Medici: una crisi che arriva dal sistema
Uno studio realizzato dall'Ordine dei Medici di Brescia mette in risalto le difficoltà di una professione pesantemente condizionata da fattori organizzativi e burocrativi. È ancora forte, invece, l'alleanza terapeutica che mette il paziente al centro
Quale “cambio di passo” è necessario per una medicina all’altezza dei tempi? Da dove nasce la crisi della medicina e quale dovrà essere il ruolo del medico in una società in continua evoluzione, che pone interrogativi complessi e ineludibili? Per trovare risposte l’Ordine dei Medici di Brescia ha chiesto la collaborazione di tutti gli iscritti, tramite un sondaggio realizzato lo scorso giugno. A ciascun iscritto è stato inviato tramite mail personale il link on line per partecipare al questionario, a risposta chiusa e anonimo.
Il sondaggio è stato pensato alla luce degli Stati generali della professione medica avviati negli ultimi mesi a livello nazionale, per iniziativa della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, con l’obiettivo di ridefinire il medico del futuro. L’Ordine di Brescia ha raccolto esperienze, punti di vista e desideri della comunità medica locale: le indicazioni più significative emerse dall’indagine sono state proposte durante il Consiglio della Federazione nazionale degli Ordini - tenutosi a Roma lo scorso 5 luglio - come punto di partenza per tracciare la rotta verso la medicina di domani.
Al questionario realizzato on line hanno risposto 942 iscritti all’Ordine di Brescia (corrispondenti al 12,6% dei 7400 medici che fanno riferimento all’Ordine provinciale): il 53% sono uomini e il 47% donne. La distribuzione per classi di età e sesso del campione risulta rappresentativa dell’universo degli iscritti, e il numero dei partecipanti al sondaggio ha consentito di raggiungere la significatività statistica. La crisi della medicina e della figura del medico è una condizione vissuta dalla quasi totalità degli intervistati (92.2%). Le fasce di età più giovani (dai 25 ai 44 anni) sono quelle che avvertono la crisi con maggiore gravità (una percezione condivisa dal 97,1% delle nuove generazioni di medici).
Pur essendo complesse le ragioni della crisi e le fonti del conseguente disagio, l’indagine ha consentito di delineare alcuni elementi-chiave all’origine delle criticità vissute negli ambulatori medici e nelle corsie ospedaliere. L’inadeguatezza del sistema organizzativo (66%), la crisi del rapporto medico-paziente (65%), la crisi dei valori sociali (62%) e l’eccessivo peso delle ragioni economiche sulle decisioni cliniche (60%) sono state giudicate ragioni di massima importanza da oltre il 60% dei medici partecipanti.
L’età influenza la percezione di alcune delle motivazioni alla base delle difficoltà emergenti: per i giovani medici la crisi del rapporto medico-paziente rappresenta uno degli elementi più avvertiti (è considerata importante da oltre il 70% di chi ha fra 25 e 44 anni, contro il 50% di chi ha 65 o più anni). Le nuove generazioni, inoltre, vivono come problema rilevante la crisi della fiducia nella scienza (57.1% di chi ha meno di 34 anni contro il 30.8% di chi ha fra 55 e 64 anni).
In un orizzonte complicato risalta il ruolo della deontologia professionale, che secondo gli intervistati deve da un lato difendere l’agire del medico dall’eccessiva ingerenza dell’economia, della politica e dell’organizzazione dei servizi, dall’altro continuare a definire il campo del lecito di fronte allo sviluppo della tecnica che rende possibile ciò che in passato non lo era (entrambi aspetti molto importanti per oltre l’82% del campione).
La relazione medico-paziente sta assumendo una sempre maggiore complessità, in grado di generare nuove criticità. Per i medici bresciani a definire tale complessità del rapporto sono principalmente tre aspetti: la diffusione di comportamenti di autodiagnosi e la ricerca di informazioni mediche on line (di elevata importanza per il 74% del campione), la necessità di fornire risposte ai bisogni non solo clinici, ma anche socio assistenziali (71,9%), i cambiamenti della popolazione di riferimento, sempre più anziana o con polipatologie e fragilità (67,6%).
Nonostante queste criticità, l’approccio clinico tradizionale (che parte dai sintomi per arrivare alla diagnosi e alla cura) resta adeguato per la stragrande maggioranza dei medici (77.7%), soprattutto per i più giovani. Il modello di relazione di cura ritenuto valido rimane quello dell’alleanza terapeutica che pone il paziente al centro (83.5% degli intervistati), ma si sta facendo strada anche il modello di relazione polivalente (considerato idoneo dal 50% del campione), in cui medico e paziente collaborano su un piano paritario per definire il percorso di cura.
Secondo i medici bresciani i miglioramenti necessari per innescare un cambiamento in positivo nella medicina e recuperare il ruolo del clinico sono soprattutto di natura burocratica e organizzativa. Per fare una buona medicina è indispensabile ridurre i vincoli amministrativi e burocratici cui sono costretti i professionisti sanitari, adempimenti che erodono il tempo dedicato ai pazienti (completamente d’accordo l’81%). Ma è anche necessario ridefinire l’organizzazione del sistema sanitario, superando la tradizionale divisione fra ospedale e territorio, fra medicina generalista e specialistica (un punto che trova in pieno accordo il 63,8% del campione).
È stato chiesto ai medici bresciani di indicare, basandosi sulla loro esperienza personale, i fattori che favoriscono il disagio nell’esercizio della professione.
L’eccessiva burocrazia, in coerenza con le risposte già emerse nel sondaggio, svetta con l’82,6% di segnalazioni. Ma affiorano anche altre componenti del disagio medico, come la diffusione della medicina difensiva (molto importante per l’80,2%) e la difficoltà nel far fronte ad aspettative, richieste o pretese del paziente sulla base di informazioni acquisite sui social media o in rete (76,7%).
Fonti di disagio su cui porre l’attenzione, con l’obiettivo di superare la crisi del medico, sono anche la scarsa tutela giuridica, i turni e gli orari di lavoro sempre più impegnativi, l’inadeguatezza del sistema organizzativo.
Da notare come le innovazioni tecnologiche e l’eccessiva super specializzazione delle competenze siano avvertite come origine di disagio più dai medici over 65 che dai giovani. Sulle nuove generazioni, invece, le eccessive aspettative dei pazienti per le informazioni raccolte in rete, il deterioramento del rapporto medico-paziente e i turni di lavoro impegnativi hanno un peso maggiore rispetto a quanto percepito dai medici più maturi.
“La stragrande maggioranza dei medici ritiene che esista una crisi della medicina. Possiamo dire che il concetto di crisi, cioè di instabilità, cambiamento, scelta è connaturato nella medicina, che è una pratica in continuo divenire: il suo progressivo sviluppo, complici anche le nuove tecnologie, ci espone di continuo a sfide nuove - afferma il presidente dell’Ordine dei Medici di Brescia, Ottavio Di Stefano - . Un discorso diverso, invece, va fatto per la crisi del medico: i medici bresciani credono ancora nell’alleanza terapeutica con il paziente, fatta di ascolto e reciprocità, ma si trovano ad affrontare situazioni di disagio legate a eccessiva burocrazia, ritmi di lavoro e turni sempre più pesanti, carenze di organici, richieste risarcitorie. Fattori critici che, uniti ai nuovi orizzonti aperti dalla “tecnomedicina” e alla ricorrente interazione con le macchine, tendono ad erodere il tempo clinico e a compromettere la stessa relazione medico-paziente”.