L’Europa e il mondo hanno bisogno di pace
Il 46° viaggio apostolico di Papa Francesco è stato un pellegrinaggio all’insegna dell’urgenza della pace. Dal Lussemburgo, “Paese dalle porte aperte”, una delle tre sedi ufficiali dell’Unione europea, Papa Francesco parla ad un intero continente sfigurato dalla guerra e immemore della sua storia. Per raggiungere la pace e sanare questa “pericolosissima sclerosi” – l’appello alle autorità – servono “oneste trattative” e “onorevoli compromessi, che nulla pregiudicano e che invece possono costruire per tutti sicurezza e pace”, evitando “inutili stragi” che hanno costi umani altissimi, perché “la guerra è sempre una sconfitta”.
“Siamo vicini a una quasi guerra mondiale”,
il grido d’allarme nella messa allo stadio di Bruxelles, davanti a 35mila persone, insieme all’invito al cessate il fuoco in Libano.
Altro tema trasversale, quello degli abusi del clero sui minori, che soprattutto in Belgio hanno provocato ferite ancora lontane dall’essere sanate. E Francesco, come ha già fatto più volte durante i suoi viaggi internazionali, decide di incontrarne 17 di loro per ascoltare per oltre due ore il loro “lamento che tocca il cielo”. È uno dei fuori programma del viaggio, come la colazione con i senzatetto nella parrocchia di Saint-Gilles e il prologo della messa allo stadio di Bruxelles, quando la sera prima è andato a salutare 6mila giovani che lo acclamavano nel Palazzetto adiacente.
“Gli abusi generano atroci sofferenze e ferite, minando anche il cammino della fede. E c’è bisogno di tanta misericordia, per non rimanere col cuore di pietra dinanzi alla sofferenza delle vittime”.Incontrando il clero belga nel basilica del Sacro Cuore di Koekelberg, il nuovo accenno agli abusi, dopo l’incontro in nunziatura. ”Grazie per il grande lavoro che fate per trasformare la rabbia e il dolore in aiuto, vicinanza e compassione”, l’omaggio alla chiesa locale. Nell’appuntamento conclusivo del viaggio apostolico in Lussemburgo e Belgio, durante il quale ha beatificato Anna di Gesù, Bergoglio dallo stadio di Bruxelles mette ancora una volta in guardia dagli scandali provocati dagli abusi, come aveva fatto dall’inizio del viaggio:
“Nella Chiesa non c’è posto per l’abuso. Chiedo a tutti di non coprire gli abusi. Chiedo ai vescovi di non coprire gli abusi, di condannare gli abusi: che si sappia e che sia giudicato l’accusatore, sia laico, laica, prete o vescovo. Le persone abusate sono un lamento che tocca il cielo: la loro voce non venga coperta nell’indifferenza”.
L’accoglienza dei migranti e la responsabilità verso il creato sono altri due temi cari a Bergoglio fin dall’inizio del pontificato. In Lussemburgo, il Papa vede un “modello” di accoglienza per migranti e rifugiati per l’intero continente, in Belgio ne apprezza la declinazione che l’Università di Lovanio fornisce portando avanti e aggiornando una tradizione che vanta ormai 600 anni di vita. “Lo sviluppo, per essere autentico e integrale, non deve saccheggiare e degradare la nostra casa comune e non deve lasciare ai margini popoli o gruppi sociali”, il monito in Lussemburgo incontrando le autorità. Anche nella cattedrale di Notre Dame, l’invito alla comunità cattolica è a rimanere fedele alla secolare tradizione di accoglienza, “continuando a fare del vostro Paese una casa amica per chiunque bussi alla vostra porta chiedendo aiuto e ospitalità”.
Dialogando con gli studenti, che gli indirizzano una lettera, nella sede francofona dell’Università di Lovanio, la più antica università cattolica del continente, Francesco sintetizza il “programma ecologico” della Chiesa:
“Noi siamo nel mondo per custodire la sua bellezza e coltivarla per il bene di tutti, soprattutto dei posteri, il prossimo nel futuro”. “Ma nessun piano di sviluppo – aggiunge – potrà riuscire se restano arroganza, violenza, rivalità nelle nostre coscienze, anche nella nostra società. Finché il mercato resta al primo posto, la nostra casa comune subirà ingiustizia. L’opzione da fare è tra manipolare la natura e coltivare la natura”. “Allargare i confini e diventare uno spazio aperto per l’uomo e per la società”, la consegna per l’ateneo, insieme ad un duplice no: alla “stanchezza dello spirito” e ad un “razionalismo senz’anima, in cui oggi rischiamo di cadere nuovamente, condizionati dalla cultura tecnocratica”.
In Belgio, sintesi di quell’Europa che più volte ha definito “nonna”, il Papa lancia un appello a fare più figli, risuonato fin dal primo discorso in Lussemburgo,
uno dei Paesi con il Pil più alto al mondo: perché “la ricchezza è una responsabilità”. Al termine della messa nello stadio di Bruxelles, davanti a 35mila persone, Francesco annuncia a sorpresa la sua volontà di dare nuovo impulso alla causa di beatificazione del Re Baldovino, iniziata nel 1995, sulla cui tomba si era fermato in preghiera insieme con i reali attuali, Filippo e Matilde.