L'Europa e le sue radici cristiane
Venerdì 27 ottobre nell'aula magna dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia si è svolto il primo appuntamento degli "Incontri d'autunno" organizzato dalla Fondazione San Benedetto. Ospite della serata, mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione
Il futuro dell'Europa è già segnato? No, ma a patto che ne vengano riscoperte le radici cristiane attraverso l'avvento di un neoumanesimo che sappia fornire un'identità unitaria ai popoli che la compongono. “Ciò che si prospetta per il futuro dell'Europa, se non sarà nel solco della continuità di questi 2000 anni di storia, sarà il fallimento” ha esordito mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, ospite nell'aula magna dell'Università Cattolica di Brescia, nel corso del primo appuntamento, dal titolo “L'Europa e la sua memoria”, del ciclo “Incontri d'autunno” organizzato dalla Fondazione San Benedetto.
“L'Europa è un tema di cui si discuterà molto, soprattutto in vista delle prossime elezioni. Personalmente sono un europeista convinto ma esserlo non basta, ci sono problemi di fondo da affrontare e ai quali guardare con una prospettiva di lungo periodo” ha sottolineato Graziano Tarantini, presidente della realtà di Borgo Wührer. Prima di passare la parola all'Arcivescovo e dopo i saluti del prorettore Mario Taccolini, il presidente della Fondazione ha evidenziato la necessità di “un'Europa forte”, sopratutto se “in gioco c'è il futuro delle giovani generazioni”. Bisogna affrontare i problemi contingenti - è la sua convinzione - ma senza considerare “il passato come un fardello”.
“La storia – ha infatti continuato mons. Fisichella – non vive di discontinuità ma di continuità. E' questa che consente di creare progresso mediante uno sviluppo che dinamicamente si snoda, senza appotare alcuna alterazione all'interno di quel dinamismo che dobbiamo perseguire”. Sulla base dell'esperienza storica, il futuro dell'Europa, quindi, “dovrà essere determinato necessariamente dal suo passato”. Da questo fondamento non si può transigere perché “in assenza della Tradizione non si può creare nessuno sviluppo storico”. Citando Sant'Agostino, l'Arcivescovo ha ricordato come, parlando della memoria e del tempo, sussista “un presente del passato, un presente del presente e un presente del futuro”. Solo nella misura in cui si riesca a comprendere questo concetto “il futuro dell'Europa potrà essere valido mantenendo vivo nel proprio presente ciò che è la memoria del proprio passato”. Non si tratta di ripetere pedissequamente quanto fatto nei seoli scorsi, “sarebbe inutile, saremmo noiosi”. L'appello dell'Arcivescovo è rivolto a quanti siano disposti e capaci a farsi “interpreti dello spirito del proprio tempo così da poterne dare uno sviluppo complessivo e programmatico”. Solo così, secondo mons. Fisichella, potrà essere possibile la trasmissione del patrimonio culturale, politico e scientifico: “Non ci sono tante alternative”.
Il beato Paolo VI diceva che “il mondo soffre della mancanza di pensiero”. La citazione del Pontefice bresciano, ripresa anche da Benedetto XVI, ha riecheggiato nell'aula magna delle Cattolica grazie al ricordo di mons. Fisichella. La società odierna è andata oltre, teorizzando il cosiddetto pensiero debole: “A questo punto, come si può pensare che esista una progettualità forte che punti verso il futuro, creando condizioni differenti da quelle che noi conosciamo? Se il pensiero è debole – ha continuato l'Arcivescovo – tutto ciò he progettiamo è debole, ne subiscono le conseguenze la politica, l'economia, la finanza e la stessa fede”. L'obiettivo da porsi oggi è “l'unità dei popoli europei che, pur nella diversità delle proprie tradizioni, hanno comunque una matrice comune: il cristianesimo". "Quell'unità valoriale, sintesi del pensiero greco e romano riletto alla luce della Sacra Scrittura, nell'ultimo secolo si è fortemente ossidata”. Alla base di tutto c'è “la corrosione provocata dai fenomeni culturali e legislativi che hanno minato il tessuto sociale”. Oggi l'Europa vive, ad esempio, “il primato dei diritti individuali a cui non è corrisposta una coesione sociale”.
Anche il "primato della tecnologia" porterà un ulteriore sconvolgimento della società, del vivere quotidiano dell'uomo. In Svezia, ha ricordato l'Arcivescovo, molte persone hanno un microchip sottocutano nella mano attraverso il quale ottengono gran parte dei servizi a disposizione: “Quale sarà in futuro la qualità della vita? Quale sarà il concetto stesso dell'uomo? Ciò che si sta modificando è la dimesione antropologica, la condizione della vita umana”. Quello svedese è solo un esempio, la tecnologia sta mutando la società, basti pensare all'influenza delle innovazioni del mondo digitale e di come queste influenzino la vita di ognuno di noi. Per contrastare questa tendenza mons. Fisichella auspica l'avvento di “un neoumanesimo che metta al centro l'uomo, senza che dal suo orizzonte venga escluso Dio, come invece avviene nel mondo contemporaneo”. In una società nella quale “nemmeno l'assenza di Dio viene concepita come tale” quale sarà il futuro dell'uomo? Mons. Fisichella invita gli europei a non essere neutrali di fronte ai cambiamenti in atto, a “non vergognarsi di ciò che è stata l'Europa, delle radici che la sostengono, dell'identità cristiana che ancora la plasma”. Per fare questo bisogna però “trovare un sistema valoriale di riferimento capace di mettere l'uomo al centro, come anche la famiglia, un tessuto primario nella composizione della società, e la vita umana, dall'inizio sino alla sua fine”. Se non verrà recuperata tale dimenione, è il monito dell'Arcivescovo, sarà inevitabile che “le espressioni più individualiste” prendano il sopravvento. Al contempo, nell'odierno panorama politico, "mancano figure trainanti, personalità capaci di emergere al tal punto da creare sintesi di pensiero incisive". Da qui l'auspicio che "il Cristianesimo, e quindi i credenti, siano capaci di assumersi la responsabilità necessaria a orientare questo processo".