L’appello dell’Avis ai donatori
Diminuisce la sensibilità. Le donazioni in Valle Camonica sono state seimila a fronte di quasi tremila iscritti
Perché la disponibilità alla donazione del sangue sta gradualmente facendo retromarcia nell’universo giovanile della Valcamonica? Come essere in grado di intercettare ed indirizzare in questo senso gli slanci di gratuità e solidarietà sociale che vengono da quell’universo? Queste domande sono l’intima preoccupazione della gran parte dei componenti dei numerosi gruppi camuni dell’Avis.
Lo si è capito recentemente in più occasioni, quando sono stati presentati, come di consueto, i dati statistici relativi all’annata appena archiviata. Marcello Ravani, coordinatore delle sette sezioni intercomunali Avis di Valcamonica, ammette: “L’Avis, specie tra i giovani sembra avere perso appeal. I ragazzi non vogliono donare sangue. Stiamo pensando persino a una campagna sui social. Lo snodo è far comprendere alle nuove generazioni l’importanza dell’Avis nella rete di assistenza di emergenza e urgenza. Donare il sangue è l’atto di solidarietà più alto”. Gli fa eco il neo presidente della sezione intercomunale di Breno Giuseppe Gasparini: “Spesso i giovani non pensano che hanno nel proprio corpo un farmaco chiamato sangue che può contribuire gratuitamente a salvare una vita”. Dunque, il problema del turn-over è molto sentito. Tuttavia vi sono anche altri segnali che vengono guardati con particolare attenzione. Ad esempio, sembra che capiti sempre più spesso che donatori prenotati non si presentino all’appuntamento: soltanto per i gruppi che ruotano su Breno lo scorso anno in 290 hanno marcato visita senza far sapere nulla al centro trasfusionale. Le conseguenze organizzative sono facilmente immaginabili.
La frequenza. Un altro dato decisamente migliorabile pare essere la frequenza stessa delle donazioni; in genere la media è di circa due donazioni pro capite all’anno. Solo alcuni gruppi si avvicinano alla media di due donazioni e mezzo, che costituirebbe, a sentire i responsabili, il minimo traguardo auspicabile. Così nel 2017 in tutta la Valcamonica, che pure resta uno dei comprensori bresciani più generosi, le donazioni sono state solo seimila, a fronte di quasi tremila iscritti, nel quadro di un calo generale di volontari.