Maria Zanoni, umile e preziosa
È morta a quasi 91 anni Maria Zanoni Cavallaro, una delle colonne dell’Azione Cattolica del Violino, molto conosciuta anche in diocesi. Una testimonianza di fede, speranza, carità. I funerali si terranno lunedì 3 maggio alle 15.30 nella parrocchia di San Giuseppe lavoratore
Si chiamava Maria ma lasciava trasparire in modo naturale anche i tratti di Marta. Me lo fa notare l’amico Alberto Martinuz, che ricorda così Maria Zanoni Cavallaro. Proprio nella festa del patrono della parrocchia del Violino, in Brescia, dedicata a San Giuseppe lavoratore, è nata al cielo. Avrebbe compiuto ad agosto 91 anni. Una vita spesa per gli altri, per Gesù e la sua mamma, per la Chiesa e, molto, tanto, per l’Azione Cattolica, di cui è stata una colonna non solo nella parrocchia. Ricordo di averla incontrata per la prima volta, da ragazzo, a un Meeting dell’Acr in piazza Duomo, a fine anni ‘70. Ero colpito da quella mamma-educatrice che si portava dietro, festante, uno stuolo di ragazzini. Insieme a lei una persona che ha segnato la vita di tanti di noi, Beppe Mattei, anche lui della stessa parrocchia, leader naturale di un’Azione Cattolica diocesana che aveva raggiunto, e superato, gli 8mila tesserati. Una donna esplosiva, dall’abbraccio stritolante. Praticamente, un ciclone! Ma – e l’avrei scoperto crescendo e ritrovandola da adulto – era molto, molto di più.
Al Violino è stata la Caritas ante litteram. Ben prima che nascesse questo organismo pastorale. Quando qualcuno era in difficoltà veniva indirizzato verso casa Cavallaro: una famiglia aperta, con cinque figli ma con tanto spazio per gli ultimi. Un servizio silenzioso e operoso, che non si è mai interrotto finché ce l’ha fatta. E che l’ha portata nel 2002 a ricevere, come riconoscimento di una vita spesa sotto il segno della parola “gratis”, uno dei Premi della bontà assegnati dal Comune di Brescia e da altre realtà cittadine.
Ma, se era una donna che amava stare “dalla parte di Marta”, non ha mai tradito la scelta di Maria: donna di fede grande, di preghiera viva (con le donne del rosario), di contemplazione adorante. Alimentata, fin dall’infanzia, alla grande scuola dell’Azione Cattolica, fin dal paese natale di Brentino, nel veronese, che le aveva lasciato, insieme all’inconfondibile accento veneto, un tono amichevole e scanzonato.
Molti la ricordano ancora con il suo motorino arrivare a Palazzo San Paolo per gli incontri e per le Assemblee diocesane. E per la richiesta, che ha fatto fino alla fine, di lavorare e pregare per l’Azione Cattolica e per il suo impegno nella Chiesa.
A suo modo era una maestra, ma più che esercitare un magistero, praticava un ministero dalla sua umile cattedra di fede, speranza e carità. Virtù che ha sempre tenuto insieme, senza fatica, senza vergogna, perché le aveva nel sangue, assimilate con il latte della formazione. Se ho un ricordo chiaro di Maria lo trovo racchiuso nel salmo 130:
“Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze. Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia. Speri Israele nel Signore, ora e sempre”.
Non trovo ritratto migliore di Maria. Che, per come l’ho conosciuta, è stata una “festa continua”. Che non finirà. Lo diceva bene un amico dell’Azione Cattolica di quando eravamo giovani: “Ne è valsa la pena, anzi la gioia!”.