L’evoluzione della pastorale giovanile
Il Seminario Minore cambia: non ci sarà più una comunità totalmente residenziale, ma saranno favorite le comunità vocazionali sul territorio
Il Seminario Minore così come oggi è inteso cambia e si trasforma. Lascia la sede di via Musei nell’oratorio della parrocchia di Santa Maria in Calchera. Non ci sarà più una comunità residenziale stanziale, ma saranno favorite le comunità vocazionali sul territorio. Ci sarà una continuità educativa rappresentata dalla figura di don Mattia Cavazzoni, attuale responsabile del Seminario Minore. Coordinerà la pastorale vocazionale diocesana per i ragazzi e le ragazze (fino ai 18 anni) e opererà in stretta collaborazione con don Giovanni Milesi, direttore dell’area della Pastorale per la crescita della persona, e ancora più strettamente con don Claudio Laffranchini, attuale padre spirituale del Seminario Minore, ma anche vicedirettore dell’Ufficio per gli Oratori, i Giovani e le Vocazioni e vicedirettore dell’Ufficio per la catechesi. Il luogo in cui risiederanno diventerà un centro propulsivo di pastorale vocazionale. Si potranno riunire anche altri gruppi di ragazzi o ragazze, per un’esperienza analoga seppur non identica. Inoltre, vi troveranno adeguata collocazione tutte quelle iniziative di carattere formativo e progettuale destinate a sostenere e a sviluppare in diocesi la Pastorale giovanile vocazionale.
Eccellenza, si va nella direzione di una riscoperta, in parrocchia, della pastorale vocazionale?
Ritengo che oggi l’ambito prioritario e sintetico nel quale sviluppare un accompagnamento nella fede, e quindi una pastorale vocazionale, sia quello del vissuto ordinario, in particolare quello della propria comunità ecclesiale (parrocchia o unità pastorale). Qui trovano la loro naturale convergenza l’azione dei genitori, dei sacerdoti, dei catechisti e degli altri soggetti educanti. Il contesto è quello di una fede condivisa. Nessuno si nasconde che a volte le nostre comunità parrocchiali risultano fragili, ma ciò non toglie che esse vanno considerate l’ambiente primario di sviluppo della fede dei ragazzi/e. Non possiamo metterle da parte o non prenderle in considerazione. Dovremo piuttosto aiutarle a svolgere il loro prezioso servizio. La diocesi, con i suoi responsabili e i suoi organismi, si farà carico di questo compito in modo intelligente e con grande generosità. Confido molto in una pastorale vocazionale che privilegi l’ambito parrocchiale e inter-parrocchiale, che ponga in stretta collaborazione i diversi soggetti ecclesiali, che stabilisca un forte legame tra pastorale ordinaria e esperienze di approfondimento. Non si intende “chiudere il Seminario Minore” ma dare a questa esperienza una nuova impostazione, più integrata entro un progetto di pastorale vocazionale le cui caratteristiche ho cercato di illustrare. Credo che in questa direzione spinga anche l’oggettiva valutazione del numero dei ragazzi e del proporzionale impegno richiesto alla diocesi sia dal punto educativo che economico. Sono consapevole che questa scelta avrà conseguenze anche molto concrete sulla vita dei sette ragazzi che in questo momento compongono la comunità del Seminario Minore e sulle loro famiglie. Come concordato con loro, ci si confronterà per elaborare insieme il progetto di accompagnamento che prenderà avvio con il prossimo anno scolastico, offrendo un doveroso sostegno laddove questo risulterà necessario.
Non verranno meno le proposte di carattere residenziale?
Considero molto utile immaginare anche esperienze di carattere residenziale, grazie alle quali consentire ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze di dare al proprio cammino di fede maggiore intensità. Penso in particolare a luoghi ben identificati sul territorio diocesano in cui riunirsi per alcuni giorni sotto la guida di una équipe di educatori (presbiteri, diaconi, consacrate/i, laici), per condividere con ragazzi e ragazze di altre parrocchie momenti di particolare intensità sotto il profilo della fede e della fraternità. Credo sia opportuno immaginare momenti distinti per ragazzi e ragazze a partire dall’età della preadolescenza (senza escludere di farlo anche precedentemente). Mi preme tuttavia che una tale proposta venga letta in piena sintonia con il cammino vocazionale ordinario, cioè con quanto si cerca di fare, pur con tutti i limiti, nel contesto della propria parrocchia. Precisato questo, credo si possa dare a queste esperienze il nome di Comunità vocazionali territoriali, immaginandole diffuse nelle varie zone della diocesi. Raccomanderei tanto di non intenderle come potenziali serbatoi per il nostro seminario o per le congregazioni religiose, ma come occasioni offerte a ragazzi e ragazze per un sereno approfondimento del proprio cammino di fede, in un contesto sovraparrocchiale di amicizia e fraternità. Lo sbocco di un tale cammino è nelle mani di Dio e non nelle nostre: potrà essere quello della scelta del matrimonio cristiano ma anche della consacrazione e del ministero presbiterale. In ogni caso sarà uno sbocco felice, che darà alla vita dei ragazzi/e la forma di una carità generosa e quindi di una buona testimonianza. Quel che conta è che si scopra la bellezza del Vangelo e si sperimenti la gioia di vivere con e per il Signore.
Il Seminario minore sarà il motore di questa riforma?
Il mio desiderio è che l’attuale comunità del Seminario Minore, composta da sette ragazzi, diventi la comunità trainante di questa esperienza e quindi assuma sostanzialmente la forma delle altre Comunità vocazionali territoriali, sia cioè una comunità non totalmente ma parzialmente residenziale, e abbia sede in un luogo che diventi punto di riferimento per l’intera pastorale vocazionale della diocesi. I ragazzi che ne fanno parte continueranno ad essere accompagnati dagli attuali educatori, don Mattia Cavazzoni e don Claudio Laffranchini e gli altri componenti dell’équipe educativa, in una forma che tuttavia non sarà più quella della residenza costante, ma della residenza temporanea, da definire in modo molto accurato. Sono consapevole che questa scelta avrà conseguenze anche molto concrete sulla vita dei sette ragazzi che in questo momento compongono la comunità del Seminario Minore e sulle loro famiglie. Ci si confronterà per elaborare insieme il progetto di accompagnamento che prenderà avvio con il prossimo anno scolastico, offrendo un doveroso sostegno laddove questo risulterà necessario.
L’esperienza del Seminario minore, quindi, si trasforma?
Ciò che mi sta molto a cuore è che si faccia tesoro dell’esperienza educativa che il Seminario Minore ci consegna, senza estinguersi ma trasformandosi. Essa rappresenta una ricchezza per la nostra diocesi, frutto del generoso e appassionato impegno di molti sacerdoti e di altre figure educative che per molti anni hanno accompagnato generazioni di giovani nel loro cammino di discernimento vocazionale. A loro va la nostra sincera e profonda riconoscenza. Io stesso, che ho vissuto l’esperienza del Seminario Minore, conservo vivo il ricordo di tante persone buone e sagge, che si sono fatte tramite per me della benevolenza del Signore e hanno contribuito a fare in modo che trovasse compimento in me la sua volontà. Nuove figure educative raccoglieranno questo testimone. Si tratta di proseguire un cammino che ricalibra non la sua direzione, cioè le sue finalità ultime, ma la sua forma, cioè le sue modalità operative.