Le forme del sacro
Le forme di mediazione tra il precario e l’assoluto, nelle diverse culture, assumono varie caratteristiche, differenti colori e modalità di rappresentazione. Con “Le forme del sacro”, il Festival Dòsti propone una performance grazie alla quale immergersi in due manifestazioni dell'ispirazione mistica: apparentemente molto lontane, è stato dato al pubblico presente nella Sala Paolo VI del Santuario delle Grazie il compito di coglierne le sottili connessioni.
Da una parte, quindi, la rappresentazione del “Gatka”, eseguito dai fedeli Sikh del Gurdwara Singh Sabha di Flero. Questa antica arte marziale indiana nasce come metodo di combattimento meditativo basato sulla ricerca di equilibrio fisico e mentale. Non è solo un’arte marziale, ma una tecnica per lo sviluppo spirituale dell’individuo.
“Il Gatka è un’arte marziale Sikh. Utilizziamo principalmente strumenti come armi, bastoni, frecce, spade e lance. Questa attività ci venne tramandata dal nostro decimo Guru, il quale insegnò questa arte per difenderci, soprattutto i più deboli – ha dichiarato Monica, di “Gatka” –. Questa sera siamo una quindicina, tra ragazzi e ragazze, ma anche bambini. Oltre agli allenamenti a Bagnolo Mella, ci spostiamo tra le province per insegnare questa arte marziale, come a Cremona e Bergamo. La nostra associazione molti ragazzi italiani interessati a imparare: per chi fosse interessato può contattarci anche sui social, Instagram e Facebook”.
A seguire la danza dei Dervisci Rotanti, una forma di meditazione fisicamente attiva che ha avuto origine tra alcune confraternite islamiche sufi e che è ancora praticata dai dervisci della confraternita mevlevi.
È una pratica di meditazione consueta eseguita all'interno del sema, o cerimonia di adorazione, attraverso la quale i dervisci mirano a raggiungere la fonte di ogni perfezione. Questo viene cercato abbandonando il proprio nafs, ego o desideri personali, ascoltando la musica, concentrandosi su Dio e ruotando il proprio corpo in maniera ripetitiva, che è stato visto come un'imitazione simbolica dei pianeti nel sistema solare in orbita attorno al sole. Ad Amal Oursana, medico, danzatrice e allieva di Malaulana Sheykh Nazim, maestro cipriota, il compito di allietare il pubblico con la danza dei Dervisci Rotanti, con musica dal vivo.
“È un piacere portare al Festival Dòsti la danza sufi, questa meditazione dinamica in cui i danzatori
ruotano attorno al proprio centro in senso antiorario, con la presenza della musica dal vivo dei musicisti
che fanno gli inni, spesso al Profeta, o il ricordo della presenza del soffio divino che anima tutto il creato terrestre – ha spiegato Amal Oursana –. Quello che il pubblico ha sentito è un canto, lo Zikr, per ricordare la verità: questa musica è fatta proprio per sostenere la danza del danzatore, che è in un momento di annullamento del tempo della dualità, della separazione (per questo si gira in senso antiorario), per entrare nella dimensione dell’unione con il divino. Questo è l’obiettivo del Semà, che significa ascolto, cioè ascolto dei cuori, perché il cuore è la sede unica che può contenere la grandezza del Divino. Nel Corano, infatti, è scritto che né il cielo né la terra possono contenerlo: solo il cuore ‘di colui che mi cerca’. Ecco, quindi, che il Derviscio è un cercatore, che ‘cerca perdendosi’”.