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Brescia
di ROMANO GUATTA CALDINI 02 mar 2017 08:31

La scelta di Dj Fabo

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Dopo il caso Englaro e Welby, la tragica vicenda di Fabiano Antoniani riaccende il dibattito sul “fine vita”. Zaninetta, direttore dell’Hospice: “Il tema della vicinanza al malato e alla famiglia è fondamentale”

“Di fronte a un simile dramma bisogna fermarsi a riflettere, per rispetto nei confronti della persona sofferente, ma è necessario sottolineare che questo caso non riguarda un malato terminale, riguarda un malato gravissimo, con dei problemi terribili ma, certamente, non un malato con una teorica breve aspettativa di vita” ha sottolineato il direttore dell’ Hospice “Domus Salutis” Giovanni Zaninetta commentando il caso di Fabiano Antoniani, noto come dj Fabo. Cieco e tetraplegico in seguito ad un incidente d’auto avvenuto tre anni fa, Antoniani è morto in Svizzera lunedì scorso dove ha posto fine alla sua esistenza sottoponendosi al “suicidio assistito”. Dopo il caso di Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro, la drammatica vicenda di Dj Fabo ha inevitabilmente riacceso il dibattito sul “fine vita”.

Malati terminali. Per Zaninetta, che quotidianamente si confronta con i malati terminali, “quello che si può fare per il ‘fine vita’ – quando le persone, nel caso di una malattia o per un’età molto avanzata, si avvicinano alla morte – è qualcosa che deve giocarsi su due versanti”. Da un lato si deve intervenire “dal punto di vista medico e infermieristico, mentre dall’altro bisogna tenere conto che si tratta di persone che stanno attraversando l’ultima fase della loro vita. Più che una malattia è un percorso esistenziale, carico di domande, di dubbi, con il desiderio di poter lasciare la vita in una maniera che noi riteniamo adeguata”. Il malato terminale “è una persona viva, con bisogni prima di tutto relazionali che tentino di dare un senso al tempo che resta loro”. Tutto questo “si può fare attraverso le cure palliative, quindi con un sistema che centri l’attenzione non più sulle malattie ma sulla persona malata: a questo proposito l’Italia ha una legge molto avanzata, non ancora realizzata nella sua interezza, ma che ha tutte le premesse per dare una buona risposta ai bisogni di questi malati”. Pensando alle parole di papa Francesco sulla “cultura dello scarto”, viene da chiedersi che società costruiamo se il malato terminale diventa un qualcosa da eliminare: “Se l’unica vita che vale la pena di essere vissuta è quella piena, riassumibile nelle formula belli, ricchi, giovani e sani, quando vengono meno alcune o tutte queste caratteristiche può prevalere l’idea dello scarto...”.

A chi chiede una legge ad hoc che regolamenti il “fine vita” cosa risponde? “Bisogna prima di tutto uscire dagli equivoci, credo che la vicenda dei giorni scorsi ci aiuti a chiarire un aspetto che è stato ambiguamente mantenuto nella discussione della legge attualmente in Parlamento. Questa si prefigge di regolamentare le ‘Dichiarazioni anticipate di trattamento’. Le notizie emerse in questi giorni evidenziano il fatto che molti, su questa legge, hanno un’altra idea: non quella che si richiama alla ‘Dichiarazione anticipata di trattamento’, ma quella di consentire l’eutanasia. Non saremmo la prima nazione che legifera sull’eutanasia, però, se lo si vuol fare, lo si dica. Il Parlamento deciderà quello che vuole, come è giusto che sia, ma non chiamino una cosa con il nome di un’altra”. L’importanza della prossimità: “Se noi isoliamo il malato, e qui rientra il discorso dello ‘scarto’, se lo releghiamo in una specie di terra di nessuno in cui le relazioni si rarefanno, in cui la famiglia stessa comincia ad avvertire la persona come un peso, è chiaro che allora possono emergere altre richieste”. Se invece “diamo a queste persone la possibilità di essere accolte nella loro sofferenza – contestualizzata non come una limitazione per chi sta bene, ma come una domanda a essere ascoltati, aiutati, accompagnati – allora anche quest’ultima fase della vita ha un senso”. Da qui “le domande di abbreviare l’esistenza perdono di significato”. Il tema della vicinanza al malato e alla sua famiglia “è fondamentale, dopo è chiaro che non tutto è facile, ma si può affrontare...”.

ROMANO GUATTA CALDINI 02 mar 2017 08:31