Le incognite della rivoluzione digitale
Al Centro Pastorale Paolo VI, l'incontro sulle implicazioni delle nuove tecnologie promosso dal Centro Studi San Benedetto. Massimo Gaggi: “Nelle varie fasi della rivoluzione industriale sono sempre nati dei nuovi settori, nuove aree produttive e posti di lavoro"
“Comprendere il rapporto fra dimensione tecnica e dimensione umana è divenuto ormai fondamentale, soprattutto guardando alle nuove generazioni. Essere aiutati a cogliere quelle che saranno le nuove prospettive nei decenni futuri ci aiuterà anche alla comprensione del significato più intimo dell’esistenza”. Ne è convinto il vescovo Tremolada che con queste parole, strettamente connesse a quanto pronunciato durante l’omelia dedicata ai Ss. Faustino e Giovita, ha introdotto l’incontro “Rivoluzione digitale e intelligenza artificiale. L’umano e l’umanoide nel futuro del lavoro” promosso dal Centro Studi San Benedetto. Dopo i saluti di Graziano Tarantini, che ha ricordato le attuali attività della realtà di Borgo Whurer, la parola è passata al presidente del Centro Studi, Marco Nicolai: “Ricordo una riflessione di Marco Magnani – 'fatti non foste a viver come robot', che fornisce una declinazione molto puntuale di tutte le recenti innovazioni tecnologiche recenti (3d, intelligenza artificiale, metodi quantistici, nanotecnologie) e di tutte da le opportunità che possono rappresentare per l’uomo e le minacce”. Non sono più i tempi in cui si rifletteva su quanto potesse essere divertente un Ibm che giocava a scacchi con Kasparov. La tecnologia non è più un gioco. Ammesso che mai lo sia stata. Oggi la società è chiamata a fare delle scelte, in ambito tecnologico, che potrebbero avere impatti incredibili per l’umanità. Potrebbero essere grandi opportunità come potenziali minacce. Anche la “Laudato si”’ di papa Francesco, che alla tecnologia dedica larga parte del suo contenuto, ha imposto un’ulteriore riflessione. Lo ha ricordato Nicolai citando un passo dell’Enciclica sulla cura della casa comune: “Tuttavia – scrive il Santo Padre – non possiamo ignorare che l’energia nucleare, la biotecnologia e l’informatica abbiano acquisito e ci offrono un tremendo potere”.
Le implicazioni delle nuove tecnologie sono state affrontate da Daniele Pucci, scienziato dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova, parte integrante del team che ha dato vita ad “iCub”, il “cucciolo” di robot umanoide. Ed è partendo dai dati che Pucci ha analizzato le prospettive: “Da qui al 2030 ci saranno oltre 800 milioni di persone al di sopra dei 65 anni. Significa che avremo bisogno di tecnologie in grado di supportare i nostri cari, monitorandone la salute. Inoltre - continua - circa 300 disastri naturali l’anno, uccidono 90mila persone. Con il cambiamento climatico il dato è destinato a crescere e noi siamo convinti che per affrontare questi problemi sia necessario fare ricorso alla robotica umanoide”. In un futuro neanche tanto prossimo saremo dotati di “robot con intelligenza cognitiva e motoria che collaborano, attraverso degli algoritmi, con gli essere umani sensorizzati sia dal punto di vista della cinematica che in termini di sforzo”. Quale principio li guiderà, a fronte dell’imprevedibilità umana? “Si pensi a un’auto a guida autonoma che si trova un pedone che attraversa improvvisamente la strada. Cosa accadrà? Andrà dritta, investendo il pedone o girerà investendo qualcun altro? Di fronte a un anziano o a un bambino quali saranno le priorità? Sono domande completamente aperte”.
Massimo Gaggi, editorialista del Corriere della Sera negli Stati Uniti, dove segue le vicende politiche ed economiche e le trasformazioni sociali del Paese, soprattutto quelle legate alla rivoluzione tecnologica e autore di “Homo premium. Come la tecnologia ci divide”, ha parlato delle conseguenze che le nuove tecnologie avranno sul mercato del lavoro. “E’ molto importante capire e interpretare quello che sta succedendo – ha sottolineato Gaggi – soprattutto a fronte delle implicazioni sociali. La guida autonoma è solo un esempio. Negli Stati Uniti si stimano 3 milioni e 500mila camionisti che perderanno il posto di lavoro. Andiamo verso una perdita massiccia in termini occupazionali. Dobbiamo reinventarci un’umanità diversa in grado di redistribuire in modo diverso le risorse?”. Non dimentichiamoci di essere ottimisti: “Nelle varie fasi della rivoluzione industriale sono sempre nati dei nuovi settori, nuove aree produttive e posti di lavoro”. Gli interrogativi, intanto, rimangono aperti.