un confronto a più voci che a messo al centro dell'attenzione temi quali i giovani, il lavoro e la demografia
Da anni non si fa che parlare di crisi economica, di tunnel, di Pil, di crescita prossima allo zero virgola. Eppure c'è un tema troppo spesso sottovalutato: l'implosione demografica che caratterizza l'Italia. Il crollo della natalità pone seri interrogativi sulla tenuta del sistema Paese. Chi pagherà il conto degli effetti di quella che Gian Carlo Blangiardo, professore di Demografia all’università di Milano Bicocca, definisce “l'altra crisi”? “Sono un paio di anni che la popolazione italiana diminuisce, la denatalità è la più bassa di sempre, dal 1862, dal primo anno in cui si hanno dati statistici dopo la formazione dello Stato italiano” ha sottolineato Blangiardo. L'allarme è stato lanciato venerdì scorso in occasione dell'incontro “Un futuro per chi? Giovani, lavoro, demografia” promosso dalla Fondazione San Benedetto. Non è un caso che i tre temi siano stati presi in esame unitariamente. “Riteniamo – ha spiegato il presidente della realtà di Borgo Whurer Graziano Tarantini – che uno dei principali problemi sia rappresentato dalla focalizzzione di aspetti particolari di determinati argomenti, senza avere la possibilità di coglierne le criticità nella loro ampiezza”. L'Italia fotografata da Blangiardo presenta “un Paese non più attrattivo che spinge i propri giovani a cercare lavoro all'estero”. Nel mentre, rispetto ai dati statistici del primo semestre del 2017, se il trend dovesse perdurare, l'Italia si troverà con “660mila morti in un anno a fronte di 470mila nati”. Ed è ponendo l'attenzione su questi dati che si sono confrontati Giuseppe Castagna, amministratore delegato del Banco Bpm e Daniele Sacco, direttore centrale delle Risorse umane di Mondadori, rispondendo alle domande dei tanti studenti assiepati nella platea dell'Auditorium Capretti.
“Il deficit tra nati è morti prosegue da dodici anni e non è stato colmato dagli stranieri che fanno meno figli rispetto al passato” ha evidenziato Blangiardo. Per favorire la natalità è necessario “non disperdere il capitale umano che l'Italia possiede”. Bisogna intervenire “in termini fiscali, di contributi, non come avviene oggi con il bonus bebé...ma mettendo in atto politiche demografiche che non si limitino a porre rimedio all'esclusione sociale e alla povertà”. E' doveroso guardare al “ceto medio, sono lì i grandi numeri”.
L'attuale stato di cose, secondo l'amministratore delegato del Banco Bpm, è influenzato, oltre che dalle mancanze dell'Italia e dell'Europa in termini di politiche economiche, anche da alcuni fattori culturali, da un “edonismo” imperante dei padri che si protrae da 30 anni a questa parte e che è andato e va a discapito dei figli, dei giovani, del loro futuro occupazionale: “I ragazzi già sono pochi e quelli che ci sono cercano fortuna all'estero”. Castagna mette in guardia i giovani: “Non aspettatevi soluzioni dalla politica, non le trova quasi mai, vanno invece cercate nella vita reale: nelle imprese, nella scuola, nell'Università. Quando poi si riscontra che le soluzioni sono giuste la politica fornisce il suo contributo. Non ci aspettiamo che tuto cambi perché improvvisamente i politici diventano statisti. Ce ne sono pochi. Siamo di fronte a un'involuzione della politica”. Il termine flessibilità, vituperato od osannato a seconda dei casi, da alcuni anni a questa parte è sempre all'ordine del giorno. Eppure le sue dinamiche non sono nuove e i risultati talvolta possono essere inaspettati, come testimonia l’esperienza professionale di Castagna: “Quando mi laureai in Legge – ha sottolineato – mi arrivarono diverse offerte di lavoro e dovetti scegliere, spesso non erano quelle per cui avevo studiato. Entrai, infatti, in banca a 18 anni, la formazione era in house. Ho cambiato tante volte posizione lavorativa all'interno della banca e la sede: 20 città diverse in Italia e due all'estero. Questa voglia di rimettermi in gioco è stata la salvezza della mia vita professionale: non si trattava di perdere il posto di lavoro ma certamente si rinunciava a una certezza per andare incontro a un'incertezza”.
Per Sacco la vera provocazione risiede nello stabilire chi deve prendere l'iniziativa affinché le cose iniziano a cambiare: “Il sistema previdenziale tiene il più possibile le persone sul posto del lavoro, il Jobs act tende a precarizzare la presenza dei giovani...”. A fronte di condizioni esterne sfavorevoli, i giovani devono saper cogliere le opportunità che si presentano loro, tralasciando le proprie velleità : “Per passare dalla teoria alla pratica – ha sottolineato Sacco – i ragazzi devono imparare a riconoscere la propria vocazione scontrandosi con la realtà”.
Le sfide che attendono i giovani sono ardue ma le giovani generazioni devono saper reggere il confronto con il proprio tempo, ricominciando a imparare il valore del dovere, come ha sottolineato Tarantini: “A un figlio che si chiede molto si vuole dare molto e senza il rispetto dei doveri una personalità non si forma”. Del resto, “la vita – ha chiosato il Presidente – è bella nella sua problematicità”.