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Brescia
di LUCILLA MENNI 04 feb 2022 08:30

Non voglio andare a casa

“Maestra, ma io non voglio andare a casa e stare da solo senza i miei amici!”. Quante volte, in questi giorni segnati dalla bufera Omicron, abbiamo sentito i bambini delle scuole esclamare questa frase?

Sono i piccoli a cui si deve annunciare che devono improvvisamente lasciare l’angolo morbido della sezione perché un amichetto ha contratto l’infezione, bambini a cui l’isolamento domiciliare appare ben chiaro nelle sue restrizioni di socialità. Appena rientrati dopo la pausa lunga delle vacanze natalizie col vivo desiderio di raccontare le esperienze vissute, sono costretti ad interrompere la rassicurante quotidianità scolastica. Quello che percepiscono ormai come uno spettro dispettoso evocato dagli adulti esasperati ancora una volta ha scompaginato tutto: è rientrato prepotentemente, costringendo le scuole a rivedere prassi già riconvertite in nuovi riti. Così, non sono sufficienti i gruppi sociali stabili, le famose “bolle”, a scongiurare le quarantene e le frequenze a singhiozzo.

Si palesa un panorama variegato: la sezione della scuola dell’infanzia spesso si riduce a dieci bambini, perché gli altri sono trattenuti preventivamente a casa dai genitori ansiosi. Altre classi sono chiuse per il caso di positività al Covid-19 tra i minori, in altre è la maestra in autosorveglianza e, per cautela, non pranza più con i bambini. Ormai, il lessico quotidiano si è “sanitarizzato”. Si parla di insorgenza di sintomi, di contact tracing, di tamponi antigenici e molecolari o di farmacisti solerti più che nella sala d’attesa del pediatra. D’altro canto, il momento preciso in cui si è sentito il primo starnuto può determinare una segnalazione sul Portale Covid dell’Ats e la quarantena con gli evidenti disagi.

La scuola è diventata così un presidio sanitario che cerca di districarsi nel ginepraio delle norme ministeriali, anche se non vuole dimenticarsi la sua prioritaria missione educativa. Per questo ritornano ad avere spazio le iniziative dei Legami educativi a distanza, avviati durante la prima fase dell’emergenza pandemica e vissuti come momenti di continuità educativa anche con le famiglie. Queste ultime di punto in bianco devono rimodulare orari, chiedere ferie non previste, non perdere la pazienza con pargoli inquieti perché costretti all’isolamento domiciliare. A loro la scuola sta cercando di continuare ad essere alleata e punto di riferimento, per garantire sempre uno sguardo condiviso. Quell’andrà tutto bene che si ripeteva come uno slogan consolatorio due anni fa ora non fa più breccia, ma la volontà di operare scelte per tutelare comunque il diritto alla formazione, oltre a quello alla salute, si mantiene salda da parte dell’intera comunità educante.

LUCILLA MENNI 04 feb 2022 08:30